L’angolo delle curiosità: Dante Alighieri

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Versi e personaggi famosi della Divina Commedia

Nella Commedia è possibile rintracciare i fili della diagnosi che Dante fa  delle condizioni della società del suo tempo.  (Natalino Sapegno)

  Ed ecco verso noi venir per nave /un vecchio, bianco per antico pelo/ gridando : “Guai a voi anime prave … Questi versi (82-84) del canto III dell’Inferno descrivono la grandiosa e terribile apparizione di Caronte il traghettatore delle anime. È  il primo dei personaggi della mitologia classica pagana che Dante trasferisce a una funzione demoniaca, deformandoli nell’aspetto esteriore e nelle caratteristiche morali.

 Siete voi qui ser Brunetto’/E quelli: “O figluol mio, non ti dispiaccia/se Brunetto Latino un poco teco/ritorna ‘n dietro e lascia andar la traccia” . (vv.30-33, Canto V dell’Inferno). Brunetto Latino, il suo maestro nato e morto a Firenze (1220-1294), è l’unica figura familiare con cui Dante nella prima cantica parla, ma è anche l’unico dannato cui dà del voi e non del tu e che chiama per reverenza “ser”, signore.

Io avea già il mio viso nel suo fitto;/ed el s’ergea col petto e con la fronte/ com’avesse l’inferno a gran dispitto… Con questi versi (34-36- Canto X dell’Inferno) Dante presenta Farinata degli Uberti, un nemico dei suoi antenati che comandava i ghibellini fiorentini nella battaglia di Montaperti, dove i guelfi furono sconfitti e massacrati. Dante rende omaggio a Farinata perché fu lui a salvare Firenze, la sua amata città, dagli altri capi ghibellini che volevano radere al suolo.

Uomini fummo, e or siamo fatti sterpi./ ben dovrbb’esser la tua man più pia,/se state fossimo anime di serpi. (vv. 37-39, Canto XIII dell’Inferno). Nella selva dei suicidi Dante incontra il consigliere di Federico II, colui che teneva le chiavi del cuore dell’imperatore: Pier delle Vigne accusato ingiustamente di tradimento. Fu accecato e chiuso in carcere dove si suicidò. Dante si rispecchia in questo personaggio forse perché durante l’esilio ebbe la tentazione, respingendola, di togliersi la vita.

La bocca sollevò dal fiero pasto/quel peccator, forbendola a’ capelli/del capo ch’elli avea di retro guasto» (vv.1-3, Canto XXXIII  dell’Inferno) Queste parole con cui il canto si apre condensano in un sol gesto di raccapricciante ferocia tutto l’orrore della rappresentazione. Questi versi per la loro celebrità sono diventati patrimonio di tutti noi, penetrando profondamente nel cuore di ognuno. In fondo all’Inferno Dante incontra il conte Ugolino che rode il cranio dell’arcivescovo Ruggeri, Signore di Pisa. Il conte, rinchiuso in una torre con due figli e due nipoti, vide cadere uno dopo l’atro i suoi familiari

Ahi serva Italia di dolore ostello,/nave senza nocchiere in gran tempesta,  non donna di province.ma bordello!  (vv. 76-78, Canto VI del Purgatorio). Con questa invettiva Dante dimostra di essere indignato con gli italiani perché in quel periodo storico in cui visse erano troppo divisi tra loro: Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri.

Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altri, e com’è duro calle/ lo scendere e il salir per l’altrui scale. Questi versi (58-60) appartengono al canto XVII del Paradiso ì, il terzo del trittico dedicato al trisavolo Cacciaguida.  Con essi Inizia la spiegazione della profezia sull’esilio del poeta, che dovrà lasciare Firenze per colpa della Curia papale romana.

 

 

 


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