Autobiografia intellettuale di Umberto Eco
Ogni autobiografia, anche se si limita a una pura narrazione, è un’autointerpretazione in cui lo stile è il segno della relazione tra “chi scrive” e il proprio passato, nel momento stesso in cui si manifesta il progetto orientato verso il futuro, di un modo specifico di rivelarsi all’altro. Jean Starobinski
La densa e sintetica frase del critico letterario svizzero Jean Starobinski è utile per introdurre l’Autobiografia intellettuale di Umberto Eco, che si trova all’interno del volume La filosofia di Umberto Eco, pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo e curato con attenzione filologica, precisa e dettagliata, dalla studiosa di semiotica Anna Maria Lorusso.
Il filosofo e scrittore Umberto Eco nell’autobiografia, genere letterario e narrativo di notevole spessore intellettuale, segue l’arco della sua vicenda esistenziale dalle origini familiari piemontesi alle esperienze dell’età infantile e adolescenziale e al percorso di formazione nei primi anni di studio e di ricerca nell’Università di Torino con la guida di bravi e rassicuranti maestri come Augusto Guzzo, Nicola Abbagnano, Norberto Bobbio, Carlo Mazzantini e Luigi Pareyson (con il quale ha sostenuto la tesi di laurea – 1954 – sul problema dell’estetica in Tommaso d’Aquino).
Il testo di Eco può essere accostato ai Ricordi di Marco Aurelio, alle Confessioni di sant’Agostino e di Rousseau, ai Saggi di Montaigne, al Dedalus di James Joyce e Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust: autori che hanno narrato attraverso pensieri, riflessioni e memorie il loro itinerario culturale ed esistenziale, costellato di vari punti di riferimenti alle diverse epoche in cui sono vissuti.
L’autobiografia di Eco, studioso di grande e indiscusso valore culturale, non è una narrazione diaristica dal sapore intimistico, una ricostruzione delle memorie personali, né una scrittura privata, né un resoconto personale del suo vissuto cronologico sotto forma di romanzo autobiografico, memoriale, ma è un bilancio meditativo della sua vita intellettuale, caratterizzata da incursioni in svariati campi del sapere. È un saggio critico in cui esprime i suoi pensieri, in cui mostra la sua intelligenza curiosa e investigativa sulle più diverse problematicità dell’esistere, in cui racconta con scioltezza e semplicità la sua vocazione filosofica e semiotica, per riflettere sulle varie tappe della sua impresa intellettuale e conoscitiva sui criteri, i valori e i modi di dare senso al mondo. Non è solo una biografia di un intellettuale famoso e di successo, ma un affresco culturale dell’epoca in cui l’autore è vissuto.
Pagine molto significative dell’Autobiografia intellettuale riguardano la crisi religiosa dell’autore iniziata nell’ultimo anno di università. L’abbandono della fede non ha mai spento l‘interesse del filosofo per i problemi religiosi e il rispetto per l’universo religioso, cercando di spiegare i fondamenti su cui poggia la sua “religiosità laica”.
Nel suo percorso intellettuale, ricco di studi, ricerche, curiosità e di una pluralità di interessi in ambiti diversi, enorme importanza assumono le sue riflessioni sugli studi di semiotica (definita “una logica della cultura”) a scaturire dall’incontro con il pensiero/studio di Charles Sanders Peirce, considerato il fondatore del pragmatismo e uno dei padri della moderna semiotica, e dalla lettura delle opere di Roland Barthes e di Roman Jakobson. In molti libri, nel corso della sua carriera filosofica, Umberto Eco si è interessato, nel confronto dialettico con altri studiosi e ricercatori, di problematiche riguardanti la linguistica, la semantica, la semiotica, il problema dei falsi, la teoria della verità e dell’interpretazione.
Enorme impressione e ammirazione suscitano i racconti sulle attività dei seminari e congressi internazionali, simposi e conferenze, incontri e discussioni con studiosi, di tutto il mondo, di filosofia e semiotica, di linguistica e letteratura, di arte e cultura. La vita intellettuale di Eco, caratterizzata da sagacia e chiarezza di vedute, mostra la varietà enciclopedica e sconfinata di argomenti esplorati e di approcci teorici affrontati nell’intero corpus della sua vasta produzione bibliografica.
Molto interessanti risultano le annotazioni della sua poetica come narratore, nelle quali sottolinea che un romanzo non è solo un fenomeno linguistico, poiché i fatti o la storia sono più importanti delle parole. Il mondo progettato, che l’autore sceglie di raccontare, e gli eventi, che accadono in esso, dettano ritmo, stile e soprattutto scelte verbali. Stupefacenti e commoventi sono le pagine finali di questa Autobiografia intellettuale, riguardanti il riso e la morte, scritte pochi mesi prima della sua scomparsa. I ragionamenti e le riflessioni sulla vita, sulla bellezza del crescere e del maturare, sulla gioia della scoperta e dell’accumulare sapere, gli interrogativi sulla morte, sulla volontà di vivere ad infinitum e sull’immortalità, sono testimonianze dell’angoscia e della tristezza che hanno invaso la mente e l’anima di uno degli intellettuali più famosi e apprezzati della nostra contemporaneità.
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