LATINA- A margine delle notizie riportate dalla stampa circa presunte mancanze di questa Amministrazione nella salvaguardia dei diritti derivanti dalla normativa sul ristoro delle servitù spettanti alle città nuclearizzate in Italia, preme fornire una diversa lettura della vicenda basata su fatti e non su interpretazioni fuorvianti.

A luglio 2016, a meno di un mese dall’insediamento dell’Amministrazione Coletta, si concluse il giudizio di 1 grado intentato da diversi comuni italiani, alcuni anche della nostra provincia, relativamente alla modalità di calcolo del ristoro nucleare, a seguito dell’interpretazione di una disposizione di legge che, interpretando restrittivamente la normativa, di fatto, riduceva in misura significativa l’entità dell’importo dovuto ai Comuni.

A quel giudizio, avviato nel 2007, le amministrazioni politiche e commissariale non intesero partecipare e, pertanto, la pronuncia di I grado del luglio 2016 non ci vide, nostro malgrado, parte in causa.

La sentenza, favorevole, rappresentò comunque l’occasione per valutare la situazione e attivarsi, inviando la messa in mora sospensiva dei termini (decennali) di prescrizione delle maggiori somme dovute dal 2007 in poi.

La stessa sentenza di I grado, venne impugnata dalla parte soccombente (la Presidenza del Consiglio dei Ministri) e oggi la pronuncia della Corte d’Appello del 4 giugno scorso ha definito il giudizio, confermando quanto disposto in primo grado.

Riteniamo che, opportunamente, il Comune abbia atteso la pronuncia in secondo grado premurandosi, attraverso l’interruzione dei termini, di non pregiudicare il diritto oggi riconosciuto alle controparti costituite ma, comunque, per analogia e salva l’eventuale revisione della Suprema Corte, presupposto perché anche Latina possa legittimamente agire per il proprio diritto.


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