Caro Antonio.

Ho trovato un piacere particolare nel leggere il tuo ultimo libro.

Mi ha colpito l’omogeneità di sentimenti che i diversi autori (me compreso) hanno trasmesso, nonostante la loro diversa esperienza e provenienza. Mi sono riconosciuto in ciascuno di loro, nel loro compito evolutivo di mettere insieme i “cocci” di esperienze passate per migliorare presente e futuro, sentendomi a casa anche in presenza di altri ventotto sconosciuti. Ma, siccome non mi lascio mai in pace, non mi sono fermato al piacere della lettura, ma mi sono voluto anche chiedere da dove provenisse questo mio slancio: dalla originalità della tua iniziativa? Da una mia peculiare risposta? Dalla genuinità dei colleghi autori?  Sicuramente anche per questo.

Ma riflettendoci credo di aver intuito che in questa tua idea di  nominare ventinove persone nel piacevole compito di raccontare se stesse e Latina, tu abbia gettato l’amo in acque molto pescose e che tu l’abbia fatto in un “momento significativo” per quelle persone, per te e per Latina.

Mi riferisco a uno di quei “momenti” che Daniel Stern (psichiatra e psicoanalista) chiamerebbe “momento ora”, in cui confluiscono insieme processi integrativi di natura personale, relazionale e sociale, atti a cambiare qualcosa e a orientarci nel futuro. Un momento presente, limitato nel tempo ma che, come dice Stern, racchiude “il mondo in un granello di sabbia”. In quel momento hai autorizzato ciascuna di queste “persone” a diventare un “attore” che dialoga con il suo “personaggio”, a sentirsi per questo felice di conoscere e farsi conoscere, a percepirsi importante nodo di una rete: requisiti principale di ogni senso di appartenenza e di ogni campo intersoggettivo che comprende un noi, l’altro e il clima che si costruisce insieme.

Dopo aver scritto di sé, ciascuno di noi autori ha potuto vedere e sentire Latina con gli occhi dell’altro e si è incontrato in un territorio fisico e mentale comune. Il processo che abbiamo creato é quello di condivisione e co-creazione di una rete, in cui ci si può identificare con l’altro, cosa che non equivale a “copiare” l’altro, ma comprenderlo e metabolizzarne il buono.

Penso che nel chiamare e delegare queste persone tu  hai  avviato un  processo esattamente opposto a quello della competizione e del giudizio dell’altro o sull’altro, che può creare solo senso di inadeguatezza e distanza.

In questo “momento ora” hai avuto una funzione integrativa che va oltre la  piacevole testimonianza degli autori, proprio come il bravo giardiniere che, scegliendo le piante giuste per abbellire un giardino, si preoccupa anche che nessuna rubi luce all’altra e che tutte arricchiscano il terreno che le ospita.

So che questa operazione di scelta, delega fiduciosa e invito a una condivisione integrativa, non può avvenire nel mondo sociale esterno se non avviene nello stesso tempo nel nostro mondo interno, nella nostra vita interiore.

E’ per questo credo, che la tua proposta diventa una metafora di ciò che stai rappresentando dentro di te, ovvero la convergenza di sentimenti, intenti, conoscenze, in un processo di crescita e di integrazione tra “parti” di te, che stai  compiendo tu in prima persona cogliendo il  segno dei tempi. Ma ciò che più  risalta è che stai provocando lo stesso fenomeno anche  in tutti i ventinove autori e in ogni lettore che voglia sentirsi parte di questo processo.

In altre parole, quei ventinove autori diventano tante “parti” di te e tu diventi “parte” di loro, mentre ciascuno diventa “parte” dell’altro, senza tuttavia confondere le propria identità, in modo da paragonarsi tutti a “fratelli” ( non a gemelli siamesi !).

In “Latina, mosaico di memorie”, tu hai spiegato implicitamente che l’essenza del processo di integrazione personale,  non può avvenire senza analoga integrazione sociale e viceversa. L’hai fatto nell’idea di impiegare la tua storia personale e la tua esperienza interiore, quella di noi autori, riunendole in un “tutto”, che è sempre superiore alla semplice somma delle parti. Ne è risultata un’opera che offre un ottimo esempio di condivisione  non competitiva.

Allora ho capito anche le ragioni del mio slancio emotivo nella lettura del libro: la consapevolezza che  non sarò giudicato e non darò giudizi, e che nell’andare avanti posso ancora una volta ripartire dal passato, ricostruirlo per dare gioia al presente e coltivare speranza e fiducia nel futuro, ma soprattutto, che in questo lavoro non sono solo.  Grazie.                 Antonio Ficarola


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