Le grandi opere di Gian Lorenzo Bernini nella Basilica di San Pietro

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Quando si entra in un luogo tanto splendido e ricco di tesori come la basilica di San Pietro, è naturale che lo sguardo corra verso l’alto, oppure tutto intorno… È molto più difficile che ci si fermi    a guardare per terra. Ma è un vero peccato, perché i pavimenti di San Pietro sono un enorme, vastissimo capolavoro unico al mondo.                                                                              Alberto Angela

Nel corso della sua carriera Gian Lorenzo Bernini fu impegnato in imprese monumentali sempre più difficili come dimostrano le numerose opere che si possono ammirare dentro la maestosa basilica di San Pietro. L’artista progressivamente privilegiò l’ideazione a discapito di quello più specifico dell’esecuzione che affidò, in larga parte, a una schiera di collaboratori, come Giuliano Finelli, Andrea Bolgi, Francesco Baratta e Antonio Raggi, ben inseriti nella sua bottega.

Tra le grandi opere del Bernini nella Basilica di San Pietro si può ammirare il Baldacchino bronzeo dorato (1624-1633), posto al centro della crociera, sotto la cupola di Michelangelo. Un’enorme quantità di metallo asportato dal portico del Pantheon.               Fu il suo primo vero e proprio banco di prova dell’artista che aveva appena ventisei anni. Con questa imponente opera, destinata ad arricchire l’altare maggiore, ebbe inizio la lunga attività dell’artista per il “nuovo” San Pietro. Era uno dei nodi spaziali più impegnativi dell’intera basilica e Bernini dimostrò di aver pienamente raggiunto la sua maturità, dimostrata nel 1626 dalla statua Santa Bibiana nell’omonima chiesa e da quella di San Longino in San Pietro.

Le colonne tortili, a spirale, che reggono l’enorme struttura del Baldacchino sono in bronzo decorato con episodi festosi di putti che giocano, tralci di alloro, lucertole e con le api, emblema araldico della famiglia Barberini. Il motivo della colonna tortile e della vite suggerisce un’idea di movimento rotatorio e quindi di una espansione progressiva e spiraliforme. Le colonne riprendono il motivo a spirale di alcune colonne del basso impero, appartenenti alla precedente basilica paleocristiana eretta da Costantino, che Bernini recuperò per sistemarle nella decorazione dei piloni che sorreggono la cupola. Questa scelta costituì un segno di continuità, un parallelo tra il massimo tempio della prima cristianità e quello della Chiesa moderna trionfante.

Dopo aver realizzato il Baldacchino Bernini si interessò delle Logge delle reliquie che, poste a coronamento dei piloni, ospitavano alcune delle spoglie conservate nella basilica: la lancia di san Longino, la testa di sant’Andrea, il Volto Santo e un frammento della Croce Croce.

Nel 1628 Bernini iniziò a scolpire la statua in marmo di San Longino, commissionata dal papa Urbano VIII. Questa figura monumentale, realizzata per le nicchie-reliquiari nei piloni che sorreggono la cupola di San Pietro, è caratterizzata dal gesto ampio delle braccia e dal pesante panneggio. In questa prima opera per la basilica della cristianità l’artista risponde alla necessità di una veduta completa, da lontano, della figura, accentuando i contrasti di luce e l’idea di una visione frontale e pittorica del santo chiuso entro la nicchia.                                                                                            Nell’abside della basilica, con il suo sfarzo e valore simbolico si trova la grande macchina scenografica della Cattedra di San Pietro (1657-1666) in una raggiera di luce dorata. Creazione barocca di ricchissima fantasia, in cui ancor più che i singoli particolari conta il complessivo effetto di esaltazione luministica.

Questa grandiosa cattedra in bronzo, alta 7 metri, considerata come ideale conclusione e come traguardo sublime dell’ampia navata centrale, è una sorta di gigantesco reliquario, che racchiude all’interno un trono di legno e avorio di epoca carolingia, donato da Carlo il Calvo a papa Giovanni VI nel IX secolo. Il suo significato simbolico è accresciuto dal fatto che l’insieme è collocato sopra un altare, dove al centro, nella vetrata ovale è posta la colomba dello Spirito Santo. Sullo schienale è raffigurato in bronzo dorato il rilievo del Pasce oves meas, l’atto con cui Cristo affida il gregge dei fedeli a Pietro. In alto due putti reggono le chiavi e il triregno, simboli del potere temporale e spirituale del papa.

