Giorgio Zorzi detto Giorgione (Castelfranco Veneto 1477 – Venezia 1510) fu un pittore italiano rinascimentale.
Rare sono, purtroppo, le testimonianze sulla vita e sulle opere dell’artista che tuttavia ebbe grandissima fama presso i contemporanei e per tutto il ‘500 e il ‘600.
Documentati ab antiquo sono soltanto i dipinti descritti da M. Michiel per le case di patrizi veneti: I tre filosofi, La venere dormiente, La tempesta, Il ritratto di giovane donna e il Ritratto d’uomo del Mus. Di San Diego in California, recanti iscrizioni cinquecentesche con il nome di Giorgione, cui venne anche riferita da C. Ridolfi la pala con la Madonna, Il bambino e i Santi Liberale e Francesco del Duomo di Castelfranco.
Giorgione fu forse allievo di Giovanni Bellini, studiò le opere di Antonello da Messina, di maestri nordici come H. Bosch e A. Durer e probabilmente ebbe modo di conoscere Leonardo durante il soggiorno del maestro in laguna nel 1500, ma la sua formazione non si svolse certamente seguendo l’usuale tirocinio delle botteghe.
In contatto con i circoli umanistici veneziani e con i filosofi dello studio padovano, ebbe vasti interessi culturali e il suo amore per la musica e la poesia è ricordato dal Vasari e da altre fonti cinquecentesche. In particolare risentì l’influenza del pensiero neoplatonico nell’interpretazione offertane in ambito veneto da P. Brembo.
Con La tempesta, datata verso il 1502-1503, trova piena affermazione la “maniera nuova”: quella riforma tecnica già chiaramente descritta dal Vasari come “Il dipingere solo con i colori stessi senz’altro studio di disegnare in carta”.
Motivo centrale dell’arte di Giorgione, al di là dei particolari temi iconografici dei singoli dipinti, diventa la relazione profonda e vitale tra uomo e natura, il perpetuo e misterioso rinnovarsi della natura nell’atto di rivelarsi alla contemplazione umana, come soprattutto si nota nei Tre filosofi, probabile rappresentazione dei Magi in atto di interpretare il cielo durante il loro viaggio verso Betlemme.
Gli ultimi anni di attività, dopo il compimento degli affreschi del Fondaco dei Tedeschi (1508), dove accanto al maestro è già presente il giovane Tiziano pongono alcuni dei più gravi problemi attributivi.
in particolare se la partecipazione di Tiziano all’esecuzione della Venere dormiente è attestata dallo stesso Michiel, l’ipotesi della collaborazione è stata avanzata anche per gli altri dipinti, tra i quali il Concerto a Firenze.
L’opera di Giorgione, definita da Berenson “limpido specchio del rinascimento alla sua altezza suprema”, nel giro di pochi anni determinò una svolta decisiva nel corso della pittura veneta, divenendo punto di riferimento per un’intera generazione di artisti, tra i quali Tiziano, Sebastiano del Piombo e Palma il Vecchio, e contribuendo al rinnovarsi dell’arte di Giovanni Bellini nell’ultima fervida stagione creativa dell’anziano maestro.

Guglielmo Guidi
(Ricercatore e storico d’arte)


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