L’angolo delle curiosità su Dante Alighieri

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Curiosità su Dante

Vien dietro a me, e lascia dir le genti:

sta come torre ferma, che non crolla

già mai la cima per soffiar di venti. 

Dal Purgatorio  Canto V. 13-1         

Il Dantedì è la giornata dedicata al poeta Dante Alighieri istituita dal governo italiano su proposta del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Questa iniziativa è nata da un’idea lanciata nel 2017 sul quotidiano Corriere della Sera dal giornalista Paolo Di Stefano. Il nome è stato coniato con il linguista Francesco Sabatini.

Marco Frisina, biblista e compositore, ha composto l’opera teatrale La Divina Commedia, prima trasposizione musicale del capolavoro dantesco. Frisina è l’autore delle emozionanti musiche che, partendo dalle sonorità del rock, esprimono la drammaticità dell’Inferno e, attraverso le struggenti melodie del Purgatorio, giungono al Paradiso, dove arie sinfoniche accompagnano un’esplosione di colori e luci.

Marco Santagata, recentemente scomparso, nel libro Come donna innamorata ha narrato la storia del Sommo poeta Dante Alighieri. L’autore ha regalato al lettore  un Dante fragile e fatto delle stesse debolezze di cui sono fatti tutti gli uomini. Lo scorgiamo negli attimi vissuti nell’intimità di casa a fianco a Gemma Donati, nei tormenti dell’esilio nel suo essere  amato e bistrattato. Lo scrittore ci pone a fianco dell’Alighieri nell’attimo esatto in cui egli decise che lui quella donna (Bice Portinari) l’avrebbe cantata anche da morta, perché quell’amore non era di carne.

Dante Alighieri ha cantato nel famoso sonetto, Guido, i’ vorrei che tu e Lapo e io/fossimo presi per incantamento, la stretta amicizia che ebbe con Guido Cavalcanti, definito «il primo amico» con il quale si imbarca su un vascello per parlare d’amore in una specie di pudicissima orgia sentimentale-filosofica.

La Commedia, che era l’unica opera non latina che si considerava degna di una pubblicazione corredata da commento, sarà chiamata Divina soltanto nel 1555 in una edizione veneziana curata da Ludovico Dolce.

Nel Trecento il poeta e scrittore Franco Sacchetti racconta che i versi di Dante erano mandati a memoria (e stroppiati) dai popolani; le cantiche si leggevano in modo trasversale alle classi, per l’uso nello stesso tempo morale, religioso ed enciclopedico offerto dall’immaginario dantesco. Nella prima metà del Quattrocento Dante era molto diffuso, quali l’unico testo volgare nelle biblioteche delle classi elevate. I commenti alla Commedia erano ampiamente utilizzati perché costituiva per i lettori del tempo un deposito divulgativo di conoscenze e di dottrine. Nelle corti principesche di Milano, Mantova e Napoli, la Commedia veniva offerta in lettura ai principi e alla loro cerchia, commentandola verso a verso.          

Il famoso poeta Luigi Pulci (Firenze 1432 – Padova 1484) utilizzò largamente il deposito linguistico della Commedia per il Morgante (storia epica e parodistica di un gigante che convertito al cristianesimo si mette al seguito di Orlando) e i sonetti.

Il poeta e scrittore Davide Rondoni ha scritto recentemente che Dante è vicino alla gente più di quanto si pensi. Spesso ci si chiede come far giungere alle persone la grandezza del Poeta, che in realtà è già vivo nei temi della vita.

L’abbazia di S. Croce di Fonte Avellana  è una straordinaria costruzione posta come ricorda Dante nel XXI canto del Paradiso: «Tra due liti d’Italia surgon sassi/et non molti distanti a la tua patria/… Et fanno un gibbo che si chiama Catria/di sotto al qual è consacrato un hermo…». Questi versi sono riprodotti dall’edizione principe della Commedia stampa a Foligno nel 1472 da Johannes Numeister.

 

 

 

 


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