Intervista ad Adolfo Gente

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Intervista ad Adolfo Gente

Non conoscere la storia antica significa rinunciare a una bussola fondamentale per il presente.                                                Eva Cantarella

Adolfo Gente è nato a Norma e vive ormai da molti anni a Cisterna di Latina. Ha conseguito il Diploma di Abilitazione magistrale, Diploma in Fisiopatologia dello sviluppo fisico e psichico, Diploma in Vigilanza scolastica, Laurea in Pedagogia, Laurea in Sociologia e altri titoli di perfezionamento (Agazzi, Montessori).                                                                              È stato Dirigente scolastico per circa trent’anni e ha svolto e ricoperto importanti incarichi nell’ambito della formazione e aggiornamento degli insegnanti  e degli operatori culturali. Attualmente collabora, in qualità di Cultore della materia e Professore a contratto e Docente nei master di I e II livello con l’Università di RomaTre.                                                     Figura di spicco nel panorama culturale del territorio pontino ha sempre manifestato interessi collegati al mondo della scuola, della politica, del sindacato, della ricerca pedagogica e didattica (in particolare nel settore della disabilità). Giornalista pubblicista, iscritto all’albo dal 1970 – Ordine Interregionale del Lazio e Molise.  Si è molto prodigato nel corso degli anni nell’associazionismo, soprattutto nei gruppi socio- culturali legati al territorio pontino.

Come studioso attento del territorio pontino, quali motivazioni ti hanno spinto a portare avanti le tue numerose ricerche sulla nostra “terra” e a raccontarne la storia e le tradizioni delle varie comunità presenti?                   L’interesse, l’amore per la Storia e una vera e propria passione per la ricerca storica in genere e per quella locale in particolare, troppo sbrigativamente, superficialmente ed erroneamente liquidata come storia minore, mentre la sua conoscenza nasce dalla ricerca, dalla scoperta e\o dalla riscoperta delle radici culturali e valoriali di ognuno di noi, radici essenziali per la costruzione e la definizione di una identità certa e sicura, alimentata da un humus prezioso, indispensabile per affrontare e sostenere il confronto con ogni cultura e con tanti valori, soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo dominato da un globalismo crescente e, di conseguenza, da una omologazione e da un appiattimento delle diversità considerate e vissute come un ostacolo, non già come una preziosa opportunità, un arricchimento per la crescita di tutti e di ciascuno; siffatti interessi e passioni sono il portato del fascino esercitato su di me e della curiosità suscitata dalla grandiosa e misteriosa origine e costruzione delle “mura ciclopiche” dell’antica Norba, progenitrice dell’attuale Norma, dove sono nato, da sempre meravigliosamente conservate, studiate e ammirate, anche se, purtroppo, meno visitate, in quanto non adeguatamente pubblicizzate e valorizzate di quelle delle città greche di Micene, Orcomeno, Sparta, Tirinto ecc., a cui non hanno nulla da invidiare.                                                                                     Da quanto fin qui detto, con qualche altra irresistibile suggestione di cui parlerò fra poco, scaturisce il mio triplice impegno di studioso della storia e di cultore della storiografia; di animatore di attività e di iniziative finalizzate alla ricerca storica, fornendo agli interessati il necessario equipaggiamento teorico e pratico; e di tempestivo divulgatore delle scoperte effettuate, o presunte tali, senza la preoccupazione, purtroppo di parecchi di tenerle nascoste per timore che qualcuno possa scippargliele.        

