Teatro, Triste Illusione Sei Tu !

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“…E la illusione teatrale noi sappiamo essere la illusione delle illusioni, la magia per eccellenza: da che, come due e due fanno quattro, così anche, ad onta della verità, è provato che dall’alzarsi fino al calar del sipario lo spettatore si dimentica affatto di ogni sua occorrenza domestica, non sa più d’essere in teatro, giura ch’egli manda occhiate proprio nel Ceramico e nel Partenone, e crede vere proprio le coltellate che si danno gli eroi sul palco e vero sangue quello che gronda dalle loro ferite”. Un brano dalla “Lettera semiseria di Grisostomo al figlio (alter ego)” di Giovanni Berchet (1816), uno dei documenti del/sul Romanticismo più preganti e attuali, sempre letta e analizzata integralmente ai miei alunni per essere una summa della questione romantica (solo alcuni stralci neppure significativi nelle antologie scolastiche). Fossi l’Azzolina o chi per lei l’avrei proposta per fronteggiare il Covid al posto dei banchi o sedie con rotelle, senz’altro meno risolutivi per l’emergenza in atto. Direte: una lettera? ‘Azzo! Intanto, meglio di una circolare o mal posto-dispositivo di legge (!) pro emergenza. Ancora Berchet nella suddetta: “…Voi, italiani, avete un bel suolo, un bel cielo, una bella lingua; [ne approfitto, mai pronunciata quell’orrenda, cacofonica parola inglese, io dico ,punto!] ma dei tesori intellettuali, di cui va ricca oggimai tutta insieme l’Europa, voi non ne possedete quanto gli altri popoli. Voi ci foste maestri un tempo; adesso non più [arci…..’azzo!]. Alcuni fra voi coltivano bene le scienze fisiche e matematiche; ma di buone lettere e di scienze morali voi di presente patite penuria, avendo troppe poche persone eccellenti in questi generi…. Lasciamo stare che noi potremmo comprare mezzo il Mogol [!], se voi, stranieri, ci pagaste solamente un bajocco per ogni sonetto stampato da venti anni in qua in Italia, e che noi per un bajocco l’uno acconsentiremmo di vendervi. Lasciamo stare che da venti anni in qua noi abbiamo immaginati libri tali di letteratura, da potere squadernarli in viso a qualunque detrattore, allorché ci risolveremo a comporli ed a svergognare il resto d’Europa” (G.B. ibidem]. Cara Azzolina, lei pensa alle “rotelle” dei banchi, io a quelle dei docenti che si scalmanano “all’infinito” con le “poesie” e trascurano di leggere testi-documenti che schiarirebbero all’istante i cervelli dei giovani (magari anche i loro!). Ecco il problema, la questione culturale nel paese Italia e, primariamente, nella scuola dove si insiste a “fare della letteratura” ossia della modesta cultura. “La letteratura in Italia è un pingue fedecommesso. Bella e fatta l’hanno trasmessa a noi i padri nostri.[…] Anche Dante, anche il Petrarca, anche l’Ariosto, e ‘l Machiavello, e l’Alfieri stimarono lecito lo scagliare invettive amare contro l’Italia. -Ohibò! non è vero. Que’ brutti passi furono malignamente inseriti nelle opere dagli editori ultramontani: e la trufferia è manifesta” (G.B.) Dunque, teatro, letteratura, cultura…a Latina! Per Berchet come per me si tratta di problematiche “politiche” cioè di pubblica utilità. Dell’affaire teatre ne sappiamo abbastanza e, al punto in cui siamo, c’è solo da “rivoltarsi” ossia REVOLUTION ! Ne approfitto per esprimere la mia solidarietà all’ottimo Silvio Di Francia che, fossi stato io al suo posto, avrei già “appiccato il fuoco”: ogni riferimento non è affatto casuale! Stando ancora al Berchet, è pur vero che in questa città il teatro, culturalmente e civicamente parlando, nel tempio, è sempre stata una grande illusione, la illusione delle illusioni: per ora e ancora non siamo sul palcoscenico, ma relegati nel….”camerino”! Ohibò! (gimaul)


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