‘Lo chiamavano Tyson’ segna l’esordio nella narrativa di Mauro Valentini

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Prendi un autore di true crime che stavolta invece di indagare sull’anima di persone misteriosamente scomparse o uccise in circostanza tragiche va a bisturizzare l’anima della periferia romana, con i suoi tratti di povertà, la sua eterna precarietà, la sua risposta violenta e rabbiosa. Ed ecco così che il giornalista Mauro Valentini si cimenta col suo primo romanzo, ‘Lo chiamavano Tyson’ (Armando Editore, pp 240, E. 15,00), dopo aver dato una prova matura con ‘Mio figlio Marco’, dedicato all’assurda morte di Marco Vannini.

È uscito nelle librerie proprio oggi e appare subito un romanzo scritto col cuore, che si indirizza verso quella periferia romana che Valentini conosce bene. E non è un caso che sia la protagonista indiscussa del suo romanzo d’azione, un thriller claustrofobico.

Il protagonista è Fausto Colasanti, un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili, scateneranno una serie di eventi sorprendenti che inchioderanno il lettore fino all’ultima pagina.

«Questo romanzo dalle tinte così forti l’ho dedicato a quelli come Tyson, agli sradicati, agli esiliati che hanno popolato i quartieri ghetto della Capitale – dichiara Mauro Valentini-. Ci sono tanti Tyson nelle periferie di Roma e molti avrebbero potuto avere un destino migliore, ma non ce l’hanno fatta. Lui in questa storia che racconto, avrà un’ultima, inaspettata opportunità per dare una svolta alla vita, anche a costo di usare la violenza.».

Lo stile di ‘Lo chiamavano Tyson’, a tratti grottesco, violento e claustrofobico, richiama alcuni scrittori che hanno influito sulla formazione e sull’immaginario dell’autore: Niccolò Ammaniti e Carlo Lucarelli, ma anche Roberto Saviano e Giancarlo De Cataldo. La musica, nel romanzo di Valentini, ha un ruolo centrale (soprattutto i “Jethro Tull”) sia nella costruzione dell’ambientazione sia nella descrizione delle relazioni tra Tyson e gli altri protagonisti.

Mauro Valentini, giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa Marta Russo – Il Mistero della Sapienza (Armando editore). Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo.

 


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