Latina come Ostia, il paragone di chi voleva essere il candidato del M5S

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LATINA – Non conosco personalmente Bernardo Bassoli. So che se Grillo avesse concesso il simbolo alle passate elezioni comunali molto probabilmente sarebbe stato il candidato a sindaco del M5S, avendo vinto le primarie del meetup più rappresentativo, e magari in molti lo avrebbero votato.
Trovo però quanto meno fuori luogo alcuni paragoni tra Latina e Ostia in cui si avventura.

Secondo un passaggio di Bassoli nel suo lungo post Facebook pubblicato sabato e che mi è apparso solo oggi, dal momento che ad Ostia il porto ha rappresentato un centro di infiltrazioni malavitose, allora chi propone di realizzare il Porto a Latina o è colluso o è incosciente. Queste come altre affermazioni le trovo fuori luogo.

Ma dal momento che i cinque stelle pontini sfidavano la stampa locale a pubblicare il lungo post di Bassoli: noi raccogliamo la sfida in modo che ogni lettore possa farsi una propria opinione.

«Ostia-Latina: stessa fermata – scrive Bassoli -. A Ostia si gioca una partita molto importante per le elezioni del Municipio X. Si voterà per un territorio enorme che non comprende solo Ostia ma, tra le altre, aree estese, di rilevante eterogeneità socio-economica e alta densità quali Casal Palocco e Acilia.
Questo municipio è purtroppo ricordato come quello che diede i natali a uno dei gruppi che formarono la famigerata Banda della Magliana e che si componeva di tre entità: il gruppo della Magliana, il gruppo di Testaccio-Trastevere e, per l’appunto, il gruppo Ostia-Acilia con boss del calibro di Nicolino Selis, Edoardo Toscano, i fratelli Carnovale eccetera, oltre naturalmente a un personaggio mediatico quale è il collaboratore di giustizia Antonio Mancini.
Ad ogni modo, per un municipio come quello di Ostia che esce da un commissariamento per infiltrazioni mafiose, tornare a esprimere una preferenza è una vittoria per la democrazia.

Almeno un paio di anni fa, oltre agli intrecci di Mafia Capitale che hanno coinvolto Ostia, si è scoperto che attorno all’ampliamento del porto turistico c’erano in ballo numerosi interessi venati di criminalità. Organizzata. Sì perché, a Ostia, le cosche sono assai radicate e altrettanto feroci, e hanno compiuto l’ormai tragico (per i cittadini) percorso delle mafie: dai racket soliti agli uffici, quelli dove si mandano i signori vestiti bene.

Ecco perché quando sento parlare di porto a Foce Verde, nella mia città di Latina, non sono sicuro che chi lo propone sia più incosciente o semplicemente colluso con una certa imprenditorialità. Certo, ogni volta che ti schieri contro un’opera ritenuta infrastruttura per lo sviluppo devi sorbirti le accuse di nullafacente oppure ignorante o retrogrado, ma in fin dei conti sono insulti con cui si può convivere perché basati su ideologie artefatte. “Grandi opere uguale sviluppo” è un’equazione che poteva andare bene durante il boom economico, adesso siamo nel 2017 ed è sufficiente aprire gli occhi per comprendere quanto quella formula sia vetusta.
Il porto a Latina, che è stato inserito anche nel Piano del Parco Nazionale del Circeo (che c’azzecca?), sancirebbe l’entrata pontina nell’età della maturità criminale. Meglio guardare altrove per il progresso di Latina.

Tornando ad Ostia-Acilia, chi vincerà avrà la possibilità di iniziare tutto daccapo. E non è un caso che gli Spada entrino a gamba tesa nella tenzone elettorale suggerendo candidati e partiti da votare.
Ci avevano provato qualche tempo fa anche con il Movimento 5 Stelle, adesso lo fanno con Casapound. Spero sia stata solo una leggerezza da social rispetto a quanto riportato, ossia che Roberto Spada, un incensurato ma a tutti gli effetti organico al clan sinti Spada, avrebbe ottenuto, seppur solo via Facebook, un ammiccamento da parte di Carlotta Chiaraluce, capolista di Casapound a Ostia. Senza contare l’ormai famigerato scatto da selfie tra il candidato a minisindaco del medesimo partito, Luca Marsella, e il medesimo Roberto Spada.

Gli Spada sono un clan molto potente che imperversa sul litorale romano da anni, insieme ai Fasciani, ai Triassi ecc., legati a cosche di ndrangheta e Cosa Nostra per lo smercio di droga.
Per comprendere la ferocia di questo clan, suggerisco di informarsi sulla storia del defunto boss Enrico Spada, detto Pelè, e di come controllava le case popolari.
Gli Spada oltre ad essere nel business di droga, armi, estorsioni, case Ater eccetera sono legati a un clan di questa città, in special modo i Di Silvio (o Ciarelli/Di Silvio), tutti sotto la cappella dei Casamonica che li vede interconnessi alle altre famiglie di origine sinti, Di Rocco, Di Guglielmo, Spinelli e altri. Come i criminali di Latina e provincia vengono interpellati anche dalla classe borghese. È sempre stato così: dal motorino rubato a un interesse da riscattare, fino a un investimento in comune.

Roberto Spada è sì un incensurato ma chi anche solo lontanamente conosce le logiche dei clan sinti sa bene che non è sufficiente un casellario giudiziario intonso per segnare la propria diversità da queste famigghie. Egli sostiene: “Sui social andate a commentare negativamente il mio cognome, poi venite a cercami in cambio di favori”. Non credo che menta.

