Aperta la mostra su Raffaello alle scuderie del Quirinale : il Sublime

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Raffaello Sanzio, nato a Urbino nel 1483 e morto a Roma nel 1520, fu un pittore e architetto italiano. Figlio del pittore Giovanni Santi, ricevette la prima educazione artistica nella bottega paterna, la cui attività proseguì, nel corso dell’ultimo decennio del secolo, anche dopo la morte di Giovanni (1494).
Nel dicembre del 1500 Raffaello risultava “maestro”, attivo da qualche tempo a Città di Castello, dove assunse, insieme, con il più anziano Evangelista da Pian di Meleto, l’incarico di dipingere la pala del beato Nicola da Tolentino per la Chiesa
di Sant’Agostino.
Il campo delle esperienze del giovane artista andava intanto rapidamente ampliandosi attraverso contatti con Venezia, un primo probabile soggiorno a Roma nel 1503 e la collaborazione con il Pinturicchio, cui Raffaello fornì disegni e modelli per gli affreschi della libreria Piccolomini a Siena.
I primi contatti con gli ambienti artistici fiorentini, in un momento di vivacissima ripresa, grazie all’importanza delle commissioni pubbliche e private e alla contemporanea presenza di Leonardo e Michelangelo, lo convinsero, nel 1504 dell’opportunità di un soggiorno nella città toscana per “imparare”.
A partire da tale data, e per circa quattro anni, la sua attività si divise tra Firenze, Perugia e Urbino, dove fece ritorno ripetutamente, mantenendo stretti legami con la corte dei Montefeltro.
Molti dei disegni come dei dipinti eseguiti da Raffaello tra gli ultimi mesi del 1504 e il 1508 riflettono chiaramente contatti con artisti fiorentini e lo studio, condotto con prodigiosa capacità di assimilazione, di opere di maestri del Quattrocento, di Michelangelo e soprattutto di Leonardo.
Alla fine del 1508, Raffaello si trasferì a Roma, chiamato a prender parte, accanto ad altri artisti provenienti da diversi centri, alla decorazione delle Stanze dei nuovi appartamenti di Giulio II. Prima ancora di che fosse completata la decorazione della prima stanza, nel 1511 Raffaello fu incaricato da Giulio II di affrescare sulle pareti della seconda quattro istorie derivate dalle Sacre Scritture o ispirate a eventi della storia della Chiesa e dei papi, ma simbolicamente in stretta relazione con i programmi politici del pontefice regnante e con i drammatici eventi contemporanei.
Dopo la morte di Giulio II (1513) e in seguito all’elezione di Leone X, a partire dal 1514 le Stanze cessarono di essere il centro dell’attività di Raffaello e l’esecuzione dei dipinti parietali della terza, che prese il nome dell’affresco raffigurante l’Incendio del Borgo, rimase affidata sempre più agli allievi, che tuttavia, almeno nell’Incoronazione di Carlo Magno e nella Battaglia di Ostia, continuarono a lavorare sotto il diretto controllo del maestro.
Al tempo di Leone X, dopo la morte di Bramante (1514), benché l’attività di Raffaello continuasse, intensissima, nel campo della pittura e si estendesse addirittura ad altri campi, con invenzioni e progetti per le scene teatrali o per opere di scultura, gli interessi dell’artista si concentrarono prevalentemente sull’attività architettonica e sugli studi archeologici.
Nominato Architetto della Fabbrica di San Pietro, Raffaello sovrintese fino alla morte alla costruzione della nuova Basilica secondo un progetto che modificava l’impianto di Bramante; ma la sua opera di architetto comprende anche numerose altre imprese, tra cui interventi nei palazzi vaticani, la costruzione della cappella funeraria di Agostino Chigi in Santa Maria del Popolo, l’edificazione e la ristrutturazione di palazzi, in particolare Palazzo Branconio dell’Aquila e i grandiosi, scenografici progetti per villa Madama.
Per l’attività di architetto di Raffaello grande importanza ebbero gli studi sull’antichità, che gli fornirono una conoscenza assai più vasta, articolata e approfondita dell’arte romana e lo spinsero, tra l’altro, a sovrintendere a una traduzione di Vitruvio e a compiere l’audace progetto di rilevare la pianta di Roma antica.
Tali studi non rimasero senza conseguenze neppure per la sua opera di pittore, dai cartoni con storie dei Santi Pietro e Paolo per i dieci arazzi tessuti a Bruxelles e destinati alla Cappella Sistina, alle decorazioni delle Logge, della Loggetta e della Stufetta del Cardinale Bibbiena (condotte con l’intervento di numerosi collaboratori tra i quali il Penni, Giulio Romano, Giovanni da Udine, Polidoro da Caravaggio, Perino del Vaga).
Se la partecipazione all’esecuzione da parte dei collaboratori è spesso consistente nei dipinti degli ultimi anni e se la originalissima della Sala di Costantino venne condotta dopo la morte del Maestro, al diretto intervento di Raffaello si devono ancora eccezionali ritratti come quello di Leone X tra due cardinali e l’autoritratto con un amico e, soprattutto, i recenti restauri hanno confermato la piena autografia della Trasfigurazione, dipinta per il cardinale Giulio de’ Medici.
Vista dai contemporanei come una sorta di “summa” dell’arte raffaellesca, la Trasfigurazione presenta in effetti, nella sua vasta, complessa e drammatica raffigurazione, l’ultimo sviluppo di motivi che affondano le radici fin nella prima attività dell’artista, dalla struttura complessiva a due ordini alla ripresa di modelli leonardeschi nei volti e nella gestualità dei personaggi, anticipando, d’altro lato, esperienze che saranno proprie dell’arte del primo ‘600, dall’ “ideale classico” dei bolognesi al Caravaggio e a Rubens.

Guglielmo Guidi
Ricercatore e storico d’a


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