         Oltre alla passione per la ricerca storica, hai sempre unito e coltivato il tuo interesse per il giornalismo. In che modo si è concretizzata questa passione?                    L’impegno per la storia, la ricerca storica e per la conoscenza più in generale si è interfacciato con una mia altra grande passione che coltivo e pratico da giovanissimo: il giornalismo. Non è certo per caso che, dopo anni di tirocinio, dal 31 luglio 1970 sono iscritto all’Albo dei Giornalisti-elenco Pubblicisti del Lazio e che soltanto per quanto riguarda la ricerca storica e la cultura locale, a oggi, penso di aver pubblicato non meno di trecento articoli su varie e qualificate riviste, fra cui “Giovani”, “Economia Pontina”, “Lazio Ieri e Oggi”, “Nuova Informazione”.                                          Sin dalla prima fase della mia vita, quella adolescenziale, ho sempre osservato con attenzione, misurato, fotografato e catalogato quanto presumevo di aver scoperto o ritenevo significativo nel caso di ricerca bibliografica e archivistica. Soltanto in un secondo momento, riordinati materiali e idee, redigevo documentati articoli, che inviavo ai due quotidiani romani “Il Tempo” e “Il Messaggero”, che, in quegli anni, dedicavano varie pagine alle notizie della nostra Provincia.                                                                                                             I miei contributi passavano o no su insindacabile valutazione della Redazione Province, la quale stabiliva altresì se gli stessi dovevano venire pubblicati con la mia sola firma per esteso, come fossi un normale corrispondente, o preceduti dall’indicazione Dallo studente A. G. riceviamo e ben volentieri pubblichiamo. Visto il consenso raccolto da questi e da altri articoli, usciti anche su periodici locali, decisi di spiccare il salto con qualche pubblicazione di respiro nazionale, cogliendo l’opportunità offerta dalla rivista quindicinale “Giovani”, edita a Torino dalla allora prestigiosa  Casa Editrice S.E.I.                  

Nel 1958, prima ancora che compissi i 17 anni di età, detto periodico mi riservò una duplice soddisfazione: ospitò alcuni miei scritti che volevano essere di natura letteraria e selezionò due miei articoli (uno sulla Leggenda di Ninfa, il secondo sulla Madonna del Rifugio) per un suo originale “Concorso giornalistico”, che non prevedeva una classifica, ma “premiava” gli articoli ritenuti meritevoli con la pubblicazione sulla Rivista stessa e con un compenso in denaro di tutto rispetto per l’epoca e stante la minore età dei… premiati. A ricordo del nostro incontro fra i resti archeologici di Norba e per sollecitarne osservazioni e suggerimenti, inviai copia di questi ultimi articoli al Prof. Giorgio Levi Della Vida (1886 – 1967), un gentile e garbato signore, che si era affabilmente intrattenuto a parlare con noi (uno dei pochissimi!) e che, lasciandoci il suo biglietto da visita, ci aveva invitato a contattarlo senza alcuna preoccupazione.

Grazie a questa tua attività di giornalista attento alle “bellezze/risorse” del nostro territorio, puoi indicare gli incontri  più importanti con “personaggi”  (come il prof. Giorgio Levi Della Vida e altri) che hai avuto modo di conoscere?                                                                       Allora, di Levi conoscevo – ma unicamente per fama! – il pittore e scrittore Carlo, autore del discusso libro Cristo si è fermato a Eboli. Nella mia ingenuità ritenevo che il cognome Levi Della Vida indicasse un ramo inferiore (una sorta di “sottomarca”) di un maggiore e blasonato Casato. Mai più avrei immaginato di aver dialogato e di aver mantenuto per un po’ di tempo una interessante e istruttiva corrispondenza con uno dei maggiori studiosi di islamismo di fama internazionale, la cui modestia e umiltà incommensurabili erano pari solo alla sua conoscenza, alla sua cultura, alla sua grande umanità.                                      Giorgio Levi Della Vida, inoltre, è stato uno degli undici docenti universitari ebrei cacciati dalla Università, in quanto si erano rifiutati di giurare fedeltà al fascismo in applicazione delle leggi razziste del 1938. Autorevole Accademico dei Lincei, nel 1959, gli è stato assegnato il premio Viareggio per la Saggistica con il volume Aneddoti e svaghi arabi e non arabi. “Scoperto” Levi Della Vida, ho ritrovato e conosciuto la vergogna, rallentando, fino a interromperla,  la corrispondenza che avevo con lui. lui.                                                                                                              Ho avuto a Norba l’ultimo, significativo incontro, che mi ha profondamente segnato, qualche anno dopo, lo stesso della mia definitiva emigrazione da Norma, dove, per dare un chiaro parametro di riferimento, non ho, più dormito una sola notte pur avendo abitazioni di proprietà.