A tutti, a Latina, sarà capitato di ascoltare storie o di essere protagonisti di vicende che si svolgevano nel seguente modo. Rubano un motorino a un adolescente che, invece di denunciare, si rivolge, tramite un amico o un parente, a qualche malavitoso per ritrovare il veicolo. È la logica dell’illegalità, ed è la stessa che anima, a un livello superiore e più complesso, le cointeressenze tra banditi/clan e imprenditoria. Che sia Ostia o Latina non fa differenza. Cambia l’oggetto di valore ma la sostanza rimane immutata: meglio uno forte che garantisce il risultato piuttosto che la trafila delle regole, considerate come carabattole burocratiche da riporre nella soffitta della nostra dignità.

Ecco perché il voto di domani è importante; ecco perché Virginia Raggi ha fatto benissimo a dichiarare la sua indignazione nei confronti di possibili affinità elettive tra la destra e gli Spada; ecco perché fanno male i militanti di Casapound a prendersela con chi critica la mancanza di nettezza nei confronti di questi clan, che siano il clan Spada o il clan Di Silvio: nessuno vuole fermare la loro “avanzata” nelle urne con le denigrazioni/diffamazioni, figurarsi la democrazia deve essere garantita per tutti, ma è assolutamente necessario recidere qualsiasi tipo di vicinanza, fosse anche un drink al Bar Music di Ostia, o un aperitivo in un locale della Via dei Pub a Latina – dove, personalmente, ritengo CPI formato da persone lontane da intrecci oscuri ma afflitti da noncuranza rispetto ai clan.

Gli Spada, come fanno tutti i clan che basano la loro forza anche sul controllo popolare del territorio, strizzano l’occhio ai 5 Stelle e poi a Casapound e in futuro a chissà chi altri perché credono di essere sinceramente e ideologicamente vicini a tali forze politiche. Paragonano i favori che fanno alla gente del luogo – dal famoso motorino rubato a un’usura dilazionata – alla frutta che i militanti di Casapound danno al popolo. Se vogliono i militanti di questo partito marcare la differenza devono farlo attraverso una seria lotta a queste organizzazioni – per carità, non è sufficiente una grande manifestazione come quella organizzata nel giugno del 2015 a Ostia dal 5Stelle, ma quantomeno sarebbe un inizio.
I selfie e gli emoticon lasciamoli per i post che ritraggono i nostri affetti, o per le immagini di gatti e leccornie. Minimizzare, gridare indistintamente alle strumentalizzazioni, non è la via giusta per la cesura con clan di ogni genere e tipo.
E non si tratta di grida isteriche quando si ricorda che Casapound non è esente da legami poco trasparenti come quelli che vedevano protagonista Giovanni Battista Ceniti, ex responsabile per Casapound in una zona in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, e coinvolto nell’omicidio del cassiere di Gennaro Mokbel, un personaggio molto noto che a Roma aveva contatti con Massimo Carminati, radicati entrambi nel tessuto di estrema destra e nel “mondo di sotto” banditesco-mafioso.
Come riportava “il Fatto Quotidiano” in un articolo del 2014 a firma Andrea Palladino, insieme al leader di Casapound, Gianluca Iannone, Ceniti se ne andava in giro per il Kosovo durante una missione organizzata dall’associazione “L’uomo libero” di Riva del Garda, legata a sua volta a un’altra Onlus dell’universo casapoundiano, la Popoli di Verona con a capo tal Franco Nerozzi, “coinvolto nel 2002 in una storia di mercenari nelle Comore, e che da anni assiste i guerriglieri Karen della Birmania”.

Rifugiarsi come fanno molti partiti nelle abusate espressioni di contrarietà al malaffare e alla mafia, senza circostanziare fatti e nomi, riduce la lotta alla criminalità organizzata, competente non solo alla magistratura ma anche ai partiti/movimenti e alla società tout court, a un plastico di fasulle intenzioni.

Perché bisogna mettersi d’accordo su cosa è una mafia e rifiutare che un pacco alimentare offerto, in buona fede o per furbizia elettorale (lo stabiliranno domani i cittadini nelle urne), sia strumentalizzato non da grillini arrabbiati o da stampa corrotta, ma dagli stessi clan, come gli Spada, che non vedono l’ora di vedere legittimate le loro azioni che credono essere per il popolo, ossia procrastinare un’estorsione, un’usura oppure ritrovare un motorino in cambio di qualcosa che prima o poi verrà chiesto, e che non sono null’altro che la merda del più prepotente data come scarto al più debole. Fino a costringere un funzionario di un ente a truccare una gara per un appalto remunerativo.
Avviene così, sia a Ostia che a Latina».


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Giornalista Professionista dal 2007 - Fondatore di News-24.it: nella mia carriera ho diretto la redazione sportiva del Quotidiano La Provincia di Latina fino al 2013, dal 2008 al 2013 ho collaborato con ExtraTv, ho ricoperto l'incarico di addetto stampa della Top Volley in serie A1 e nel 2014 per sei mesi sono stato condirettore del quotidiano Latina Oggi Notizie. Attualmente mi occupo di informazione on line e social media con un occhio attento alle profonde modificazione che i nuovi mezzi di comunicazione stanno imponendo ai nostri stili di vita.