LATINA – La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per oltre mezzo secolo di carcere a carico degli imputati del processo “Alba Pontina”, i quali hanno scelto il rito abbreviato. I giudici hanno condannato a 12 anni e mezzo di reclusione Gianluca Di Silvio, a 11 anni, 10 mesi e 10 giorni il fratello Samuele e a 10 anni e 8 mesi il fratello Ferdinando detto “Pupetto“, figli di Armando Lallà.
Per Gianfranco Mastracci confermata la condanna a 3 anni e 4 mesi, mentre 4 anni e 20 giorni per Daniele Sicignano detto “Canarino“, 2 anni e 2 mesi per Valentina Travali, 2 anni e 4 mesi per Mohamed Jandoubi e Hacene Hassan Ounissi e un anno e 4 mesi per Daniele Coppi. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da alcuni degli imputati, rendendo così definitive le pene emesse dalla Corte di Appello di Roma.
«L’associazione di cui hanno fatto parte i Di Silvio – hanno scritto nella sentenza i giudici della Corte d’Appello – deve definirsi mafiosa in quanto sono sussistenti tutti i requisiti ritenuti dalla giurisprudenza di legittimità essenziali».
Per quanto riguarda gli altri esponenti del clan finiti nell’inchiesta che hanno scelto il rito ordinario, sono stati condannati in otto dal Tribunale di Latina lo scorso luglio. Si tratta del capo famiglia Armando Lallà Di Silvio (24 anni e due mesi di reclusione), la moglie Sabina De Rosa (15 anni e tre mesi), Francesca De Rosa (3 anni e tre mesi), Genoveffa Di Silvio (5 anni e quattro mesi), Angela Di Silvio (6 anni e quattro mesi), Giulia Di Silvio (2 anni e sette mesi), Tiziano Cesari (3 anni e sette mesi) e Federico Arcieri (4 anni). In attesa che il principale troncone del processo arrivi in Appello, non c’è dubbio che il castello accusatorio del processo Alba Pontina abbia retto.
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