Confermati gli arresti per spaccio a Mingozzi e Venerucci

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LATINA – In seguito alle indagini sullo spaccio di cocaina, sono stati convalidati due arresti e custodia cautelare in carcere per due ragazzi di Latina: Riccardo Mingozzi, 27 anni, sposato con una ragazza ritenuta dalla questura riconducibile al clan nomade Di Silvio, e Simone Venerucci, 23 anni, imparentato con altro gruppo familiare sempre di origine nomade, quello dei Travali, essendo il fratello della ex compagna di un Travali.
La squadra mobile di Latina ha effettuato l’arresto dei due venerdì scorso nel quartiere Sacro Cuore, situato nel capoluogo pontino. Durante la perquisizione, gli investigatori hanno trovato 10,2 grammi di polvere bianca a Mingozzi, che viaggiava in auto con Venerucci, e a casa di Venerucci è stato trovato materiale identico a quello impiegato per confezionare la droga sequestrata al 27enne. Sempre a casa di Venerucci la Mobile ha poi sequestrato un bilancino di precisione e 12.450 euro in contanti, ritenuti provento dell’attività di spaccio. Altri 690 euro, infine, sono stati trovati indosso allo stesso Venerucci, mentre a casa di Mingozzi è stato recuperato un altro bilancino elettronico di precisione.
Nel corso dell’interrogatorio, Mignozzi ha sostenuto che la cocaina sequestrata dalla Mobile era per suo uso personale e che l’aveva acquistata qualche giorno prima al prezzo di 400 euro. Venerucci, invece, ha negato ogni accusa, sostenendo di non avere niente a che fare con la droga né tantomeno di essere a conoscenza che l’amico aveva droga con sé. Si è limitato a dire che si era recato a prendere il 27enne semplicemente perché dovevano andare insieme dal commercialista.
Spiegazione assai poco convincente, se si tiene conto del rinvenimento di numerosi telefoni cellulari con diverse Sim in loro possesso, segno inconfondibile di un’illecita attività svolta dagli indagati. “Significativo – secondo il gip Mattioli non ci sono dubbi sulla loro implicazione nello spaccio di cocaina in quanto le prove sono oltremodo schiaccianti.
Anche il giudice, è dello stesso avviso. Le sue parole: “le modalità del fatto, al di là del quantitativo complessivo, tenuto conto del possesso di strumenti notoriamente utilizzati per il confezionamento delle dosi, tra cui moltissime bustine a chiusura ermetica, appaiono rilevatori di un’attività di spaccio certamente non occasionale e lasciano desumere il pericolo attuale e concreto che gli indagati, gravati da precedenti penali e di polizia specifici, possano commettere reati della medesima specie”. A difendere i due ragazzi gli avvocati Alessia Vita e Giancarlo Vitelli.


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