         Era il 1967 e, in un convegno di studi sull’archeologia dell’Agro Pontino e del Lazio Meridionale, venne prevista una escursione a Norba da me guidata. Arrivati con i mezzi di trasporto sin dove lo consentiva la strada carrabile, il gruppo sciamò in fretta verso Norba seguendo un accidentato e scosceso percorso. Affaticato, si appoggiò a un bastone senza procedere oltre, un anziano e imponente signore, dalla ricca e arruffata capigliatura grigia, il quale, come è naturalmente comprensibile e come avrebbe detto il Poeta, onusto di anni e di gloria, sostò immobile per ammirare entusiasta e commosso fino alle lacrime lo spettacolo offerto dalla stupenda Porta Maggiore e dalle  imponenti «mura ciclopiche» della cinta muraria di Norba.

         Dalla tasca slabbrata di una comoda giacca estrasse un fazzolettone bianco, molto simile a quello che il cantante Luciano Pavarotti ci ha poi reso quasi familiare, con cui si asciugo gli occhi bagnati di commozione. Per la storia, si trattava del famoso Ingegnere e Architetto Vincenzo Fasolo (1885 – 1969), accompagnato dai figli Furio e Orseolo, come lui stimati docenti presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma.

Per quanto riguarda la ricerca sulla cultura e storia locale puoi in maniera sintetica delineare le più importanti tappe del tuo itinerario?                                                          Riepilogo sinteticamente e cronologicamente, alcune di quelle che ritengo le più significative tappe del mio percorso in tema di ricerca sulla cultura e sulla storia locale:

1967 Con un articolo dedicato – guarda caso! – allo Stemma del Comune di Norma, pubblicato sul fascicolo di gennaio del mensile nato da poco Lazio Ieri e Oggi, è cominciata la mia sistematica collaborazione ad alcune riviste che si interessano alle problematiche del territorio in cui sono nato, vivo e opero.

1977 Un piccolo editore della zona, Di Mambro, il quale, in vero, ha collaborato sin troppo nella realizzazione dell’opera, conoscendo il mio interesse per la cultura e la storia locale, mi ha commissionato un libro a uso prevalentemente scolastico edito con il titolo Provincia Pontina (pp. 350, con n. 33 disegni originali, numerosissime foto e molti grafici in b/n nel testo). Tale lavoro doveva ospitare altrettante, brevi ma esaustive monografie su ciascuno dei trentatré Comuni della attuale provincia di Latina. Con il consenso riluttante, quasi estorto, del ricordato Editore, il quale avrebbe voluto che mi fossi sobbarcato da solo l’impegno e l’immane fatica di realizzare il richiesto lavoro, sono riuscito a potermi avvalere dell’apporto originale di persone operanti nei singoli comuni, di cui conoscevano tutto o quasi, e, per l’intera opera, della collaborazione, sollecitata per ragioni che nulla avevano a che fare con la storia, rivelatasi, poi, una scelta felice, dell’amico Ferruccio Millozza.                                                 Impostato il lavoro e individuate le informazioni chiave per ogni monografia, mi sono riservato la possibilità di “aggiustare” e arricchire i contributi offerti e di omogenizzare, giornalisticamente parlando, il lavoro. Il risultato è stato un’opera originale e organica, che qualcuno ha simpaticamente definita figlia di una cooperativa (Rodolfo Carelli) ed a cui è stato assegnato un “Premio della Cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

