Cisterna ha ricordato il sacrificio dei 755 rangers e la distruzione della città.

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“Al pellegrino che domanderà della nostra vita, non dite: “Per pietà!”. Non parlate dei vostri figli raminghi e dispersi che attendono ancora per darvi il bacio del ritorno, non dite: “Qui fu Cisterna” ma forte gridate: “Qui risorgerà Cisterna!“-. Questa fu l’invocazione del francescano, Padre Eugenio Caldarazzo da Montefusco, dinanzi alla distruzione della città di Cisterna di Latina per i pesanti bombardamenti subiti  dagli alleati sconfitti nello scontro con le truppe tedesche poste a difesa della linea Gustav.

Gli americani lasciarono sui campi di Cisterna ben 755 uomini sui 767 Rangers del I° e II° Battaglione, comandati dal Colonnello William Darby che il 29 gennaio 1944 si erano lanciati all’attacco della 715ª Divisione Corazzata “Hermann Goering”. Si trattava degli stessi uomini che baldanzosamente erano sbarcati ad Anzio per andare alla conquista di Roma nella convinzione di fare una passeggiata, così come era accaduto in Sicilia. Ma così non fu, non ci fu la rapida conquista della capitale e si trovarono inghiottiti nelle ex paludi dell’Agro Pontino proprio lì, a Cisterna, la città capofila della bonifica.

Oggi quegli uomini riposano nel cimitero americano di Nettuno al fianco delle altre tombe dei loro alleati inglesi e francesi. Ma lo scotto maggiore di quei tragici scontri lo pagò la gente dell’Agro e soprattutto la città di Cisterna che fu sottoposta a pesanti bombardamenti con la popolazione che, in preda al panico, trovò rifugio nelle grotte sotterranee di Palazzo Caetani o nella cripta dell’ex convento di Sant’Antonio Abate, o nelle cantine o nelle campagne. Poi arrivò l’ordine di sgombero dell’abitato da parte dei tedeschi e iniziò il cosiddetto “esodo cisternese”.

Al rientro non trovarono più le loro case, ma solo un cumulo di rovine: Cisterna era rasa al suolo, con quasi il 96% degli edifici distrutti. “Qui fu Cisterna… Qui risorgerà Cisterna!”, ma con quale prezzo e al costo di quali sacrifici. Ma i cisternesi riuscirono a risorgere e a realizzare la ricostruzione, grazie alla volontà del suo popolo laborioso e fiducioso verso un futuro migliore.

Il sindaco, Valentino Mantini, nel 79° anniversario della battaglia di Isolabella, ricorda il sacrifcio dei Rangers, fondato dal generale William Orlando Darby. La nostra città, ha detto il sindaco, divenne, dopo lo sbarco di Anzio e Nettuno, uno snodo viario strategico per la liberazione della capitale e divenne protagonista, suo malgrado, di una delle pagine più cruente e dolorose della storia italiana e statunitense. La popolazione si nascose nelle grotte per 56 giorni, fino al 19 marzo del 44, quando fu liberata e le truppe americane poterono finalmente raggiungere Roma.  A quei tanti giovani americani che lasciarono le proprie case e le famiglie per liberare il nostro popolo e morire qui è dedicato il gemellaggio con la città di Fort Smith, a cui rivolgiamo la nostra gratitudine. Le colonne di Isolabella, che conservano i fori dei proiettili della battaglia, sono ormai un monumento e una testimonianza  del loro estremo sacrificio, ma devono anche essere lezione dell’assurdità di ogni guerra, una lezione che, a distanza di 79 anni, l’umanità non ha ancora imparato.


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