Nato a Vinci nel 1492 e morto ad Amboise (dove si dice che i suoi resti furono trafugati durante la Rivoluzione Francese) nel 1519, fu un pittore, scultore, architetto, ingegnere e scrittore italiano.
Figlio naturale del notaio Ser Piero da Vinci, fu educato nella casa del nonno paterno fino al 1465, quando seguì il padre a Firenze ed entrò nella bottega di Andrea del Verrocchio.
Iscritto fin dal 1472 nella compagnia di San Luca dei pittori fiorentini, presso il Verrocchio, acquistò rapidamente vasta pratica e approfondite conoscenze nelle diverse tecniche artistiche, collaborando direttamente col maestro all’esecuzione del Battesimo di Cristo e fornendogli anche probabilmente idee e invenzioni per numerose opere di scultura.
Al primo decennio di attività, che si inserisce nel filone figurativo cui appartengono col Verrocchio, Lorenzo di Credi, il Pollaiolo, il giovane Botticelli, risalgono, oltre a numerosi disegni, l’Annunciazione degli Uffizi, il Ritratto di Ginevra Benci, che rinnova lo schema del ritratto fiorentino, la Madonna di Benois e la Madonna del Garofalo, il San Girolamo e l’Adorazione dei Magi, commissionata nel marzo del 1481 dai monaci di San Donato a Scopeto e lasciata incompiuta alla partenza per Milano.
Vicina a quest’opera, per l’estrema delicatezza degli effetti atmosferici, è la prima versione della Vergine delle rocce, dipinta per la Confraternita della Concezione in San Francesco Grande a Milano.
Nel dipinto, le persone sacre appaiono immerse nella penombra su uno sfondo di rocce e di acque che suggerisce l’idea di una indefinita lontananza nel tempo e nello spazio, mentre il dialogo dei gesti e degli sguardi visualizza il misterioso legame che le unisce.
A Milano, al servizio di Lodovico il Moro per quasi un ventennio, Leonardo preparò il grande modello in terra del cavallo per il monumento a Francesco Sforza, progettò come ingegnere ducale lavori di idraulica e di bonifica, sistemazioni architettoniche e urbanistiche, apparati e complicati congegni per feste, giostre e spettacolo di corte, eseguì la decorazione della Sala della Asse e di altri ambienti del Castello Sforzesco.
Sempre a Milano, nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, dipinse il Cenacolo: una delle opere capitali di tutto il rinascimento per la solenne monumentalità della composizione, per la straordinaria immediatezza nella resa dei “moti” dell’animo attraverso i gesti e le espressioni, per l’intima, illusionistica compenetrazione di spazio reale e spazio figurato, per la capacità di rinnovamento dell’iconografia tradizionale dell’Ultima Cena.
Fuggito da Milano alla caduta dello Sforza (1499), Leonardo soggiornò a Vaprio, a Mantova, eseguendovi il ritratto di Isabella D’Este, di cui resta il cartone al Louvre e a Venezia, prima di far ritorno in Toscana e di seguire quindi, come ingegnere militare, Cesare Borgia in Romagna e in Umbria, con l’incarico di studiare i piani di fortificazione e di eseguire preziosi disegni topografici.
Nuovamente a Firenze nella primavera del 1503, iniziò il ritratto di donna, noto come La Gioconda, e ricevette l’incarico di dipingere la Battaglia di Anghiari su una parete del Salone dei Cinquecento nel Palazzo della Signoria.
Nell’ultimo decennio della sua vita, furono soprattutto gli studi di botanica, geofisica, anatomia, matematica, ad assorbire parte sempre maggiore delle energie e dell’attività di Leonardo.
Da Milano si spostò a Roma nel 1513, attratto forse dalla fama di mecenatismo di Leone X Medici, ma visse appartato nella Villa del Belvedere, protetto dal Cardinale Giuliano de’ Medici, senza venire o essere coinvolto nel fastoso ambiente della corte pontificia, dominato ormai da Raffaello e dalla sua scuola.
Infine si trasferì in Francia nel 1517, accettando la splendida ospitalità offertagli da Francesco I.
Questi lo colmò di onori, lo nominò “premier peintre, architecte et mechacien du roi” e gli assegnò a dimora il castello di Cloux, concedendogli ogni libertà di dedicarsi alle sue ricerche e agli straordinari disegni del diluvio, nei quali ancora una volta prendono vita sotto forma di immagini e di estreme meditazioni dell’artista sulle vicende della natura e del cosmo.
DI fronte al numero relativamente eseguito dei dipinti, che pure esercitarono un influsso incalcolabile dell’arte del Cinquecento europeo, ammirati e studiati da molti dei maggiori pittori del secolo, imponente è la massa dei disegni degli appunti di Leonardo che ci sono giunti, nonostante la dispersione e la perdita di numerosi manoscritti, e che testimoniano della vastità dei suoi interessi e della inesauribile ricchezza delle sue osservazioni e scoperte.
Erede della tradizione fiorentina quattrocentesca, che aveva impostato il problema della rappresentazione artistica come conoscenza, convinto che l’artista debba giungere all’esperienza più vasta e profonda della realtà che lo circonda (“il pittore non è laudabile se egli non è universale”), Leonardo non concepì l’indagine scientifica in opposizione o disgiunta dall’operare artistico, ma come attività armonicamente complementare nella perenne scoperta delle leggi della natura in tutto l’universo.
Guglielmo Guidi
(Ricercatore e storico d’arte)


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