Il presidente della Regione Rocca dice No alle scorie nucleari nella Tuscia

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Francesco Rocca ha ribadito il no alla centrale di smaltimento dei rifiuti nucleari nella Tuscia e lo ha fatto alla cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico all’Istituto Magarotto a Roma.

La Tuscia avrebbe, secondo il presidente, già pagato un alto prezzo “essendo stata abbandonata dalla giunta Zingaretti e farò tutto ciò che la legge prevede per impedire che le scorie possano arrivarvi.”

Assolutamente no”, alla possibilità paventata che il Lazio possa ospitare un sito di stoccaggio di scorie nucleari.
“Non se ne parla” ha ribadito, rispondendo al fatto che il Lazio è tra le regioni individuate come possibile sito, e al fatto che il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, è tornato a parlare dell’argomento. “Il Viterbese ha già pagato un prezzo altissimo. È stato abbandonato dalla giunta Zingaretti. L’unica discarica presente è quella di Viterbo – ha ricordato Rocca -. Noi faremo tutto quello che è in nostro potere ed è previsto dalla legge per impedire che le scorie radioattive possano arrivare su quel territorio”.

Questo perché, in base a quanto previsto dalla carta nazionale delle aree idonee pubblicata dall’esecutivo – in base alla lista elaborata dalla Sogin, la società pubblica per lo smantellamento delle centrali atomiche -si trovano oggi in provincia di Viterbo, nella Tuscia, ben 21 dei 51 siti individuati per la realizzazione del contestato deposito nazionale. Si va da Tarquinia a Tuscania, passando per Montalto di Castro (sede di un’ex centrale elettronucleare in realtà mai completata e operativa, dopo la bocciatura del primo referendum del 1987, e poi di un impianto termoelettrico a policombustibile), fino a Canino. E non solo. Oltre al Lazio, invece, altre cinque sono le regioni interessate: Basilicata, Puglia, Piemonte, Sardegna e Sicilia. I Comuni coinvolti? Tutti contrari, neanche a dirlo. Lo scorso marzo pure la giunta comunale di Trino, in provincia di Vercelli, dopo le proteste ambientaliste ha revocato la delibera del 12 gennaio scorso, quando il Comune si era autocandidato a ospitare sul proprio territorio Deposito nazionale e parco tecnologico pur non essendo inserito nella mappa delle 51 aree idonee.

«Il deposito delle scorie non sarà in Sardegna e noi non permetteremo che sia in Sardegna, che ha già pagato dal punto di vista ambientale. La Sardegna non è la discarica d’Italia. Qua sarà molto complicato per il ministro dell’Ambiente poterlo anche solo proporre». A parlare è Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, a margine della Convention “Energies and Transition Confartigianato High School” aperta oggi a Chia.

«Quando ero al ministero, per esempio, ho finanziato un progetto sulla fissione: non c’è una preclusione ideologica», ha proseguito. «Noi vogliamo capire bene quelli che sono i temi reali e industriali di questa tecnologia, perché se ne fa tanto parlare ma i reattori di quarta generazione in questo momento non sono ancora industriali e i mini-reattori non sono ancora disponibili». Secondo Todde, «se in questo momento l’alternativa sono i reattori di terza generazione – già visti in Francia e in Germania, che la Germania sta dismettendo – sicuramente non è la strada che noi vorremmo percorrere. Detto questo la tecnologia va avanti: noi non abbiamo appunto preclusioni ideologiche, ma abbiamo una grande attenzione a come vengono gestiti gli scarti e a come vengono gestite le scorie».

Alessandra Trotta

(Giornalista e scrittrice)


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