1986-1987 L’amico e collega Luigi Zaccheo, ricercatore e studioso attento dell’archeologia e della storia del territorio lepino e del Lazio meridionale in specie, in un suo articolo mi ha ribattezzato novello Giovanni Battista, per sottolineare ed enfatizzare un mio personale e originale record: a partire da questo anno scolastico e fino a non molto tempo fa, ho proposto e sono riuscito a ottenere, a volte fra polemiche ingenerose e ostruzionismi falsi e pretestuosi, l’intitolazione di oltre dieci plessi e istituzioni scolastiche ad altrettanti personaggi e personalità, talvolta ritenuti di secondaria importanza, che hanno lasciato tracce positive, indelebili e meritevoli di memoria nelle località in cui le scuole a loro chiamate vivono e operano e gli insegnanti, volendo, hanno l’opportunità di proporli come modelli da seguire, contestualizzandone l’opera, ai giovani allievi.                          Per la precisione, sono dodici le intitolazioni da me volute nei Comuni di Cisterna di Latina, Cori, Rocca Massima e Sermoneta. È ancora a me riconducibile – e ne ho avuto pubblico e ufficiale riconoscimento – anche l’intitolazione – prima in Italia e nella sua Lombardia – di una Scuola dell’Infanzia al noto e apprezzato pedagogista cattolico Cesare Scurati, della cui stima e amicizia sono stato onorato. Anche in questo modo, si studia e conosce la storia locale e si conoscono persone delle quali, diversamente, si dimenticherebbero persino i nomi.

1987 Dopo alcuni anni di stasi in siffatte attività, durante i quali ho sostenuto e vinto il pubblico concorso a Direttore Didattico, ho preso servizio nella nuova qualifica e ho ricoperto importanti incarichi a livello nazionale nel Sindacato Scuola della CISL, il cui assolvimento mi ha assorbito in modo totalizzante; rallentati tali ritmi sono tornato alle mie amate ricerche storiche, che sono per me quasi uno strumento di “salute mentale”.                              Ho, quindi, dato alle stampe due libri. Uno, Norma, formato da una raccolta, sistemata e ragionata, di un bel gruppo di miei articoli, preceduta da un ampio saggio utile per contestualizzarli; il secondo, Cisterna e la Posta, è un volumetto, con cui, da appassionato filatelista, avvalendomi di francobolli emessi e di annulli speciali utilizzati dalle Poste Italiane in occasione di particolari eventi, ripercorro alcuni momenti della storia di una Comunità, che non mi ha accolto e che io non riesco a sentire mia nonostante vi abiti dal mese di dicembre del 1967. Non mi sento di Cisterna, non sono più di Norma e, nella mia condizione di quasi apolide, amo definirmi cittadino europeo di nazionalità italiana, radicato nella cultura del meridione d’Italia e cresciuto e formato  in quella ciociaro-pontina.

2000 Verso la fine del secolo scorso, con una serie di atti normativi, alle Istituzioni Scolastiche Statali è stata concessa l’autonomia pedagogico-didattica e organizzativa, oltre il miglioramento e l’ampliamento di quella preesistente amministrativo-contabile-gestionale. Nella fase di prima applicazione il Ministero dell’Istruzione ha deciso di finanziare alcuni progetti pilota. In linea con quanto praticato da sempre come persona e come Dirigente Scolastico chiesi e ottenni un finanziamento per istituire, nella Scuola da me diretta, il Centro di ricerca e di documentazione sulla memoria del territorio di Cisterna. Purtroppo non so che fine abbiano fatto, dopo il mio pensionamento, il “Centro” e quanto da esso prodotto o in esso custodito!

2002 L’Editore Rubettino di Cosenza ha ospitato, in una delle sue collane, il volume L’insegnamento della storia nel curricolo di base, in cui vengono raccolti e pubblicati i materiali utilizzati e/o prodotti in un corso di aggiornamento per docenti promosso e organizzato sullo stesso tema dall’I.R.R.S.A.E. della Calabria. In detto libro compare il mio saggio teorico-pratico Storia, storiografia e libri di testo, successivamente ripreso in altre pubblicazioni e adottato all’Università. Si tratta della rielaborazione, documentata, della relazione da me tenuta nel citato corso.

2019  La mia ricerca, Norma, la Madonna del Rifugio e la canonizzazione del Beato Antonio Baldinucci è stata puntualmente definita un libro nel libro (Luigi Zaccheo), in quanto occupa larga parte di un volume collettaneo dedicato al missionario gesuita. Scritta fortunosamente, in assenza di precise e coerenti indicazioni, è divenuto un lavoro accettabile grazie a ripetuti rimaneggiamenti e ora è il nucleo di una mia opera, a cui sto lavorando e che assumerà una caratura diversa a seguito degli arricchimenti, delle integrazioni e della documentazione che sto seguitando a cercare e a trovare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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