Dante Alighieri: date, eventi e curiosità

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L’esperienza esistenziale di Dante è stata durissima, nata da una crisi umana, spirituale, affettiva e culturale che ha travolto la sua vita.                                                                                      Marco Frisina                                               

         In questa prima parte cercheremo di fornire dettagliate e curiose informazioni sull’uomo e sul carattere di Dante Alighieri, con particolare attenzione ai suoi limiti e contraddizioni, alle sue debolezze e intuizioni, alle sue passioni ed emozioni, al suo talento e cultura e al suo credo religioso, poetico e politico.                                                                                                      Ha scritto il poeta David Rondoni che «Dante racchiude il basso e l’alto, il mistico e il popolare. Dante è il campione del sentire comune, il più alto e insieme il più popolare dei poeti perché parla a tutti, prende la vita di tutti. Ed è anche interreligioso perché attraverso la sua opera unisce le diverse espressioni spirituali dell’uomo, Dante è però anzitutto un cristiano non è un sincretista, ha apertura di sguardo».

         1265 – Dante Alighieri nacque a Firenze nella parrocchia di San Martino del Vescovo, nel sesto di Porta San Piero (uno delle sei parti in cui era suddivisa la città), nel maggio del 1265 da famiglia guelfa di piccola nobiltà che viveva di rendite agrarie e commerci. La modesta condizione familiare e sociale non gli impedì di condurre una vita di gentiluomo e di studiare retorica. Il padre, Alighieri di Bellincione, guelfo, dopo la battaglia di Montaperti (1260), fu lasciato indisturbato nelle sue faccende private; la madre donna Gabriella appartenne forse alla famiglia degli Abati.

         Il suo più antico antenato, di cui il poeta fa menzione nel Paradiso (XV,135), fu il cavaliere Cacciaguida morto in Terrasanta, combattendo nella seconda Crociata. Il cognome Alighieri deriva dal nome di un figlio di Cacciaguida chiamato così in omaggio alla madre o al nonno materno. Della sua infanzia e dell’adolescenza si conosce ben poco se non che perdette la giovane madre ancora bambino, aveva forse dieci anni, e fu allevato, insieme alla sorella Tana (Gaetana) e al fratello Francesco, dalla matrigna Lapa di Chiarissimo Cialuffi. La perdita precoce di entrambi i genitori non ebbe conseguenze di rilievo nella vita del poeta.

         Secondo l’usanza del tempo, con un atto notarile (1277), Dante fu destinato marito a Gemma di Manetto Donati che sposò dopo la morte del padre, avvenuta nel 1283. Dante Alighieri ebbe quattro figli, Pietro, Jacopo, Antonia e Giovanni.Dei suoi studi sappiamo ben poco e dall’opera Vita nuova (III) conosciamo che a diciotto anni si era cimentato «all’arte di dire parole in rima».

In questo periodo ebbe come amico Guido Cavalcanti, di cui si giovò dell’intelligenza artistica e culturale. Il suo venerato e anziano maestro fu Brunetto Latini verso il quale espresse sempre affetto e gratitudine (Inferno XV, 82-87) per gli alti insegnamenti ricevuti e per averlo avviato all’approfondimento delle discipline filosofiche e letterarie. Da questo maestro imparò l’arte della retorica («l’arte del dire parole per rima»), considerata, a quel tempo, uno strumento utile e necessario per la vita politica.

         I suoi primi interessi di studio si manifestarono verso la poesia volgare italiana, ma anche a quella provenzale, ben più pregiata, nonché a quella latina, in particolare a Virgilio. Ebbe come amici e “corrispondenti” di versi Guido Cavalcanti («primo de li miei amici» – Vita nova III,14), Lapo Gianni e Cino da Pistoia con i quali aveva in comune affinità di propositi e delicatezza di sentimenti. Con questi poeti stilnovisti Dante condivise il suo ideale di vita raffinato e aristocratico.

  Apprese i primi insegnamenti di pittura e musica acquisendo conoscenza tecnica e gusto. Impegnato nell’arte del disegno frequentò artisti come Giotto e Oderisi da Gubbio e forse anche Cimabue. Nei circoli musicali incontrò e strinse amicizia con il musico Casella e il liutaio Belacqua, ricordati tutti nella Commedia.

Nel 1287 si recò a Bologna forse per frequentare le lezioni  all’Università, allo studium, senza conseguire alcun titolo accademico.

   Durante il periodo adolescenziale s’innamorò di Beatrice, una graziosa fanciulla, della famiglia del nobile e ricco cittadino Folco Portinari, che incontrò per la prima volta a nove anni (forse nel maggio del 1274) e poi a diciotto anni diventando «gloriosa donna  de la sua mente» (Vita nova II, I): una esperienza che segnò profondamente la personalità umana e poetica del giovane, e poi dell’uomo.

