La Torre di Federico, la Festa del Tartufo, il Dramma Popolare. I tre cardini su cui ruota San Miniato. Tre rivoli che si diramano tra storia, eccellenza agroalimentare e cultura teatrale andando a confluire nell’amena cittadina che, giusto a mezza strada tra Firenze e Pisa, dalla sua posizione strategica domina tutta la piana dell’Arno. Qui, per tenere sotto controllo il territorio, Federico II di Svevia fece erigere una rocca, tra le cui mura, leggenda vuole, fu ristretto e accecato Pier delle Vigne. Qui si raccoglie il pregiatissimo Tuber magnatum pico, il tartufo bianco tra i più rinomati d’Italia, che per la sua Mostra Mercato, nei week-end del mese di novembre, trascina in città migliaia e migliaia di visitatori. E qui nasce la Festa del Teatro. Una tradizione marmorea che quest’anno vivrà la sua 74esima edizione. Una collana che ha inanellato la sua prima perla nel 1947, quando ancora sulla pelle degli italiani erano evidenti i segni di una guerra cruenta, combattuta anche tra le mura domestiche. “Ricostruire le coscienze degli uomini lacerate e divise dalla guerra” fu il motivo conduttore che accompagnò la nascita dell’evento. Il cosiddetto “Teatro dello Spirito”, intendendo con ciò tutti quei testi che, rappresentati negli anni, “si pongono il problema della ricerca del senso e del significato della vita, anche in maniera conflittuale e non risolta, e che anelano ad una risposta più alta, in un rapporto dialettico ed entusiasmante con l’alterità, vista non come limite, a volte opprimente, dell’uomo, ma, al contrario, come possibilità di risposta alle domande fondamentali della mente umana”. Nemmeno la pandemia riesce a fermare la marcia del Dramma Popolare di San Miniato, una delle fondazioni artistiche più longeve del panorama nazionale, presieduta oggi dal dott. Marzio Gabbanini. Andrà avanti nonostante qualche preoccupazione ancora diffusa, nonostante le mascherine da indossare e il distanziamento sociale da adottare. Perché “la cultura ricopre un ruolo fondamentale nella ripartenza post coronavirus, è essenza stessa della nostra storia”, come ha sottolineato, nel corso della conferenza di presentazione, Antonio Guicciardini Salini, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato. E quelle tavole del palco allestito sull’amplissimo sagrato del Duomo di miti dell’olimpo teatrale italiano ne hanno visti passare. A calpestarle nel corso dei decenni sono stati, tanto per fare dei nomi, attori del calibro di Giulio Bosetti, Ernesto Calindri, Rossella Falk, Arnoldo Foà, Carla Fracci, Nando Gazzolo, Giancarlo Giannini, Remo Girone, Giuliana Lojodice, Evi Maltagliati, Valeria Moriconi, Gastone Moschin, Ave Ninchi, Ilaria Occhini, Giancarlo Sbragia, Mario Scaccia, Aroldo Tieri, Luigi Vannucchi. Sotto la regia di altri mostri sacri: Luigi Squarzina, Franco Enriquez, Sandro Bolchi, Aldo Trionfo, Josè Quaglio, Sandro Sequi, Beppe Menegatti, Ugo Gregoretti, Giancarlo Sbragia, Pino Manzari, Krzysztof Zanussi. E, giusto per trovare agganci con la provincia pontina, nel 2009 fu portata in scena anche un’opera della scrittrice Elena Bono di Sonnino. Già, Sonnino, la città pontina legata proprio alla toscana San Miniato da un solido Patto d’Amicizia stretto ufficialmente nel novembre del 2014.
Aperta il 5 luglio da “Panico ma rosa” di Alessandro Benvenuti, cui fanno fatto seguito “Albania casa mia” di Aleksandros Memetaj (8 luglio), “La storia della colonna infame” (10 luglio) “L’abisso” di Davide Enia (13 luglio), la rassegna proseguirà con “La vita salva” (17 luglio), “Non plus ultras” di Gianni Spezzano e Adriano Pantaleo, sulla violenza negli stadi, (20 luglio), “Canto per la terra ferita” (23 luglio). Serata finale il 27 luglio affidata a Matteo Corradini con la prima assoluta de “Il muro The block”.


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