LIVORNO – Era quel maledetto 14 aprile di dieci anni fa.
Gli amaranto allenati da mister Armando Madonna sono di scena all’Adriatico per affrontare il Pescara dei futuri campioni Verratti, Immobile e Insigne. Il Livorno parte bene, affronta la sfida con coraggio e dopo pochi minuti è già avanti grazie alle reti di Dionisi prima e Belingheri poi.
Attorno alla mezz’ora il buio, niente sarà più come prima.
Il Pescara, determinato a raddrizzare la gara, sta attaccando a testa bassa mentre il Livorno, in maniera organizzata, sta ripiegando all’indietro per difendere il doppio vantaggio. Non troppo lontano dalla palla e dall’azione un giovane centrocampista con il 25 sulle spalle, Piermario Morosini, improvvisamente si ferma, cade, cerca di rialzarsi. I compagni di squadra sono i primi ad accorgersi che ha dei problemi e fanno di tutto per fermare il gioco e permettere l’ingresso dei soccorsi. Il dramma è sotto gli occhi di tutti ma nessuno ci vuole pensare. Piermario viene soccorso in campo con il defibrillatore mentre i compagni piangono, urlano, si disperano. Con qualche minuto di ritardo arriva un’ambulanza, Morosini viene trasportato in ospedale.
La partita è ufficialmente sospesa.
Dall’ospedale le prime indiscrezioni parlano di condizioni gravissime, arresto cardiaco, coma farmacologico e pacemaker temporaneo. Alle 17 la conferma, Piermario Morosini è morto. Con addosso la maglia amaranto.
Nato a Bergamo nel 1986 Piermario aveva avuto una vita difficile, a 15 anni aveva perso la madre Camilla e due anni dopo, nel 2003, il padre Aldo. L’anno successivo si era suicidato il fratello disabile, proprio quando Piermario, grazie al calcio, riusciva a realizzarsi debuttando di lì a poco in Serie A con la maglia dell’Udinese. Aveva un sogno, ed era riuscito a realizzarlo.
Sapeva quanto sarebbero stati felici i suoi genitori e solo così Piermario trovava la forza per andare avanti. Poi a un certo punto si è fatto nuovamente tutto buio. A Pescara il cuore di Morosini ha smesso di battere ma la sua storia, il suo sorriso e il suo numero 25 saranno per sempre patrimonio di Livorno.
Era quel maledetto 14 aprile di dieci anni fa quando Piermario si arrese alla vita e volò in cielo per tornare a sorridere insieme alla sua famiglia.
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