I principi della scienza e la fallibilità della ragione sono fattori essenziali da considerare nel caso di elezioni politiche

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I politici, in genere, si dividono in tre schiere: la schiera di quelli che presumono di essere infallibili e di avere la soluzione pronta per ogni problema sociale e politico, la schiera di quelli che invece credono nella fallibilità della ragione e che, quindi, si pongono in modo dialettico nei confronti dei problemi da risolvere e, infine, la schiera di coloro, i cosiddetti trasformisti, che si lasciano trascinare dagli uni o dagli altri sulla base della convenienza personale del momento. Tralasciando quest’ultima che può fare pendere la bilancia da una parte o dall’altra, la schiera degli infallibili è composta da individui che hanno la presunzione di conoscere le leggi sociali che tracciano il solco delle vicende umane, certi che queste leggi esistano anche se ancora nessuno le abbia scoperte, e, in base a tali leggi, ritengono che le azioni e i piani avviati siano oggettivamente giusti e corretti. Tali politici, da ritenere populisti, assumono un atteggiamento politico demagogico che ha come unico scopo quello di accattivarsi il favore della gente, che probabilmente non avrebbe nulla in cambio se non una grande delusione.

Purtroppo, la storia e il suo procedere non hanno fondamento scientifico. La storia, essendo avulsa dal determinismo laplaciano, non permette di prevedere neppure gli sviluppi della conoscenza che sono in continuo cambiamento e ampliamento. Da ciò deriva che ogni progetto politico (ammesso che ce ne sia qualcuno), intrapreso nel tempo presente, sarà soggetto all’imprevedibilità perché su di esso influiranno diversi fattori, tra essi conformi o opposti, di cui non si conosce la natura o non se ne conoscono i principi modificanti.

È anche vero cha alcuni principi della scienza, della chimica in particolare, possono applicarsi al sistema politico, come il principio dell’equilibrio mobile, il quale sancisce che se a un sistema chimico (reazione chimica) in equilibrio viene apportato dall’esterno una variazione ad uno dei fattori che lo “governano”, il sistema viene perturbato e tende a controbilanciare la variazione subita al fine di ripristinare l’equilibrio. Tenendo conto di ciò, se si interviene a modificare la corrispondente forma di equilibrio su cui si fonda il sistema socio-politico italiano (ad esempio, la Carta Costituzionale), si crea uno stato di perturbazione su di esso che ha riflessi sull’equilibrio interno con risvolti imprevedibili (!). E vero anche che attualmente  nel sistema politico attuale vige il principio della logica antidialettica o eraclitea come il principio di complementare contraddittorietà, meglio conosciuto con il nome di principio di esplosione, secondo il quale risultano vere un’affermazione e la sua negazione, cioè, come si diceva in latino, ex falso (sequitur) quod libet, in altre parole dal falso (segue) una qualsiasi cosa a piacere. Un principio questo, facilmente comprensibile, caratterizzato da una grande imprevedibilità perché un’affermazione vera potrà essere negata e tale negazione risulterà anch’essa vera (!).

Da tutto questo deriva, dunque, che i rischi a cui si potrebbe andare incontro, se si creasse una situazione di instabilità politica, sono molto seri perché sarebbero imprevedibili le conseguenze.

Allora, sulla base di quanto detto, sarebbe preferibile affidarsi alla schiera dei politici che credono nella fallibilità della ragione, in senso popperiano, i quali si pongono in modo dialettico nei confronti della realtà in quanto non conoscono, perché non esistono, principi validi a priori? Costoro, infatti, assumono un atteggiamento razionale che consiste nella critica delle teorie avanzate e nella ricerca della loro fallibilità.

Nelle tornate elettorali o referendarie prossime o remote, allora, alla luce di quanto detto, sarebbe preferibile affidarsi a politici infallibili, che pensano di potere gestire il futuro della popolazione senza alcun dubbio di sorta, oppure sarebbe più corretto dare credito a politici razionali fallibili, che si pongono in modo critico nei confronti della realtà sociale e politica?

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).