Riflessioni sul libro: Racconti pandemici

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Racconti pandemici.                                                            Ricordi Testimonianze Riflessioni per le generazioni future.

La raccolta curata da Antonio Polselli e sostenuta dall’associazione Civicart racchiude nel sottotitolo l’obiettivo che ne ha mosso la pubblicazione: l’urgenza di fissare e tramandare alle generazioni future la pagina di Storia che ancora scorre nelle vite delle donne e degli uomini dell’intero Pianeta da due anni a questa parte.

Polselli ha colto l’epocalità della diffusione della pandemia da Covid 19, e la sensibilità pedagogica che ne segna la personalità umana e professionale lo ha spinto a  proiettarsi verso il futuro.

La pubblicazione, infatti, reca in sé una dichiarata preoccupazione educativa che è quella della coltivazione attiva della memoria. Il risultato, ben riuscito, è una architettura articolata e complessa, corale, che dà spazio alle voci di  trentasei narrazioni ad opera di altrettanti autori pontini, di formazione diversa. Ne emerge una sorta di casa comune dentro la quale ciascuno apre la propria, particolare, finestra sulla pandemia; in quella stessa casa, però, sotto lo stesso tetto, tutti insieme, hanno sperimentato la globalizzazione del dolore. Come mai era avvenuto negli ultimi decenni.

Il filo narrativo di Racconti pandemici è dato dalla posa di mattoni di ricordi, esperienze, riflessioni. In un pantone di sentimenti, emozioni, pensieri. L’edificazione della costruzione ha carattere di urgenza, va iniziata quando gli eventi sono ancora in corso, perché la Storia che si sta svolgendo è talmente carica da non poter aspettare.

L’opera curata da Polselli sembra voler contenere in sé quante più espressioni possibili, per testimoniare l’enormità del fenomeno e la sua diamantina dicibilità: sono tante le sfaccettature, i punti prospettici, i timbri da convocare per descrivere ciò che passa in questo nostro tempo.

I trentasei  racconti  pandemici sono   introdotti da  un  denso e interessante saggio sociologico intitolato La pandemia e il mutamento sociale attraverso il quale Vittorio Cotesta contestualizza e analizza il fenomeno pandemico; l’intermezzo poetico dà spazio a nove voci che traducono in versi la Storia; la postfazione di Rino Caputo che guarda e legge l’opera nel suo complesso. Infine, le appendici che raccolgono e fissano il lessico dell’emergenza, gli slogans, le metafore, quel nuovo linguaggio coniato per poter dire ciò che il vocabolario abituale non avrebbe consentito di esprimere.

Racconti pandemici porta in sé, a mio parere, una significatività epocale che oserei definire latente o indiretta: la varietà e la ricchezza dei materiali che compongono il volume sembrano quasi denunciare la difficoltà di contenimento all’interno dello strumento “libro”.

Questa   notazione   non   intende   assolutamente   elevare   il    De profundis al  libro,  né tantomeno aprire un dibattito che, a parere di chi scrive, rimanda ad altre sedi. Resta, però, un fatto che ben emerge dall’opera di Polselli il quale, coerentemente con l’intelligente intuizione della polisemia della pandemia, ne accentua la polifonia corredando le scritture con un apparato iconografico.

Oltre a dare spazio alle opere originali e tematiche realizzate dagli artisti Alberto Serarcangeli e Marcello Trabucco, l’ideatore della pubblicazione inserisce fotografie di alcune delle immagini che tutti abbiamo negli occhi: la preghiera in solitudine di papa Francesco, la lunga teoria di mezzi militari che hanno trasportato le bare a Bergamo, le ambulanze che attraversano ossessivamente le città. Queste   ultime   possiedono   una   forza   evocativa   ed   emotiva   che   risiede   nel   loro paradossale, lentissimo, dinamismo: sono filmati e in quanto tali non stanno in un libro.

E anche in questo, forse, è possibile intravedere, da parte di Polselli, una consegna indiretta alle nuove generazioni e cioè l’inevitabile sincretismo, si passi l’immagine, tra Gutenberg e Zuckerberg: la pandemia ha accentuato l’accelerazione dei processi di digitalizzazione, ha prodotto mutamenti nei meccanismi di informazione, ha rivoluzionato la sfera emotiva. Ha perturbato, freudianamente, come afferma la filosofa contemporanea Daniela Angelucci nella citazione riportata in calce ad uno dei racconti pandemici: «Si perturba ciò che tiene insieme familiare e straniero, lo strano all’interno del familiare, alcuni tratti di questo concetto, di questa atmosfera accompagnano la nostra esperienza del virus, sottolineandone la natura inquietante»

Racconti pandemici va letto nei singoli contributi, tutti significativi; ma deve essere anche guardato nella sua ratio complessiva: lo sguardo dall’alto è già, esso stesso, analisi del fenomeno pandemico.

Maria Forte

 

 


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