Maria Zambrano Nascere Dis-nascere Rinascere
Nel saggio, Maria Zambrano. Nascere Dis-nascere Rinascere (Pazzini Editore), Maria Forte, attenta studiosa della filosofa spagnola, delinea, attraverso una scrupolosa analisi e una ricca scelta di testi, la filosofia che Maria Zambrano ha sul nascere, sulla morte e sugli esiliati.
La visione che Maria Zambrano ha sugli esiliati, viene ricostruita da Maria Forte attraverso binomi espositivi che diventano esplicativi di una condizione umana, difficile da capire se non vissuta direttamente, che oggi sta attraversando il mondo, la realtà e la nostra vita.
Maria Zambrano (Velez Malaga 1904 – Madrid 1991) fin da bambina è vissuta in Spagna, in un ambiente sociale e di vita, durante il periodo della dittatura di Franco, in un clima politico totalitario «dove non era possibile niente», e in un’Europa in cui le guerre, le ideologie e le utopie avevano come contraltare una nascente idea politico-culturale, che veniva dal confino dell’isola di Ventotene, dove Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e altri stavano delineando una nuova Europa all’insegna della libertà e della tolleranza, dell’unione e della solidarietà.
È in questo contesto che Zambrano scopre la forza del pensiero, rifugio e àncora di salvezza, strumento per vivere, sopravvivere e ri-nascere. Si rifugia nel pensiero, nel logos, nella parola, nella ragione, nel linguaggio, nel discorso, nel dialogo profondo con sé stessa per poter esserci, esistere e abitare, dis-nascere e ri-nascere a una nuova vita che trova nell’esilio, dove le barriere e la dittatura non potevano reprimere ma sprigionavano una grande forza rigeneratrice del vivere, una nuova visione della vita in risposta alla forza distruttrice della violenza che uccide.
Zambrano così affida agli intellettuali l’impegnativo e travagliato compito di pensare e diffondere con le parole, con la filosofia, e non con i concetti, una nuova visione della vita, della storia e del mondo attraverso il nascere, morire e ri-nascere, ripensando e ridisegnando una nuova gnoseologia, ontologia, sociologia, fenomenologia e soprattutto un nuovo linguaggio.
La filosofia per Zambrano non è solo strumento concettuale e speculativo ma diventa, con forza, strumento di conoscenza operativo per una quotidianità basata sulla tolleranza che fa coesistere la diversità della molteplicità nella comunità e fa trovare nelle viscere profonde della realtà la vita.
La caduta della Repubblica in Spagna, la dittatura di Franco e la feroce guerra civile rappresentano, nel periodo giovanile di Zambrano, l’humus dove vive e le condizioni per cui inizia il suo lungo esilio. Con la sorella, Maria Zambrano arriva anche a Roma, città che proclamerà “sua patria”, dove frequenta ambienti culturali che facilitano la sua ricca produzione letteraria.
Maria Forte nella prima parte del testo riflette, con sicurezza espositiva e capacità argomentativa, sulla cultura Occidentale, basata sul “concetto” che genera categorie mentali che escludono, sui sistemi filosofici troppo rigidi, sui dogmatismi categoricamente chiusi e, dal punto di vista biologico, sulla definizione dell’esistenza caratterizzata dal bipolarismo nascita e morte dell’uomo per aprirsi alla concezione dell’esistenza data dalla nascita, dalla morte interiore, che è generativa, per ri-nascere continuamente a una nuova vita, come l’Antigone riscritto dalla Zambrano.
È, infatti, un’Antigone, quella riscritta con sofferenza da Maria Zambrano ne La tomba di Antigone, con un cambio di sguardo, che non muore nella tomba, ma è quella che, nello sprofondarsi nelle viscere profonde della vita e dell’animo, e soprattutto nell’essere sola con se stessa, ri-nasce dal silenzio della tomba, diventando placenta oscura e poi culla di luce, di coscienza e di vita.
