E se il motivo vero del rifiuto di candidarsi fosse che Roma  è ingestibile e non c’è uno straccio di visione riformatrice istituzionale per far fronte alla sua missione come capitale, come centro della cristianità ed ora nella nuova Europa più solidale come la capitale più prossima a quell’Africa da cui dipende il nostro stesso futuro? Di tutto questo niente, solo, anche se necessario, lo sforzo di rammendare pezzi di nomenclatura per realizzare un campo largo ma privo di visione, di voglia di futuro. Ma torniamo a Roma e raccontiamo del tradimento perpetrato nei suoi confronti ed a cascata sulla regione, in primis su Latina secondo capoluogo della regione. Non è stata Roma ad essere al centro delle attenzioni e delle promesse quando laboriosamente si giunse ad inscrivere nella Costituzione nello Stato delle autonomie ( comuni, province e regioni) le città metropolitane perché anche le nostre maggiori fossero competitive a livello europeo e mondiale? Roma ha un’area tra le più ampie d’Europa in grado di provvedere alla grande ai suoi molteplici ruoli, specie poi se inglobasse sul serio l’intera provincia col fine primario di evitare di crescere a macchia d’olio. Ci si preoccupò allora di come selezionare i suoi amministratori per assolvere ai loro più alti compiti e fu condivisa la linea che, mentre Roma città metropolitana inglobava il resto della provincia, la sua legge elettorale recepisse la concezione uninominale dei collegi provinciali. Due i pregi maggiori di questa assimilazione alla legge provinciale: una sola circoscrizione per Roma e Provincia con tanti collegi uninominali quanti sono quelli da assegnare, un’articolazione che consente di offrire agli elettori le personalità ritenute più affidabili secondo il motto:” vinca il migliore ”cancellando” il pericolo maggiore di un unico calderone intorno ai 4.000.000 di abitanti ed il conseguente ricorso ai grossi costosi apparati o peggio direttamente al connubio tra potere politico ed economico, legale e non, com’è puntualmente accaduto. Se solo pensiamo che nel crogiolo di 4 milioni di abitanti concorrono dal basso candidati che hanno alle spalle solo la dimensione circoscrizionale intorno ai 400 mila abitanti si capisce quanto profonda è la distorsione che si produce rispetto ad un corretto ravvicinato personale rapporto tra eletti ed elettori. Con i collegi tra l’altro non ci sarebbero più i cittadini di serie A, quelli della vecchia Roma e quelli di serie B della provincia, una sorta di elemosinieri in attesa delle briciole che cadono dal banchetto romano. Ristabilire un corretto ravvicinato rapporto tra eletti ed elettori é’ il fondamento di un rinnovamento istituzionale che punti sul merito ed una fiducia conquistata sul campo. Questo passaggio ravvicinato tra l’esperienza nei municipi e l’assemblea capitolina consente di programmare l’adeguamento in competenze e risorse dei municipi in un arco decennale facendo scattare quel principio di sussidiarietà, non solo previsto in Costituzione ma richiesto di più oggi con urgenza per affrontare la pandemia, che sollecita una rete territoriale che non ingolfi gli ospedali e relativi reparti di terapia intensiva con tutte le conseguenze negative che comportano. Se gli eletti od aspiranti tali non si premurano in primo luogo delle istituzioni che andranno a guidare non bisogna stupirsi del rigetto popolare! Questo vuoto di visione per Roma si riflette sull’intera regione ed in particolare su Latina e provincia. Sì, se Roma non decolla mentre potrebbe e dovrebbe far da volano per tutta la regione, a mali estremi rimedi estremi. Per Roma diventare Regione, come sostenuto a suo tempo dall’attuale sottosegretario all’ambiente Morassut, ma sopprimendo quel dissennato codicillo che assegna il Lazio-sud alla Campania. A tutti, specie agli immemori, basterà ricordare che grazie all’ultimo censimento, avendo il Lazio meridionale superato il milione di abitanti, può promuovere un referendum e decidere del suo destino.

(Rodolfo Carelli)


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