Il Purgatorio: la struttura della seconda Cantica

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Quel secondo regno / dove l’umano spirito si purga / e di salire al ciel diventa degno.                                                              Dante Alighieri.

         Se l’Inferno è la cantica più drammatica e movimentata, nel Purgatorio, unico regno oltremondano non eterno, predominano i toni elegiaci e i colori tenui della tristezza e del dolore che redime. Dal coro dolente e pieno di sospiri delle anime che sono disposte sulle sette balze della montagna, dominata dal paradiso terrestre, non emergono personaggi disperati, ma creature rassegnate che il poeta affettuosamente incontra.                   

Nel prologo della seconda Cantica, Dante dichiara che l’argomento sarà meno doloroso di quello dell’Inferno e per questo compito invoca l’aiuto delle muse, e in particolare di Calliope, musa della poesia epica, perché innalzi adeguatamente il tono del canto. Uscito dal buio dell’Inferno il poeta, insieme a Virgilio, contempla il cielo azzurro e si vede accanto il pagano e suicida Catone Uticense, un vecchio dall’aspetto venerando, con capelli e barba lunghi e brizzolati., illuminato in volto  dalla luce di quattro stelle.

Il luogo dove i due poeti sono giunti è un‘isola in mezzo all’Oceano, nell’emisfero australe, sulla quale s’innalza la montagna del Purgatorio che si trova agli antipodi di Gerusalemme. Custode di questa montagna è Catone, già esaltato da Dante nelle altre sue opere (Convivio e Monarchia), simbolo della fedeltà alla libertà morale e posto in questo luogo dove le anime attraversano l’espiazione materiale e spirituale e si vanno conquistando, attraverso la depurazione, la libertà dello spirito e la rinascita.

Virgilio spiega a Catone chi essi siano e la ragione di quel viaggio e gli chiede il permesso di visitare il regno a lui sottoposto. Catone gli ordina di lavare il viso di Dante e di cingerlo con uno dei giunchi che nascono verso la spiaggia; e così Virgilio adempie questo rito simbolico di purificazione e di umiltà. Un angelo, che appare improvvisamente, trasporta nel suo «vasello snelletto e leggiero» le anime dei penitenti che si raccolgono alle foci del Tevere per essere trasportate in Purgatorio.

Tra le anime una riconosce Dante e lo abbraccia. È il musico fiorentino Casella, che per far piacere all’amico, intona un suo canto dolcissimo (Amore che ne la mente mi ragiona composto dal poeta dopo la morte di Beatrice), che fa dimenticare a tutti, compreso Virgilio, ogni altra cosa, finché non sopraggiunge Catone, che rampogna le anime dell’indugio e le fa correre verso il monte. Anche i due poeti giungono alle pendici del monte che, a tronco di cono e terrazze, si presenta scosceso e senza via. Ecco presentarsi le prime anime dei morti in contumacia di Santa Chiesa. In questa schiera c’è l’imperatore Manfredi che rievoca con squisitezza d’animo la sua morte e la triste sorte toccata al suo corpo, sottratto alla sepoltura e disperso presso Benevento.

Inerpicandosi in un sentiero rapidissimo del monte, Dante e Virgilio si trovano nell’Antipurgatorio, dove incontrano le anime che tardarono a pentirsi fino all’estremo della vita e perciò debbono aspettare prima di iniziare la vera e propria espiazione nel Purgatorio, il luogo intermedio per eccellenza e di passaggio.

L’Antipurgatorio presenta diversi balzi. Nel primo balzo, dove si trovano coloro che tardarono a pentirsi per pura negligenza, Dante incontra il liutaio Belacqua con il quale dialoga mettendo in risalto l’ardore del carattere di Dante.

 Lasciate queste anime, i due poeti incontrano una schiera che avanza cantando “Miserere”; sono i negligenti morti violentemente. Tra questi sono Iacopo del Cassero, Buonconte da Montefeltro e Pia dei Tolomei. Dopo il drammatico racconto di Buonconte che spiega perché non si trovò il suo corpo nella battaglia di Campaldino, segue la triste elegia di Pia dei Tolomei che, con poche battute («ricorditi di me»), viene delineata per il suo carattere di squisita delicatezza.

Mentre Dante e Virgilio cercano di salire, i due incontrano l’anima del mantovano Sordello, che se ne sta soletta e sdegnosa. Appena Virgilio pronuncia il nome della loro comune terra natale, il concittadino corre verso di lui e lo abbraccia con gran festa. Dante, di fronte a questo spettacolo, pensando per contrasto agli odi e alle lotte tra le varie città d’Italia e tra le diverse fazioni della stessa città natale, irrompe con la famosa invettiva Ahi serva Italia, mettendo in risalto la deplorevole assenza dell’autorità imperiale, causa del disordine e delle guerre fratricide in Italia, e l’illecita ingerenza della Chiesa nelle cose politiche terminando con amare sferzate contro l’arrogante popolo fiorentino.

