PRIMO HOMO SAPIENS EUROPEO: RINVENUTO IN BULGARIA RESTI DI 45 MILA ANNI FA

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PRIMO HOMO SAPIENS EUROPEO: RINVENUTO IN BULGARIA RESTI DI 45 MILA ANNI FA .

La stratigrafia della Grotta di Bacho Kiro, in Bulgaria, si estende attraverso la transizione dal Medio al Paleolitico Superiore, tra cui un assemblaggio iniziale paleolitico superiore (IUP) sostenuto per rappresentare il primo arrivo dell’Homo sapiens superiore paleolitico in Europa. Sono state applicate le più recenti tecniche in 14C risalente a un ampio set di dati di ossa animali e umane appena scavate per produrre una solida cronologia al radiocarbonio ad alta precisione per il sito. Alla base della stratigrafia, l’occupazione del medio paleolitico (MP) risale a >51.000 anni BP. Un divario cronologico di oltre 3.000 anni separa l’occupazione MP dall’occupazione della grotta da parte di H. sapiens, che si estende fino a 34.000 cal BP. L’ampio assemblaggio IUP, ora associato ai fossili di H. sapiens direttamente datati in questo sito, risale saldamente a 45.820–43.650 calBP (95,4% di probabilità), probabilmente a partire da 46.940 BP cal (95,4% di probabilità). I risultati forniscono un contesto cronologico per la previa occupazione dell’Europa da parte del Paleolitico Superiore H. sapiens.

La datazione dei reperti consentono di affermare che si tratta della più antica evidenza diretta della presenza della nostra specie in Europa: le analisi dei reperti sono state realizzate da un team internazionale diretto dalla professoressa Sahra Talamo dell’Università di Bologna, grazie ad un’analisi al radiocarbonio ad altissima precisione

Nella Grotta di Bacho Kiro, in Bulgaria, è stato individuato un fossile di Homo sapiens risalente a oltre 45.000 anni fa: è la più antica evidenza diretta della presenza della nostra specie in Europa. La datazione del reperto è stata realizzata grazie ad un team specializzato in datazioni al radiocarbonio ad altissima precisione guidato dalla professoressa Sahra   Talamo dell’Università di Bologna.

La scoperta anticipa di ben 2.000 anni, rispetto a quanto ipotizzato fino ad oggi, l’arrivo della nostra specie nelle latitudini medie dell’Eurasia, e aumenta di conseguenza il periodo di convivenza in Europa tra Homo sapiens e Uomo di Neandertal. Inoltre, tra i reperti recuperati sono emersi oggetti in osso che ricordano quelli prodotti millenni più tardi dagli ultimi Neandertaliani in Europa occidentale: un elemento che conferma la teoria dei contatti e degli scambi, anche culturali, avvenuti tra sapiens e la popolazione in declino di Neandertal.

I risultati di questi nuovi studi – coordinati da scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Germania) – sono stati pubblicati oggi in due paper. Il primo,, è dedicato alle datazioni al radiocarbonio dei reperti, e ha quindi fornito le basi per il secondo, che descrive il quadro delle novità emerse dalla campagna di scavo.

 

IL PIÙ ANTICO   SAPIENS  “EUROPEO”

Situata a pochi chilometri dalla piccola città bulgara di Dryanovo, ai piedi dei Monti Balcani, la grotta di BachoKiroè un sito archeologico ben noto. Venne indagato già alla fine degli anni ‘30 del secolo scorso e poi nuovamente negli anni ‘70, quando furono trovati anche alcuni frammenti di resti umani. Per approfondire il contesto di quei primi ritrovamenti e ottenere una cronologia più precisa della frequentazione umana della grotta in epoca preistorica, nel 2015 sono stati effettuati nuovi scavi sotto la guida dell’Istituto Nazionale Archeologico Bulgaro e del Max Planck Institute.

La nuova campagna di scavo ha permesso di portare alla luce un gran numero di nuovi reperti. Tra i quali, negli strati archeologici corrispondenti alla fase iniziale del Paleolitico superiore, sono emersi un dente e cinque frammenti ossei che, grazie all’analisi del DNA mitocondriale, sono stati attribuiti ad esemplari di Homo sapiens. A questo punto era quindi fondamentale conoscere l’esatta cronologia dei nuovi fossili.

L’analisi sui reperti umani è stata realizzata dal team della professoressa SahraTalamo e dal team di Lukas Wacker dell’ETH di Zurigo (Svizzera), utilizzando un nuovo approccio per le datazioni al radiocarbonio che ha permesso di ottenere un’altissima precisione. E per uno dei sei fossili esaminati, l’analisi ha restituito una datazione corrispondente a oltre 45.000 anni fa.

L’analisi al radiocarbonio conferma che questi fossili risalgono alla fase iniziale del Paleolitico superiore e rappresentano quindi la più antica testimonianza diretta della presenza della nostra specie in Europa. Queste datazioni sono state possibili grazie ad un nuovo approccio al metodo del radiocarbonio che ha permesso al team di ricercatori di raggiungere una precisione mai ottenuta prima. Non solo: le datazioni del sito di Bacho Kiro compongono il più ampio data set di un singolo sito paleolitico mai realizzato da un team di ricerca.

La maggior parte delle ossa di animali che che sono stati datati hanno segni di modificazione da parte dell’uomo, ad esempio segni di macellazione . Questi dati, insieme alle datazioni dirette delle ossa umane, ci forniscono un quadro cronologico molto chiaro di quando l’Homo sapiens ha occupato per la prima volta questa grotta, nell’intervallo tra 45.820 e 43.650 anni fa, e potenzialmente già 46.940 anni fa.

Il sito della Grotta di Bacho Kiro documenta una prima ondata di Homo sapiens, che entrò in contatto con gli uomini di Neandertal e portò in Europa nuovi comportamenti. Questa ondata è in gran parte anteriore a quella che 8.000 anni dopo portò alla definitiva estinzione dei Neandertal in Europa occidentale.

UNA COESISTENZA PROLUNGATA

La conferma della presenza dell’Homo sapiens in Europa già prima di 45.000 anni fa permette di ampliare di 2.000 anni il periodo di convivenza tra la nostra specie e l’Uomo di Neandertal, che scomparve circa 40.000 anni fa. Una coesistenza prolungata che ha inevitabilmente influenzato i percorsi delle due specie, come mostrano alcuni indizi trovati sempre nella grotta di Bacho Kiro.

Oltre ai resti umani, i nuovi scavi hanno infatti portato alla luce anche alcuni manufatti in osso e avorio, sempre risalenti alla fase iniziale del Paleolitico superiore. Oggetti che i ricercatori hanno collegato a testimonianze neandertaliane di alcuni millenni più tardi ritrovate in altre aree d’Europa.

I manufatti in osso e avorio che abbiamo rinvenuto in Bulgaria sono sorprendentemente simili a quelli prodotti dai Neandertaliani nella fase precedente alla loro estinzione, venuti alla luce nella Grotte du Renne, in Francia conferma Sahra Talamo. Questa similitudine porta a sostenere l’ipotesi secondo cui questi comportamenti Neandertaliani siano il risultato di incontri ravvicinati con i primi gruppi di Homo sapiens arrivati in Europa.

 


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Laurea e formazione scientifica in area biomedica. Divulgatore scientifico in genetica, fisica ambientale e comunicazione digitale. Si occupa di ricerca in ambito socio-antropologico nel territorio pontino. Science editor in testate scientifiche.