Così l’esiliato, dal silenzio della sua condizione di sradicamento e dal necessario e fecondo svuotamento dell’Io, ri-nasce continuamente alla luce, a una nuova vita nella comunità. È un percorso doloroso che l’esiliato, per incontrare l’altro, non riesce a esprimere con il linguaggio dialettico, che esclude, perché ha bisogno di un nuovo linguaggio quello poetico-materno. L’esiliato nel silenzio e nella solitudine supera la realtà razionale e, chiuso nella profondità generativa della conoscenza e nelle viscere di una nuova realtà, ri-nasce in un continuo avvicendarsi dall’oscurità alla luce, e quindi alla coscienza.
Occorre uno strumento speculativo diverso, un cambio di sguardo, uno sguardo nuovo e non autoreferenziale, per incontrare l’altro, per cogliere nell’esiliato la persona e faccia morire il personaggio che rappresenta nella vita. Per l’esiliato il pensiero poetico e la poesia, la profondità oscura delle viscere e il silenzio diventano strumenti ri-generativi di conoscenza non solo di se stesso, ma di tutta la comunità.
L’esiliato è un sopravvissuto, una persona smarrita poiché è stato strappato dalla sua casa, dalle sue radici e come un cieco errante tace, si rifugia nella solitudine, nel dolore, nel silenzio dell’animo per conoscersi e ri-generarsi come uomo, in virtù di ciò che sente, vede e soffre.
L’esilio, che inizia da una condizione emotiva, è una presa di coscienza che avviene giorno dopo giorno con l’abbandono, con la distanza dal Paese natio, con il peregrinare tra le viscere della storia, con lo svuotamento da sé, come Antigone, la Vergine Maria, il beato, il clown…
Zambrano, avendo vissuto direttamente la condizione dell’esilio, sa descriverne con efficacia narrativa la sofferenza e l’angoscia in tutte le sue sfaccettature, e riesce a trasformarlo per affidargli un ruolo nuovo quello di poter partorire e dare alla luce una nuova vita.
Propone così una «morte continua e generativa» fatta di «entrare e uscire» dalle viscere e dalla placenta oscura, dallo «spogliarsi per generare un nuovo Io», per costruire una nuova identità, e trovare la forza per ri-generarsi nella luce, nella coscienza per affrontare la vita e la realtà; è quello che fa l’esiliato attraverso la sublimazione della poesia.
Ma ogni esiliato, strappato dalle sue radici e dal passato, ha un mondo personale di rappresentare dato dall’abbandono della casa e della Patria. Solo racchiuso nel suo silenzio, nella solitudine, nella sofferenza può incontrare l’altro, con un cambio di sguardo, superando il personaggio e scoprire la vera identità della persona che è la vera essenza dell’uomo.
L’esiliato vive la realtà in interazione continua nell’oscurità e nella profondità della terra, nelle viscere per ri-generare, dalla metamorfosi dell’Io, una nuova visione della realtà che deriva dalla sofferenza, dalla solitudine … L’esiliato ricerca il linguaggio poetico perché è solo nel silenzio che «entra ed esce» da se stesso, vive «un dentro e un fuori» e arriva a scoprire la coscienza, vera essenza dell’essere, dell’uomo e dell’umanità.
L’esiliato, nella sua forzata condizione d’isolamento, nella ricerca dell’interazione con l’altro, nello svuotamento dell’Io, nell’abbandono e nell’espulsione dal proprio Paese e nel peregrinare nelle viscere della Storia, ri-nasce e scopre attraverso un linguaggio-poetico l’umanità.
La scelta di Maria Forte di studiare e scrivere su Simon Weil, su Hannah Arendt e Maria Zambrano, individuando anche uno «sguardo al femminile» sull’analisi e sulla realtà di oggi, caratterizzata dalla problematicità centrale della dignità del lavoro e della sopraffazione dell’uomo sull’altro, è stata molto opportuna e partecipata.
Con il saggio Maria Zambrano. Nascere Dis-nascere Rinascere Maria Forte offre un notevole contributo per riflettere sostanzialmente sul vissuto e sulla condizione psicologica degli esuli e prospetta, in modo deciso e coinvolgente, una nuova visione storico-politico-sociale della realtà per il futuro, un «cambio di sguardo» tale da poterci rapportare agli esuli, non come personaggi, ma scoprirli come persone nella comunità.
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