Nell’opera il Convivio Dante racconta che, dopo la morte di Beatrice, cercò conforto alla sua sofferenza nel De consolatione philosophiae di Boezio e nel De amicitia di Cicerone. In seguito iniziò a studiare con ardore e assiduità filosofia frequentando le scuole teologiche, de li religiosi di Firenze, sia quella dei domenicani di Santa Maria Novella, che proponevano la dottrina di Alberto Magno e di  San Tommaso, sia quella dei francescani di Santa Croce, che proponevano lo studio dei mistici e di San Bonaventura. Per questi studi, che lo portarono a una forma di traviamento filosofico-religioso e anche morale, ricevette, secondo alcuni critici, rimproveri da parte di Beatrice.

La scoperta della filosofia modificò profondamente la fisionomia intellettuale di Dante, inducendolo ad acquisire una più alta e complessa visione della vita, ma non lo distolse dagli interessi letterari che proprio in quegli anni approdarono alla stesura della  Vita nova.

Nel giugno del 1289 Dante, come feditore a cavallo (feditori erano i cavalieri d’attacco che sostenevano in proprio il costo del cavallo e dell’armatura), combatté a Campaldino (battaglia ricordata nella Commedia) contro gli abitanti di Arezzo aiutati dai ghibellini di Toscana (Inferno XXII 4,5) e poco dopo fu presente alla resa del castello di Caprona, conquistato dai fiorentini contro i pisani (Inferno XXI 94 e segg).

Intanto Dante, sempre attento alle vicende del Comune di Firenze manifestò la sua passione politica attraverso una forte volontà di impegno civile. Nel 1294 fu scelto dal Comune, insieme ad altri cavalieri, per onorare Carlo Martello d’Angiò durante il suo soggiorno a Firenze. In questa circostanza il principe angiolino manifestò la sua simpatia verso Dante, promettendogli aiuto e protezione.

         In seguito Dante  si iscrisse alla Corporazione delle Arti dei medici e degli speziali, arti che erano più in sintonia con i suoi interessi scientifici e filosofici. Iscriversi a una corporazione era l’unico mezzo consentito ai nobili non magnati di prendere parte al governo del Comune E così ebbe la possibilità di entrare nella politica militante, nell’attività pubblica militante e servire gli interessi del Comune di Firenze.                                                                                                                                              Dal novembre del 1295 all’aprile del 1296 fece parte del Consiglio del Capitano del popolo; nel 1296, dalla fine di maggio alla fine di settembre fu membro del Consiglio dei Cento, il più importante organo amministrativo del Comune. Nel maggio del 1300 fu ambasciatore al Comune di San Giminiano e in giugno dello stesso anno, in un momento particolarmente travagliato per il governo della città di Firenze,  fu eletto  per il bimestre (dal 15 giugno al 14 agosto) Priore, la più alta carica, benché collegiale, dello Stato.

Dopo la battaglia di Campaldino (1289) la borghesia delle arti, che governava la città, si scisse in due fazioni: i Bianchi capeggiati dalla famiglia Vieri de’ Cerchi  (tipico esempio di «gente nuova» che «i sùbiti guadagni» hanno generato «orgoglio e dismisura» e hanno portato a grande potenza economica) e i Neri capeggiati da Corso Donati (di antica nobiltà feudale, ma di limitate risorse finanziarie). Dante si schierò con i Cerchi meno abili e meno facinorosi, che perseguivano una politica di autonomia.

Nel giugno del 1300, dopo i disordini tra le due parti, i Priori deliberarono di esiliare i capi delle due fazioni, che si opponevano in città anche con le armi e tra questi c’era anche il suo amico Cavalcanti. Nello stesso anno, durante il giubileo (Inferno XVIII 28,33) Dante era a Roma per supplicare il papa Bonifacio VIII a togliere l’interdetto contro la città.

Nel 1301, mentre Carlo di Valois entrava in Firenze, col falso scopo di paciere (in realtà per debellare definitivamente i Bianchi), i Neri, sentendosi protetti, si abbandonarono a saccheggi e a uccisioni, si riappropriarono del domino della città e procedettero alla confisca dei beni e all’esilio dei Bianchi.                                                                                                              Invitato a comparire davanti al podestà per difendersi dalle accuse di baratteria, concussione e opposizione al papa, che gli venivano mosse e non essendosi presentato, Dante fu condannato in contumacia al pagamento di 5000 fiorini piccoli e a dure anni di confino. Il 14 marzo 1302, non essendosi presentato, Dante fu messo al bando ed escluso dai pubblici uffici e fu condannato all’esilio perpetuo e a morte.

La linea politica di Dante era stata con coerenza e rigore orientata in difesa della libertà e degli ordinamenti comunali e in opposizione alla politica temporale della Chiesa.

 


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