Speravo che Piero Molducci ce la facesse a superare il brutto male che lo aveva colpito. Lo conoscevo bene anche se di volley non capivo nulla, è stato lui a farmi scoprire una disciplina affascinante. Arrivò a Latina nel settembre del 2001 per allenare la Icom al primo anno nella massima serie. Gli allenamenti si svolgevano alla palestra Einaudi con poche lampade, le partite nel PalaCesaroni di Genzano. Molducci era molto amato dai suoi giocatori, non poteva essere diversamente quando incontri un romagnolo che più romagnolo non si può. Le nostre chiaccherate erano fatte di ricordi e risate con in testa quel posto magico di Cervia che lui amava svisceratamente. L’amicizia tra noi nacque quando seppi che il suocero – il mitico Barbieri – era quel simpaticone che mi aveva venduto un appartamento nel lontano 1978. Ci accordammo all’hotel Rosenblatt – nel centralissimo viale dei Mille – ora diventato una location di gran pregio. Con Piero potevi parlare di tutto, sapeva di motori – auto e moto – musica, buona cucina, gli piaceva il divertimento. Il coach del volley era cordiale e creativo, non so se avesse nel sangue Sangiovese o Pagadebit, i vini preferiti dai cervesi. I romagnoli, un po’ anarchici e un po’ lunatici, sono gente di gran classe. A Cervia – grazie alle saline e alle terme – se la passano bene, hanno ideato persino un festival mondiale dedicato agli aquiloni. Piero era un assiduo frequentatore del Bagno Fantini dove è nato il beach volley italiano, anche lui giocava per divertimento sulla sabbia dorata. Lo vedevi cimentarsi ogni giorno in un gioco di carte chiamato marafone, simile al tressette, non perdeva un appuntamento con i suoi amici del cuore. In Spagna aveva trovato una seconda patria, l’ultimo impegno con il volley è stato ad Ibiza, posto gaudente ed epicureo. Proprio come lui.
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