Il Viandante sul mare di nebbia, l’eterna sfida dell’uomo alla natura

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Il dipinto di Friedrich, icona del Romanticismo, rappresenta l’uomo ai tempi del Covid-19: solo e isolato, è costretto ad accettare il duello con la natura.

SOLITUDINE E ISOLAMENTO DELL’UOMO – C’è un dipinto che più di tutti gli altri in questo momento ci rappresenta. Raffigura l’uomo e la sua eterna sfida alla natura. Il Viandante sul mare di nebbia, dipinto nel 1818 dal pittore di Dresda Caspar David Friedrich, appartiene alla corrente romantica tedesca, che si differenzia dagli altri movimenti artistici francesi e inglesi perché lo stile si rivela più introspettivo e meditativo, fotografando l’uomo nella sua solitudine e nel suo isolamento, pronto ad accettare il duello con la natura. Friedrich raccontava una grande verità: “L’arte non è rappresentare fedelmente la natura, ma le emozioni che suscita nell’uomo”. I suoi paesaggi sono mistici e inquietanti, fortemente evocativi.

Il significato della sua opera più famosa richiama anche il concetto wanderlust, che letteralmente significa il desiderio (lust) del vagare (wander), cioè la descrizione dell’uomo che non riesce a stare troppo nello stesso luogo, perché la sua sete di conoscere luoghi nuovi e inesplorati è troppo forte.

“Racchiude la contemplazione dell’infinito, la consapevolezza di essere nudi di fronte alla maestosità della natura, l’eterna sfida verso l’ignoto. Ecco, io sono posseduto da quella che i tedeschi chiamano wanderlust, l’impossibilità di stare fermi da una parte e attendere che gli eventi scorrano. No, agli eventi si va incontro” (José Cavalcanti).

Non è un caso che Il Viandante sul mare di nebbia sia citato in alcuni romanzi. Questo ne è un esempio.

 

– Ho fatto una promessa a un sacerdote…

– Tu?!

– Sì, io.

– Stento a crederlo, va avanti.

– Mi hanno affidato due ragazzi africani minorenni. E devo farli ricongiungere con i genitori a Roma. Stop.

– E dove sei adesso?

– A Ceuta.

– Cioè dove hai concluso il precedente incarico?

– Esatto.

– E come credi di portarli a Roma?

– Sul sidecar, suppongo.

– Starai scherzando, spero. Tra poco scoppierà un casino in Europa…

– Cholito, hai presente il dipinto Viandante sul mare di nebbia?

– Non amo l’arte.

– È opera del pittore tedesco Caspar David Friedrich.

– Odio i tedeschi. Ci hanno rubato i Mondiali di calcio del 1990 e del 2014.

– Dissotterra l’ascia di guerra, sto parlando di pittura.

– Non m’incanti, José.

– È quella tela dove in primo piano c’è un uomo sul ciglio di un burrone, fissa un orizzonte avvolto dalla foschia, lui è concentrato a osservare quel panorama perché non si scorge dal paesaggio nessun segno di ospitalità…

– Cosa stai cercando di dirmi, jefe?

– Quell’opera rappresenta un’icona del Romanticismo, racchiude la contemplazione dell’infinito, la consapevolezza di essere nudi di fronte alla maestosità della natura, l’eterna sfida verso l’ignoto. Ecco, io sono posseduto da quella che i tedeschi chiamano wanderlust, l’impossibilità di stare fermi da una parte e attendere che gli eventi scorrano. No, agli eventi si va incontro.

– José, hai finito di recitare? Non sono una donna da sedurre.

– E io che spreco il mio sapere con te…

– È una missione suicida, ti rendi conto?

– È proprio il richiamo dell’incertezza a spingermi ad accompagnare questi due ragazzini fino a Roma.


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