“Io sono uno che scrive”. Così definiva se stesso Edmondo Berselli. Molto più che un giornalista, Berselli è stato per decenni uno degli intellettuali più luminosi di questo nostro Paese.
Dalle colonne di “Repubblica” qualsiasi argomento affrontasse, dal calcio alla politica passando per la musica, Berselli aveva il dono di catturare l’attenzione del lettore divertendolo anche quando sarebbe stato opportuno versare lacrime amare.
Del suo mestiere scriveva: “Ho mai fatto markette? Tutto quello che faccio è una marketta, scherziamo? Il giornalismo non è affatto un mestiere nobile. E’ azzardo, intelligenza, cinismo, amore per i particolari, spregiudicatezza, raccontare in due parole le centinaia di pagine che non si sono capite. Quelli invece che arricciano il naso e fanno gli snob sono gente fortunata, che può consentirsi gli atteggiamenti di superiorità”.
Questo era Edmondo Berselli. Un intellettuale che detestava l’ipocrisia, i “venerati maestri”, il politicamente corretto dei “sinistrati” lui che veniva dall’Emilia rossa e profonda e che, certamente, nella sinistra s’era formato.
Realista e disincantato sapeva offrire al lettore una opinione colta ed ironica allo stesso tempo. Ha capito meglio di altri l’influenza della pubblicità su una politica ridotta a format. Il “Mulino Bianco” elevato ad autobiografia di una nazione.
L’avvento del berlusconismo come prodotto dell’antipolitica, la sinistra italiana prigioniera di un mondo che stentava a comprendere, il comico prestato alla politica che sognava di mandare tutti affanculo.
Sapeva ridere del dramma, Edmondo Berselli. Osare l’inosabile soprattutto per lui, intellettuale “progressista”: sbertucciare Benigni che divinamente legge la Commedia del Poeta o le cagate pazzesche di un Baricco tanto amato dalle professoresse democratiche.
Ogni mattina, mentre leggo la rassegna stampa e mi imbatto in notizie dell’altro mondo, mi capita di pensare: “Chissà cosa avrebbe scritto Berselli!”.
Avrei amaramente sorriso di un suo pezzo su Conte, Salvini, Di Maio, Palamara senza tralasciare i Ferragnez, Gemma di Uomini e Donne o l’ultima edizione del Festival di San Remo.
Perché leggere Berselli voleva dire salire su una montagna russa d’alti e bassi che lui affrontava con la stessa gioia con la quale amava la Vita nella sua totalità.
Una Vita che per lui è stata amara e dolce come fosse uscita da un suo articolo.
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