La Scuola di Atene di Raffaello

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Raffaello fu alla composizione delle storie così facile e pronto che  gareggiava con l’efficacia della parola scritta.                               Giorgio Vasari (Vite)  

         La scuola di Atene (1510) è l’affresco base, di straordinaria bellezza, della parete della Stanza della Segnatura, una delle quattro Stanze Vaticane dei Palazzi Apostolici, dove sono presentati, in un’ambientazione monumentale dominata dall’arcata semicircolare, i massimi personaggi del pensiero filosofico antico, riuniti sotto la magniloquente architettura d’impronta classica del Tempio della Filosofia, intesa come espressione del desiderio di comprendere il senso ultimo delle cose.

Il Tempio, ispirato ai progetti bramanteschi per la basilica di San Pietro, acquista una solennità romana, cinquecentesca, emula delle basiliche antiche e idonea ad accogliere i grandi filosofi. Il motivo delle grandi arcate a lacunari sembra, infatti, recuperato dalla grandiosa basilica di Massenzio.

La scuola di Atene, celeberrimo affresco simboleggia il desiderio umano di giungere alla conoscenza, tema centrale della filosofia antica, sulla quale poi si è innescata e sviluppata la teologia cristiana. Il sapere è il dovere primario dell’uomo; conoscere e capire noi stessi e il mondo che ci circonda, è un obbligo morale di ogni essere umano.

Questo capolavoro, considerato un simbolo di portata epocale per la forza innovativa, è la celebrazione dell’umana sapienza che ha il suo vertice nei filosofi, Platone e Aristotele, collocati al centro della figurazione e in posizione sopraelevata e circondati ai loro lati da filosofi, matematici e scienziati.                                                                                                                                  Una folla di pensatori e scienziati è riunita sotto imponenti volte a botte rappresentate con competenza architettonica. Sullo sfondo del Tempio, privo di copertura, si intravede un cielo terso e cristallino. Tutto si presenta nella razionalità e nella chiarezza delle linee geometriche dell’architettura.                                                                                                                                   La scena si articola secondo una prospettiva centrale che conduce lo sguardo verso il punto focale della composizione, equidistante dai due fondatori della filosofia occidentale, Platone e Aristotele, poli di attrazione degli altri illustri filosofi rappresentati.

I personaggi, che stanno dalla parte sinistra di Platone, rappresentano la maggior parte dei pensatori più significativi anteriori a Platone stesso, ossia i Presocratici, i sofisti, Socrate e i socratici. Nella parte destra, oltre ad Aristotele e ai sei personaggi a lui molto vicini, suoi diretti discepoli, sono rappresentate la filosofia e la scienza dell’età ellenistica e imperiale. In una nicchia in alto a destra è raffigurata la statua di Atena, la dea della filosofia, a sinistra in esatta corrispondenza, quella di Apollo, dio dell’armonia.

Nella parte centrale del grande affresco sono maestosamente raffigurati, con i loro visi e gesti del corpo, i famosi filosofi e saggi dell’antichità, le due colonne del pensiero filosofico occidentale: al sommo di una grandiosa scalinata Platone, maestro di saggezza (con il volto di Leonardo) con il Timeo nella mano sinistra e con la mano destra indica il cielo, la trascendenza, il mondo soprasensibile delle idee, e Aristotele, maestro di scienza (con le sembianze del maestro di prospettive Bastiano da Sangallo) con l’Etica Nicomachea, che protende la mano destra verso terra, verso ciò che è immanente e terreno, in riferimento al mondo sensibile dell’esperienza.

In alto a sinistra Socrate, rappresentato di profilo con i tratti silenici, conversa con un gruppo di allievi tra cui Alcibiade, bello e vanitoso con l’elmo, riconoscibile dall’armatura, e il giovane Senofonte con il suo splendido volto e un mantello blu.               Il personaggio con la mano tesa che, indignato, vuole cacciare i sofisti, è Apollodoro, uno dei più fedeli e bellicosi discepoli di Socrate. La figura alle spalle di Socrate è identificata come il vecchio Critone, suo coetaneo e grande amico.

In basso a sinistra è rappresentato in primo piano Pitagora, intento a scrivere, che tiene lezione di aritmetica e di teoria musicale a un ristretto numero di allievi ascoltatori, tra i quali si distingue il musulmano Averroè (l’inventore delle cifre numeriche) che indossa un turbante. Dietro Pitagora è rappresentato un personaggio anziano che scrive e di fianco sta un giovinetto che tiene appoggiato a terra una lavagna, sulla quale sono raffigurati un disegno e segni allusivi.                                                                                                                                                   Accanto a Pitagora, filosofo e matematico greco, si erge Empedocle con il suo Poema lustrale, una maestosa figura, rappresentata in maniera stupenda, con una tunica gialla e uno splendido mantello con colori cangianti dal rosso all’azzurro. In questo gruppo è raffigurato un bellissimo giovane in abito bianco, simbolo emblematico dell’efebo greco che coltiva la filosofia e incarna la bellezza-bontà, ideale supremo di un uomo virtuoso per lo spirito ellenico.                                                                                                                                                                        Il personaggio in primo piano, l’ultima figura in basso a sinistra seduto per terra e appoggiato a un blocco in atto di scrivere, è Eraclito di Efeso, nei cui tratti è stato riconosciuto il volto corrucciato di Michelangelo Buonarroti: un omaggio che Raffaello, forse su suggerimento del papa Giulio II, rende all’artista che in quegli stessi anni era impegnato a decorare la Cappella Sistina.                                                                                                  A destra è rappresentato il bellissimo gruppo dei geometri con il maestro Euclide che raffigura Bramante chino. Dal punto di vista pittorico questo gruppo esprime il senso e la dinamica della tensione spirituale di una ricerca. Infatti il matematico greco illustra un teorema e misura col compasso una figura geometrica.                                                                                                Alla sua destra ci sono gli scienziati del cielo e della terra: Zoroastro, il fondatore dell’astronomia, con il planetario, e Tolomeo, il sistematore del paradigma astronomico del geocentrismo, con il globo terraqueo. Sull’estrema destra sono rappresentati Sodoma, l’amico e collaboratore di Raffaello e lo stesso giovane urbinate con il berretto nero.

Secondo l’analisi iconografica dello studioso di filosofia antica, Giovanni Reale, la collocazione di Raffaello in un angolo dell’affresco risulta «essere un messaggio bello e assai toccante: in un certo senso, è espressione della vera grandezza morale di un Raffaello che, nonostante la straordinaria statura artistica che aveva ormai raggiunto, si è posto, umilmente, come un piccolo fra i grandi».

Al centro sdraiato sulla scalinata compare, in posa superba e provocatoria, la splendida figura del filosofo dell’età ellenistica Diogene il Cinico, una personalità emblematica che si abbandona sui gradini di un’immaginaria accademia seminudo, solo e indifferente a tutto.                                                                                                                                                                 In tutto l’affresco solamente tre personaggi sono rappresentati isolati. Oltre ad Eraclito e Diogene, nella parte destra vi è un maestoso vecchio solitario, identificato nel filosofo Plotino, erede di Platone; una figura emblematica che nella sua nobile e severa solitudine, sporge su tutti gli altri personaggi per altezza e per il mantello rosso.

Il progetto iconografico della Scuola di Atene di Raffaello, rappresentata nella Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani, nella sua interezza dimostra la coerenza logica e storica dell’affresco con la quale è stato eseguito. Il pensiero greco antico, dalle origini fino alle sue conclusioni, non ha mai trovato una sintesi tanto felice come nella Scuola di Atene.

 

 


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