La Plasticità del Parmigianino

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LATINA – Francesco Mazzola detto il Parmigianino (Parma, 1503 – Casalmaggiore, Cremona, 1540) fu un pittore italiano. Allevato dagli zii Pier Ilario, Filippo e Michele Mazzola, pittori di provincia, si formò a diretto contatto con il Correggio, che allora operava ai grandi cicli di affreschi parmensi.
Giovanissimo attese alla decorazione di due cappelle in San Giovanni evangelista, e, intorno al 1523, a quella del Boudoir di Paola Gonzaga nella Rocca dei San Vitali a Fontanellato: quest’opera narra in una freschissima cornice di cielo e di pergole la drammatica favola di Atteone.
Il Parmigianino riesce ad affermare la sua personalità fatta di tenerezza e di eleganza attraverso la conoscenza delle opera di M. Anselmi, attivo a Parma. Nel 1524 andò a Roma dove conobbe l’opera di Michelangelo e Raffaello. Egli riuscì a tradurre in modo originale i moduli stilistici rinascimentali e si sa che prese direttamente parte alle discussioni che avevano luogo in casa di Paolo Valdambrini, segretario di Clemente VII e dove erano presenti anche il Rosso Fiorentino, Perino del Varga e Giulio Romano.
Fra le opere di questo periodo ricordiamo “La Visione di San Girolamo” (Londra, National Gallery), “Le Nozze Mistiche di Santa Caterina” (Londra, National Gallery) e il “Ritratto di Lorenzo Cybo” (Copenhaghen, Statens Museum for Kunst).
Scampato al sacco di Roma (1527), il Parmigianino risalì a Bologna dove lasciò alcune pale (Madonna col bambino, I santi Margherita, Benedetto, Girolamo e un angelo) e continuò a dipingere composizioni di piccole dimensioni, fra cui la celebre “Madonna della Rosa” (Dresda).
Andò poi a Parma, dove negli ultimi anni della sua vita fu assillato dalle richieste dei fabbricieri della Chiesa della Steccata che lo sollecitavano a terminare gli affreschi della chiesa.
Imprigionato per debiti, riuscì a fuggire a Casalmaggiore dove morì solo e disperato a soli 37 anni.
Il Parmigianino, malgrado il numero ristretto delle opere incarna l’ideale più sensualmente involuto del Manierismo internazionale. Nella sua pittura egli vi ha trasferito i contenuti di un mondo espressivo di altrettanta passionale eleganza.
Di questa dote, verso la fine del ‘500 artisti come i Carracci avvieranno il corso della pittura verso la sensibilità del barocco. Attraverso i suoi allievi, Niccolò dell’Abate e il Primaticcio, operanti a Fontainebleau, il Parmigianino influenzò profondamente la pittura francese. Le sue opere più significative nella direzione del raggiungimento di un’eleganza formale supremamente aristocratica, quasi astratta nei suoi irrealistici allungamenti, sono “La conversione di San Paolo”, “Le vergini folli e le vergini sagge” affrescate sulla volta della Madonna della Steccata e “La Madonna dal collo lungo”.
Il Parmigianino fu anche ritrattista: dal giovanile “Autoritratto allo specchio” (Vienna) alla “Schiava Turca” (Parma) alla “Antea” (Napoli) è riuscito a restituire con struggente precisione lo splendore e la malinconia della giovinezza.

Guglielmo Guidi
Ricercatore e storico d’arte.


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