Il canto leopardiano che osanna “Amore e Morte” in netto contrasto con la guerra in Ucraina

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È bene, in questo periodo buio e nefasto per l’Ucraina e per altre parti del mondo dilaniate dalla guerra ma anche, se in misura non cruenta, per il resto dell’Europa, ricordare a tutti coloro che li hanno studiati, o farli conoscere a chi li ignora, i primi nove versi del canto “XXVII – Amore e morte” di Giacomo Leopardi: «Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte/ ingenerò la sorte./ Cose quaggiú sí belle/ altre il mondo non ha, non han le stelle./ Nasce dall’uno il bene,/ nasce il piacer maggiore/ che per lo mar dell’essere si trova;/ l’altra ogni gran dolore/ ogni gran male annulla», che concernono in modo adeguato e mirabile la corrispondenza con la Morte dello svolgere consueto della vita, frutto dell’Amore, sentimento questo che nella mitologia greca è identificato con il dio Eros. Platone, infatti, nel Convivio scrive che «Amore è un dio antico […] indizio inequivocabile della sua figura fluida e armoniosa è la bellezza che per consenso universale Amore possiede al di sopra di ogni altra qualità (e appunto tra Amore e bruttezza è guerra continua) […] e quanto a coraggio, neppure Ares (ndr: il dio della guerra) resiste ad Amore […] che ci vuota di ogni ostilità e ci colma di ogni fratellanza».

Amore è un sentimento che è stato sempre osannato e elogiato nel corso dei secoli e da quando è stata inventata la scrittura ne abbiamo le prove. Lo stesso Dante Alighieri termina il Paradiso della Divina Commedia con un verso magnifico che  ne dà il significato universale:« Amore che move il sole e l’altre stelle». Di scrittori del secolo scorso, ne cito solo alcuni tra tanti che hanno scritto  Amore, come Sibilla Aleramo in Una donna: «Per quella nobile creatura la vita era amore; e se l’amore è tutto nella vita, io non conoscevo ancora la vita»;  Dino Buzzati in Un amore: «la incredibile potenza dell’amore, capace di riannodare, con infinita sagacia e pazienza, attraverso vertiginose catene di apparenti casi, due sottilissimi fili che si erano persi nella confusione della vita, da un  capo all’altro del mondo»; Erich Fromm nel saggio Avere o essere?: « … amare è un’attività produttiva, che implica l’occuparsi dell’altro, conoscere ….. Significa portare alla vita, significa aumentare la vitalità dell’altro, persona o oggetto che sia. È dunque un processo di auto rinnovamento, di auto incremento». Paulo Coelho in L’alchimista: «Quando si ama, le cose acquistano un significato più profondo. Ti amo perché tutto l’universo ha cospirato affinché io giungessi fino a te». Francesco Alberoni in L’altruismo e la morale: «L’eros greco è un’aspirazione, un desiderio, una brama. Si desidera solo quello che non si possiede, quello che manca. L’eros conduce verso Dio. L’eros è un mediatore tra umano e divino».

Amore, dunque, è avulso dagli orrori e dai disastri materiali e umanitari che, invece, la guerra produce, perché essa, purtroppo, rompe in modo violento e imperioso il naturale equilibrio tra Amore e Morte, magnificamente osannato da Leopardi e che la Natura vivente, per la sua stessa esistenza sulla Terra, ha generato e genera. In guerra, infatti, sulla “pulsione della vita” creata da Eros, prende il sopravvento la “pulsione della morte” generata da Thanatos, il dio greco della Morte. Nel saggio “Al di là del principio di piacere”(1920), lo psicanalista Sigmund Freud, riferendosi al pensiero del filosofo Empedocle di Agrigento (V secolo a.C.), ne dedusse il perenne contrasto (pólemos) tra Amore e l’Odio, ovvero i due dèi che nella mitologia greca equivalgono a Eros ed a Thanatos, che rispettivamente generano mescolanza e separazione
delle quattro radici: aria, acqua, terra e fuoco. La mescolanza di queste determina la nascita delle cose, la separazione ne genera la distruzione, la morte che sta alla base di una nuova rinascita. In definitiva, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Eros nasce dall’istinto di sopravvivenza e di piacere e genera la vita, Thánatos deriva dall’impulso di morte e distrugge ciò che la vita genera. Freud nel citato saggio, infatti, scrive che «sembrerebbe proprio che il principio di piacere si ponga al servizio delle pulsioni di morte», che Amore soggiaccia alla Morte. Le pulsioni di morte sono necessarie secondo gli atomisti greci nel processo creativo della Natura, e, secondo il pensiero di Eraclito, assertore della dottrina dei contrari, le pulsioni di vita e le pulsioni di morte sono indispensabili per la continua metamorfosi naturale.

Quel che ha un pensiero consolatorio riguardo alla morte, tra tutti,  è stato Epicuro che nella Lettera a Meneceo riporta che: «quando siamo in vita per noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più in vita», tant’è che, dopo circa ventitre secoli, il filosofo Ludwig Wittgenstein ha scritto che «la morte non è evento della vita. La morte non si vive». E questo è vero, ma è pur vero che la morte e la distruzione prodotte dalla guerra sono vissute dagli altri. Esse generano, infatti, disorientamento, sconquasso psicologico, turbamento, paura, panico, dolore e quant’altro in chi rimane in vita. E questo non è né giusto né umano né eticamente corretto. La guerra in Ucraina è bruttezza che fa distaccare l’essere umano da Amore, perché ne affievolisce o ne annulla la potenza, e quindi lo allontana dal divino.

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).