La confraternita degli assassini

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Un grande thriller storico   

di Marcello Ciccarelli e Bruno Di Marco 

È la narrazione che ci rende umani. La narrazione corrisponde sempre, in un modo lineare, all’esperienza umana. 

George Steiner 

Due date, 9 maggio 1408 (arrivo a Roma) e 9 ottobre 1447 (Urbino) sono il perimetro cronologico del romanzo storico, La confraternita degli assassini, scritto  da Marcello Ciccarelli e Bruno Di Marco (Newton Compton Editori), un libro avvincente, appassionante e istruttivo, ben documentato, «un grande thriller storico», come recita il sottotitolo, che catalizza la curiosità del lettore.

I due autori, il primo professore di matematica e il secondo insegnante di storia dell’arte, sono noti e apprezzati professionisti nel nostro territorio, in particolare nella città di Latina, per la loro competenza tecnico-scientifica, la loro abilità narrativa e la loro capacità affabulatoria, riscontrabili nella profonda conoscenza delle dinamiche del romanzo giallo.

I due autori, che nella narrazione ben articolata e compatta, armonizzano le loro competenze professionali di tipo scientifico matematico e storico artistico, mostrano una raffinata tecnica di costruzione dei personaggi e una fitta trama di rimandi storici e descrittivi che tessono consapevolmente in uno straordinario sforzo di sistematicità.

Ammirevole è il loro gusto per l’intreccio e l’avventura, mediati da un interesse storico per la ricerca documentaria, e il piacere della rappresentazione avventurosa di vicende umane palpitanti di sentimenti e passioni sullo sfondo di grandi avvenimenti che hanno segnato la storia di famose città d’arte come Roma, Farfa, Urbino e soprattutto Firenze.

La confraternita degli assassini è un romanzo giallo, scritto a quattro mani, che assume la storia come oggetto e fondamento della narrazione, un thriller originale nella trama e nei contenuti storico-artistici e nel ritmo incalzante, coinvolgente e a volte anche spigoloso,  pieno di improvvisi  colpi di scena.

La narrazione, che strizza l’occhio a celebri romanzi della letteratura italiana come I promessi sposi di Alessandro Manzoni (in riferimento ai bravi, messer  Michele e Nasotorto) e Il nome della rosa di Umberto Eco (ambienti religiosi, cattedrali, abbazie come quella di Farfa), sviluppa un intenso intreccio thriller fortemente attraente, avvalendosi dei procedimenti tipici della suspense che produce, nei lettori, uno stato emotivo di forte tensione e inquietudine, paura e brivido e addirittura di terrore.                 La storia narrata, ricca di intrighi e di eventi imprevedibili, è arricchita da suspense continua, utile per mantenere in crescente ansia il lettore con manovre e congiure inquietanti, con contrasti tra fazioni e morti sospette, strane e inspiegabili, con soprusi e violenze inaudite, con avvelenamenti e aggressioni improvvisi, con crimini inaspettati e guerre continue che fanno da sfondo.

Leggere il romanzo di Ciccarelli e Di Marco è come inoltrarsi in un labirinto di specchi in cui la realtà storica narrata si trasforma, passo dopo passo, nei ventuno capitoli che compongono il libro, avvincente per gli ingredienti ben calibrati del mistero, della suspense e dei numerosi colpi di scena.

La complicata trama, in maniera sintetica, è imperniata sulle intriganti vicende di Isidoro, un matematico, un crittografo, un maestro di abaco proveniente da Damasco e approdato nei primi anni del XV secolo nella città eterna insieme alla figlia Nour, dotata di una intelligenza e una memoria straordinaria. Questo personaggio centrale ed enigmatico, dall’aria misteriosa e dal carattere deciso, capace di ragionare di calcolo, possiede doti particolari: talento, sapienza, eleganza e pacatezza.

I due protagonisti, padre e figlia, con le loro vicissitudini agiscono in città come Roma, Farfa, Firenze e Urbino, che rappresentano centri importanti della cultura artistica dell’epoca, dove interagiscono figure eccellenti dell’arte italiana del Quattrocento come Filippo Brunelleschi, Masaccio, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Luciano Laurana e una miriade di personaggi tra i quali spiccano i frati domenicani Teomondo e Agostino, intransigenti custodi della tradizione religiosa cattolica e della superiorità della fede rivelata sulla ragione scientifica.

Lo sfondo storico, ben ricostruito nel clima e nelle cupe atmosfere dell’epoca, è rappresentato dalle inquietanti lotte teologiche e politiche all’interno della Chiesa romana del tempo alle prese con i Concili di Costanza, Ferrara, Firenze e con i conflitti tra i sostenitori della fede e della ragione per il rinnovamento della cultura, dell’arte e della scienza. Sotto questo profilo accurate, da parte dei due autori, sono le pagine che descrivono e documentano il clima politico e religioso e il fermento artistico dell’epoca.

È auspicabile che il romanzo, La confraternita degli assassini, per la sua scrittura lineare e finemente curata con un linguaggio nudo e cronachistico e per lo stile secco e asciutto, che agevola una lettura snella, abbia successo presso una vasta platea di pubblico giovane, e non solo, di lettori e di lettrici, che prediligono il giallo come genere letterario.

 

 

 


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