Regia: Stefano Savona
Genere: documentario
Durata: 137 min
Musiche: Giulia Tagliavia
Produzione: ILBE – Iervolino & Lady Bacardi Entertainment con Rai Cinema
Paese Produzione: Italia 2023
Collaborazione: Danny Biancardi, Sebastiano Caceffo, Alessandro Drudi, Silvia Miola, Virginia Nardelli, Benedetta Valabrega, Marta Violante.
Proiezione ufficiale: 24 febbraio, ore 16:15, presso l’Akademie der Künste
In anteprima mondiale, al LXXIII Festival Internazionale del Cinema di Berlino, in Concorso nella sezione Encounters, sarà presentato il film documentario Le mura di Bergamo di Stefano Savona.
Il film è stato anche selezionato fra i 20 documentari – scelti trasversalmente fra le sezioni Competition, Berlinale Special, Encounters, Panorama, Forum, Generation e Perspektive Deutsches Kino – in lizza per il premio Berlinale Documentary Award, che sarà consegnato durante la cerimonia di premiazione ufficiale al Berlinale Palast il 25 febbraio 2023.
Le mura di Bergamo descrive l’arrivo della pandemia di COVID-19 in Italia, in particolare a Bergamo, città che, come un unico organismo, si scontra e reagisce al virus Sars-Cov2, rendendo la maglia di connessioni tra le vite degli abitanti ancora più stretta e forte. Era il mese di marzo 2020 quando la città di Bergamo, dentro le sue mura, diventa un corpo malato: cellule, tessuti, organi non riescono più a comunicare. In poco più di un mese la città ha sei mila vittime. Le strade sono vuote, gli scambi azzerati, gli incontri proibiti. Ogni corpo, disconnesso dagli altri, è solo dentro le sue mura. Il corpo della città è come un organismo devastato che prova a reagire: medici, infermieri, pazienti, volontari, e anche chi non ha vissuto direttamente il dolore della malattia, cercano rispettivamente un proprio ruolo nel processo di guarigione collettiva. Raccogliere e raccontarsi le storie di chi non c’è più diventa una maniera per rielaborare il lutto privato e collettivo e per ragionare sul bisogno di una nuova ritualità della morte. Le Mura di Bergamo è un film che crea connessioni tra passato e futuro, per accompagnare questa collettività, lungo le prime fasi della paziente opera di ricomposizione di quel tessuto intimo, familiare e sociale, che la pandemia ha lacerato. E che essa ha messo in discussione quale sia il vero senso della vita dato che morire con tali epiloghi è qualcosa che esula dalla maniera comune di intendere la morte e che l’esistenza di un essere umano non può relegarsi soltanto alla materia di cui esso è fatto. Il protagonista di questa storia diventa la città, un corpo sociale che, come ogni organismo vivente, è costituito innanzitutto dalle infinite connessioni tra le sue parti. Le parole, gli sguardi, i gesti, i silenzi che questa narrazione testimonia sono un tentativo di rendere conto di qualcuna di queste connessioni, con la speranza che, rendendole visibili, il racconto cinematografico possa contribuire a consolidarle.
Ecco il commento del regista Stefano Savona: “Tre anni fa con un gruppo di giovani registi che erano stati miei studenti alla scuola di documentario del CSC Palermo abbiamo attraversato un’Italia deserta per arrivare a Bergamo nel mezzo di una crisi mai vista. In punta di piedi abbiamo iniziato a filmare le vite di chi, rischiando in prima persona, cercava di affrontare la catastrofe che ci stava investendo tutti. La nostra scommessa è stata quella di restituire i movimenti di una comunità in resistenza. Ogni sera ci riunivamo a riguardare le immagini raccolte, cercando di ritrovare i raccordi invisibili che le univano, di cominciare a riannodare i fili delle storie che la pandemia aveva provato a cancellare. Per altri due anni siamo tornati a Bergamo per raccontare il rituale collettivo di elaborazione del lutto e di costruzione della memoria che avevamo visto nascere e di cui questo film-memoriale si vuole fare portatore.”
Stefano Savona, cinquantatreenne palermitano, ha studiato archeologia e antropologia a Roma e dal 1999 è regista di documentari. Il suo documentario Primavera in Kurdistan (2006) riceve il Premio Internazionale della SCAM al Festival Cinéma du Réel di Parigi e una nomination ai David di Donatello. Piombo fuso (2009) è selezionato al Festival Internazionale del film di Locarno nella sezione Cinéastes du présent e vince il Premio Speciale della Giuria. È il produttore e il regista principale di Palazzo delle Aquile, che ottiene il Gran Prix del Festival Cinéma du Réel 2011.
Nel 2011 realizza Tahrir Liberation Square, selezionato al Festival del film di Locarno, al New York Film Festival e alla Viennale 2011.
Francesco Giuliano
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