Prendendo spunto da uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli, in cui si parla di sanità e posti etto tagliati, pubblicato sul supplemento odierno de “La Repubblica”, riportiamo la riflessione di Carlo Brugnola, ex direttore amministrativa dell’Asl di Latina.
“In primo luogo occorre ricordare che lo standard dei posti letto è stato ridefinito da ultimo con il decreto interministeriale n. 70/2015 firmato dalla Lorenzin e da Padoan ma dopo il parere favorevole della conferenza Stato-Regioni, per cui il rapporto del 3,7 (p.l. acuti + p.l. riabilitazione) non è stato imposto dal cielo, ma è frutto di una scelta che è stata condivisa da tutti i presidenti (o dai loro rappresentanti delle regioni). Il problema è che in molte parti d’Italia, ma anche nel Lazio, il rapporto non è stato applicato tenendo conto della popolazione delle province e quindi assicurando il mantenimento del rapporto in ognuna di esse, ma a livello regionale per cui a Roma troviamo un rapporto più elevato mentre nelle province abbiamo un rapporto più basso.
La Regione Lazio ha recepito il DM 70 con il DCA U00257/2017 stabilendo i posti letto delle varie strutture pubbliche e private.
Ma non basta, perché benché i dati demografici siano uno dei dati più trasparenti nel nostro Paese, mentre la popolazione della provincia di Latina saliva, i letti diminuivano, così il rapporto è sceso sempre più.
Il risultato si può vedere nel grafico che ho pubblicato. Siamo anche ben al di sotto dello standard atteso.
Attualmente il rapporto complessivo dei posti letto (pubblici e accreditati) della provincia per acuti è del 2,26×1000 anziché del 3,00×1000.
Ma questo è il dato complessivo, se poi andiamo più in particolare scopriamo che all’inizio della pandemia ci mancavano i posti letto di terapia intensiva, quelli di malattie infettive, non c’era un posto di pneumologia, ecc. ecc.
Maggiori dettagli si troveranno nel mio prossimo “Libro bianco sulla sanità della provincia di Latina”.


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