L’intera Umanità cerca la verità ma preferisce la menzogna supportata dall’incompetenza e dalle post-verità

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L’Umanità del XXI secolo appare molto preoccupata dalla pandemia Covid-19 e conseguentemente sconvolta e stordita in un mondo pervaso da un’immensità di informazioni sovente contrastanti e caratterizzate a ogni piè sospinto da incompetenza, post-verità e notizie false (fake news). Informazioni che le pervengono soprattutto dall’utilizzo della rete internet la quale, come ha sostenuto Marco Biffi, docente di linguistica italiana  e componente della Consulenza Linguistica dell’Accademia della Crusca, in un suo intervento (2016) dal titolo “Viviamo nell’epoca della post-verità?”,« … ha senza dubbio delineato i connotati fondamentali di questa dimensione oltre la verità. ‘Oltre’ è il significato che qui sembra assumere il prefisso post- (invece del consueto ‘dopo’): si tratta cioè di un ‘dopo la verità’ che non ha niente a che fare con la cronologia, ma che sottolinea il superamento della verità fino al punto di determinarne la perdita di importanza. E, analizzando le modalità in cui il superamento si concretizza di volta in volta, colpisce la vocazione profetica che la parola nasconde tra le sue lettere: la post-verità, infatti, spesso finisce per scivolare nella verità dei post …». Anche l’archeologo e storico francese Paul Veyne (1930) nel saggio “I Greci hanno creduto ai loro miti?” (Il Mulino,1984) tratteggia un altro aspetto della verità e cioè che «L’autenticità delle nostre credenze non si misura a seconda della verità del loro contenuto […] siamo noi a costruire le nostre verità e non è la realtà che ci porta a credere. Poiché essa è figlia dell’immaginazione costituente della nostra tribù». La percezione mediante i sensi, infatti, ci fa selezionare, organizzare e interpretare le informazioni al fine di dare significato e collocazione alla realtà secondo ciò che ci è consono. Il sociologo Andrea Fontana, nel saggio “Regimi di verità” (Codicedizioni, 2019) scrive a tal proposito che «Viviamo in un tempo in cui il racconto e le tecniche dello Storytelling (n.d.r. L’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva) sono diventati abituali prassi di lavoro. I post, le video stories e le foto sono gli strumenti che usiamo abitualmente per esprimerci e che di conseguenza rappresentano la nostra personalità, i nostri brand e prodotti. Tuttavia, il racconto può avere degli effetti sulla percezione dei fatti di una realtà che sia politica, sociale o commerciale». Già l’antico filosofo greco Democrito (460 – 370 a.C.), in maniera esplicita, aveva compreso attraverso la sua esperienza che niente sappiamo della Verità, perché la Verità è in un pozzo tant’è che, molti secoli dopo, il pittore francese Jean-Léon Gérôme (1824 – 1904) nel suo famoso dipinto (riprodotto nella foto) La verità che emerge dal pozzo (1896) contrappone la realtà all’illusione. Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) in “La nascita della tragedia” (Piccola Biblioteca Adelphi, 1977), in sintonia con questa interpretazione, scrive che « … le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete».

Non c’è da sorprendersi se qualche secolo prima, il teologo  e scienziato veneziano Paolo Sarpi (1552 – 1623), indagato dall’inquisizione romana per la sua libertà di pensiero manifestata anche a difesa di Galileo Galilei per l’ingiustizia resa a sì grande uomo, affermava «Qui nescit fingere nescit vivere (chi non sa fingere non sa vivere)». In quel tempo, nell’opera filosofica Spaccio de la Besta trionfante (1584), Giordano Bruno (1548 – 1600) asseriva però che «La verità è quella entità che non è inferiore a cosa alcuna» in quanto l’idea di verità è, indissolubilmente, legata a quella di libertà. E senza verità non può esserci libertà. Questa profonda e sincera convinzione portò al rogo il filosofo nolano condannato dall’inquisizione romana per non aver abiurato e per aver messo in ridicolo i suoi componenti. Era il 17 febbraio 1600.

C’è un racconto del XIX secolo, che descrive l’incontro tra “la Verità e la Menzogna” e le conseguenze che ne derivano:

«La Menzogna dice alla Verità: Questo giorno è molto bello!

La Verità si guarda intorno, alza gli occhi al cielo e conferma: Il giorno è davvero bello.

Girovagano per molto tempo assieme finché non raggiungono un pozzo.

La Menzogna, a questo punto, chiede alla Verità: L’acqua è molto bella, facciamo un bagno insieme?

La Verità ancora una volta sospettosa tocca l’acqua, che le risulta veramente gradevole. Si denudano e fanno il bagno. All’improvviso, la Menzogna esce dall’acqua, e fugge con gli abiti della Verità.

La Verità adirata esce dal pozzo e corre dappertutto per trovare la Menzogna e recuperare i suoi vestiti.

Il Mondo, vede la nuda Verità, e la guarda con biasimo e dispiacere. La povera Verità, allora, ritorna al pozzo e lì scompare perennemente, per nascondere la sua vergogna. Da allora, la Menzogna viaggia per il mondo vestita come la Verità, soddisfacendo i bisogni della società, e il Mondo, tuttavia, non vuole vedere la nuda Verità in nessuna circostanza».

Coerentemente con questo racconto in “Framenti postumi 1885 -1887” (Adelphi, 1975) Friedrich Nietzsche dà la sua spiegazione sulla verità: «C’è un solo mondo, ed è falso, crudele, contradditorio, corruttore, senza senso. Un mondo siffatto è il vero mondo. Noi abbiamo bisogno della menzogna per vincere questa “verità”, cioè per vivere. La metafisica, la morale, la religione, la scienza vengono prese in considerazione solo come diverse forme di menzogna: col loro sussidio si crede alla vita». Appassionata e penetrante è la concezione dello scrittore inglese George Orwell(1903 – 1950) che, con il suo profondo e sano scetticismo in Verità/Menzogna(Oscar Mondadori), descrive con sagacia l’antidoto contro la menzogna, la mistificazione e la manipolazione delle coscienze in un mondo fondato sull’odio e percorso da cortei e da folle immense che inneggiano ai loro leader fino all’intontimento e all’adorazione ma che in coscienza li odiano.

Francesco Giuliano

 


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).