In primo piano con la mitria, ci sono le statue dei padri della Chiesa d’Occidente: sant’Ambrogio a sinistra, in atto di avanzare, visto di profilo, e sant’Agostino, a destra, dal piviale ricamato e l’aria assorta, che tiene in mano un libro chiuso. Ai due angoli, appena arretrati, ci sono i Padri della Chiesa d’Oriente, sant’Anastasio e, a destra, san Giovanni Crisostomo raffigurati a testa scoperta secondo l’iconografia dei vescovi greci. Le quattro statue in bronzo, in parte dorato, sono alte più di cinque metri e mezzo.

In un insieme fastoso di stucco dorato, gli angeli e i cherubini si muovono con varietà di pose tra le nubi e con esuberanti panneggi tra i raggi della Gloria divina. Sono illuminati da una scenografica luce che proviene da un lanternino abilmente nascosto.

Nell’immenso patrimonio artistico di San Pietro, oltre al Tabernacolo della Cappella del SS. Sacramento, è possibile ammirare la Statua equestre di Costantino (iniziata nel 1654 e terminata dieci anni dopo), che si trova nell’atrio della basilica, vicino alla scala regia del Palazzo Apostolico. L’artista con quest’opera intende rappresentare due episodi: la celebrazione della vittoria di Costantino sull’imperatore Massenzio e il momento della visione da lui avuta la notte prima della battaglia, quando gli apparve una croce, con la scritta in hoc signo vinces, a indicare il suo prossimo successo militare e, come diretta conseguenza della conversione, la diffusione del cristianesimo.                             

La figura di Costantino a cavallo, resa con vigore e senso di movimento, è posta su un alto basamento, con alle spalle un grande tendaggio scenograficamente drappeggiato in un insieme teatrale, per ottenere il quale il Bernini, indicato come il «regista del Barocco», usa anche gli espedienti della luce, che proviene da una finestra nascosta dall’arco architettonico, e del cartiglio con la scritta apparsa nel sogno.

Nella Basilica vaticana si trova anche il Monumento funebre del pontefice Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini), iniziato nel 1628 e concluso nel 1647. Con quest’opera, collocata significativamente nella tribuna a destra della cattedra di San Pietro, lo scultore rinnova il genere del monumento funerario e propone un diverso modo di concepire il sepolcro, unendo le diverse arti per creare un effetto unico complessivo.                                                                                                                  Il pontefice è colto nell’atto di benedire con un gesto solenne e forte, accompagnato in maniera veristica dal movimento della veste e del piviale. La figura rappresentata è fusa in bronzo come lo scheletro della Morte, che siede poco più in basso sul sarcofago, mentre scrive su un libro il nome di Urbano VIII.                                                                                                       Con grande effetto Bernini sperimenta il valore della cromia usando questo materiale per tutte le parti dell’opera («il meraviglioso composto tra le arti») in diretto rapporto con il defunto, mentre le due allegorie della Carità e della Giustizia sono in marmo bianco. Le due figure femminili e i bambini, che le accompagnano, esprimono grazia e morbidezza e nello stesso tempo grande tenerezza e vitalità.  

Nella Basilica si trova anche il Monumento funerario del pontefice Alessandro VII (1671-1678) Fabio Chigi, uomo di grande cultura che amava le arti, Il papa è rappresentato in alto al centro, in ginocchio su un cuscino con le mani giunte. Più in basso lo circondano le figure allegoriche della Prudenza e della Giustizia (dietro), della Carità e della Verità (in primo piano). La figura del papa, insieme alle figure allegoriche, è realizzata con un marmo chiaro e questo indica che il pontefice è rappresentato in tutta la sua umana vulnerabilità.

Quest’opera intimistica e lirica, poco celebrativa e molto personale, fu iniziata da Bernini settantenne che certamente sentiva la morte vicina. Il pontefice prega, mentre la Morte dal volto coperto solleva un grande drappo rosso che copre una porta chiusa. La clessidra, che lo scheletro tiene in mano, indica che giungerà presto l’ora di aprirla.

Il monumento rimanda a significati più profondi sia di natura apologetica che morale perché esalta il ruolo della fede e della preghiera, intese come strumenti di salvezza. Il Bernini nel realizzare questa tomba pensava anche a se stesso e alla propria vita che ormai giungeva alla fine. Infatti, appena due anni (1680) dopo la conclusione del sepolcro, morì e con lui si chiudeva una grande stagione artistica e un’intera epoca.


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