L’intervento del Prefetto Falco nella Giornata della Memoria

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Scorrevo velocemente il filo rosso del messaggio che  abbiamo condiviso nelle due ultime edizioni del 27  gennaio, qui a Latina.

E, nel ripercorrere il senso di preoccupazione che  emergeva, soprattutto l’anno scorso, allorché, finita la  fase acuta della pandemia, si addensavano le ombre di  un conflitto incredibile alle nostre porte, ci ritroviamo  attoniti e con lo stupore negli occhi per un anno di  assurde atrocità.

Atrocità di una guerra che sembra riportare  all’indietro le lancette della storia, riproponendo una  divisione tra occidente e resto del mondo, tra  democrazie e sistemi autoritari.

Il tema continua ad essere la memoria ed il ricordo degli errori compiuti da chi non riconosce la cultura del  confronto e l’autodeterminazione dei popoli, che

 

intende portare ad estreme conseguenze la  competizione socio-economica dentro gli angusti  confini della violenza.

E continuano gli errori….e gli orrori….

Quasi se ne avesse bisogno, ad ogni tornante della  storia, quando il motore universale del cambiamento  impone scelte rivoluzionarie che non si riescono a  comporre all’interno della sana competizione tra i  popoli.

Si riscrivono allora pagine di alleanze internazionali  poiché non tutte le nazioni sono pronte a tenere il  passo delle richieste della nuova frontiera dello  sviluppo economico.

E si rischia di lasciare al palo i valori della convivenza  civile con popoli con i quali sino a qualche anno fa

eravamo riusciti a costruire posizioni amichevoli e  collaborative.

I governi di alcuni di questi popoli, infatti, non  intendono perdere leadership internazionale e rendite  di posizione provenienti innanzitutto da una  disponibilità di risorse economiche naturali (a rischio  obsolescenza).

E si muovono per ribaltare lo schema di un percorso  comune, per un progresso condiviso, che ha  necessariamente al centro la dignità dell’uomo e la  democrazia.

La naturale tendenza dell’uomo a reclamare maggiori  e crescenti spazi di dignità per sé, e la necessità di  preservare la sicurezza vitale di quel meraviglioso  condominio che è il nostro pianeta, in ogni suo

quadrante, porterà nuove frizioni tra Stati ed  organizzazioni di Stati a livello globale.

Ma ciò non va subìto come un destino ineluttabile.

Anzi, è già sul tappeto l’impegno che avranno le nuove  generazioni per rinforzare le difese della nostra  democrazia.

Capirete quanto diventa problematico esercitare il  dovere etico e didattico della memoria di crimini  passati, come l’olocausto oggi che, nel continuo  transito generazionale, i protagonisti di quei giorni di  sacrificio per la Patria cominciano ad essere sempre di  meno.

Abbiamo sempre meno testimoni diretti di quelle  pagine nere di guerre fratricide che il cosiddetto  secolo breve, il 900, ha lasciato sulle strade un tempo  insanguinate delle nostre Comunità.

Una di queste è con noi oggi a Latina presso l’Istituto  Vittorio Veneto: la centenaria Edith Fischoff,  testimonianza ancora vivente di quel periodo che vide  spegnersi i lumi della ragione nella banalità di un male  così assurdo che abbiamo deciso di non dimenticare  per il bene dei nostri figli.

Ed a un’altra donna, Hannah Goslar, sodale di Anna  Frank, come simbolo dell’amicizia nella sofferenza,  deceduta l’anno scorso a 93 anni, abbiamo voluto  dedicare in maniera non formale l’edizione di  quest’anno.

Alla sua vita di testimone di quei tempi bui si  riferiranno i ragazzi qui con noi per raccontare  “l’amicizia ai tempi dell’olocausto”, con parole e  musica, che ci emozioneranno oggi, con qualche  preoccupazione in più.

Scriveva Primo Levi: “L’olocausto è una pagina del libro  dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il  segnalibro della Memoria”.

Seppur costellata da continue contraddizioni, e  capovolgimenti delle sorti tra vittime e carnefici, tra  colpevoli ed innocenti, tutta l’esperienza umana non  smette di comunicare che la base della convivenza tra  i popoli è il rifiuto della sopraffazione come strumento  di potere.

Attrezziamoci quindi a riempire – attraverso il rilancio  di relazioni oggi deteriorate gravemente – i fossati di  odio che la guerra sta scavando, perché sarà davvero  arduo ricomporre un quadro di collaborazioni che  dovremmo spendere per un futuro più roseo per i  nostri figli.


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