Poiché di notte non è possibile salire nel Purgatorio, i due poeti sostano nella valletta, dove incontrano i regnanti del tempo, che avevano tardato a pentirsi dei loro peccati. Qui Dante parla con un altro amico, il giudice di Gallura, Nino Visconti, e ascolta da Corrado Malaspina la «profezia dell’accoglienza» che riceverà dai suoi congiunti. Prima di entrare nel Purgatorio un angelo con la punta della spada incide sulla fronte di Dante sette P, che sono le piaghe dei peccati che egli dovrà lavare.

Il Purgatorio è strutturato in 7 gironi in ciascuno dei quali si espia uno dei 7 peccati mortali, cominciando dal più grave. Nel primo girone si trovano i superbi, dove Dante ammira dapprima esempi di umiltà scolpiti nella roccia della parete e poi altre sculture sul pavimento che rappresentano esempi di superbia punita.

Le anime dei superbi camminano lentamente oppresse sotto il peso dei massi e sono costrette a una continua contemplazione delle sculture e recitano il Pater noster. Dante incontra tre personaggi, esponenti di tre diverse categorie di superbi: Omberto Aldobrandeschi, l’amico Oderisi da Gubbio e Provenzan Salvani, superbi rispettivamente, per la nobiltà dei natali, per l’eccellenza dell’arte e per l’altezza della condizione sociale.

Prima di salire al secondo girone un angelo toglie una delle 7 P sulla fronte di Dante, che diventa subito più lieve e spedito. In questo girone sono punti gli invidiosi, che sono coperti di «vil ciliccio» e hanno gli occhi cuciti con fili di ferro. Il poeta incontra figure di rilievo come Sapìa da Siena e Guido del Duca.                                                    

Nel terzo girone si trovano gli iracondi che sono immersi entro un soffocante fumo, e Dante parla con Marco Lombardo che gli spiega come la corruzione del mondo sia dovuta alla carenza del potere temporale e spirituale. I due poeti giungono verso il tramonto e Virgilio, per una sosta forzata, approfitta per spiegare a Dante la struttura morale del Purgatorio fondata sull’amore, principio e cagione di ogni vizio e virtù.

Nel quarto girone ci sono le anime degli accidiosi. Salendo ulteriormente al quinto girone vi sono gli avari e i prodighi, che giacciono bocconi a terra legati nei piedi e nelle mani. Dante parla con il papa Adriano V e il re Ugo Capeto e poi con il poeta latino Stazio, maestro di epica, che, non sapendo di aver davanti a sé Virgilio, esprime la sua ammirazione per l’autore dell’Eneide e, solo dopo averlo riconosciuto, tende ad abbracciarlo, dimenticando che entrambi sono ombre senza corpo.

Nel sesto girone Dante e Virgilio, insieme con Stazio, incontrano la schiera dei golosi che sono resi irriconoscibili per la magrezza determinata dalla fame e dalla sete di cui soffrono. Dante è riconosciuto dall’amico e poeta Forese Donati con il quale aveva scambiato volgari sonetti. Con un’altra anima,  Bonaggiunta da Lucca, Dante ha un breve colloquio per mezzo del quale indica i caratteri che, secondo lui, differenziano la poesia del «dolce stil nuovo» da quelle dei rimatori precedenti.

Nel settimo girone si trovano i lussuriosi suddivisi in due schiere, gli incontinenti e i peccatori contro natura, che camminano in direzioni opposte e, quando s’incontrano, si scambiano un breve bacio e gridano il proprio peccato. Dante parla con Guido Guinizelli riconosciuto e salutato come “padre”, fondatore dello Stilnuovo, e ammirato per le sue dolci poesie d’amore.

Dopo un’esitazione di Dante nel proseguire il cammino, Virgilio lo stimola ad andare avanti per poter vedere al di là Beatrice e lo informa, solennemente, che il suo compito di guida finisce perché ormai Dante, dopo la purificazione dai peccati, ha conquistato la libertà dell’arbitrio. Dante si addentra nella foresta che occupa la vetta del Purgatorio che costituisce il Paradiso terrestre. In questo luogo il poeta giunge fino a un ruscello sulla cui opposta riva incontra la misteriosa Matelda che gli fa da maestra e guida prima di incontrare Beatrice che appare velata su un carro in una processone di personaggi.

Dante, assistito da Matelda, che simboleggia la condizione umana prima del peccato originale, beve le acque dolcissime di due ruscelli, Letè (simbolo dell’oblio del male) ed Eunoè (simbolo del ricordo del bene) e ormai libero dai ricordi di umane colpe e pieno del gusto del bene, si sente «puro e disposto a salire a le stelle» (XXXIII canto, ultimo verso del Purgatorio).

  

 

 


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