San Giorgio a Cremano, 19 febbraio 1953 – Roma, 4 giugno 1994. 26 anni senza Massimo Troisi. Aveva solo 41 anni il “comico dei sentimenti” quando il suo cuore, malato sin dall’infanzia, smise di battere. Pur se ormai la notizia era nell’aria, un dolore irrefrenabile pervase non solo l’intera città di Napoli che l’aveva elevato al ruolo di nuovo Totò. Un’eredità non facile da portare sul groppone, di cui lui aveva saputo assumersi l’onere con tutta la dignità e l’umiltà del suo carattere schivo e poco incline al clamore dei mass media. Un napoletano che ironizzava sugli stereotipi che da sempre coloravano Napoli e i suoi figli. Un napoletano sui generis anche sullo schermo dove dà vita ad un personaggio perennemente in conflitto con se stesso, attanagliato da ingenuità e timidezza, manifestate attraverso quel dialetto sincopato e quella gestualità rituale, espressione delle sue insicurezze. Un antieroe, ma allo stesso tempo un trasgressivo che si batteva per sconfiggere i soliti luoghi comuni, segnando il passaggio dalla vecchia comicità napoletana, intrisa di commedia dell’arte, ad un nuovo modo di far sorridere sospeso tra nevrosi e tormento. Emblematica in “Ricomincio da tre”, il suo primo film da regista e da attore protagonista, la costante precisazione di essere un turista a Firenze e non un emigrante, quasi a voler strappare il marchio che all’epoca (erano gli inizi degli anni ottanta) l’Italia era solita stampare ancora sulla pelle alla gente del sud. Così com’era forte in lui l’ansia di sgorbiare quel quadro a base di sole, pizza e mandolino che ancora si dipingeva riferendosi ai partenopei. Le sue battute fulminanti e profonde trascinavano alla risata fragorosa, ma anche alla riflessione per quel substrato malinconico che in esse affiorava di frequente. E ci piace ricordarlo con una delle sue celebri battute, dal film “Ricomincio da tre”:
– Robertino: Ma mammina dice che io ho i complessi nella testa.
– Gaetano: E foss’ ‘o Ddio! Quali complessi! Tu tieni l’orchestra intera ‘ncapa, Robbe’.


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