Bernini: L’Estasi di Santa Teresa

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La Cappella Cornaro

  Il marmo pesa; va giù, verso il centro della terra. Ma nasce un uomo, nel 1598, che decide di farlo lievitare, di tagliarlo, di plasmarlo , modellarlo come un’elica, talchè la materia si alzi, vibri nell’aria, domini gli spazi, e decolli  come un divino elicottero che infranga ogni legge di natura.                                             Flavio Caroli

         La Cappella del Cornaro nella Chiesa carmelitana (barocca) di Santa Maria della Vittoria, realizzata a Roma per il cardinale veneziano Federico Cornaro (Corner), è una delle opere più importanti di Gian Lorenzo Bernini del periodo del papa Innocenzo X Pamphili, uno dei momenti culminanti dell’arte berniniana e dell’arte barocca tout court.

Con questa eccellente cappella funeraria, considerata da alcuni studiosi di storia dell’arte il suo capolavoro, l’artista realizza la strategia di unificare i diversi linguaggi artistici (architettura, scultura, decorazioni, pittura, scenografia, teatro, scienza della luce) per potenziare la resa spettacolare e persuasiva del monumento commemorativo.

Il bel composto,  ha scritto lo storico dell’arte Filippo Baldinucci, nella biografia Vita di Giovanni Lorenzo Bernini, Roma 1682, «è concetto universale che egli (il Bernini) sia stato il primo ch’abbia tentato di unire l’architettura colla scultura e pittura, di modo che di tutte si facesse un bel composto». Una nuova sintesi di visione ed emozione attraverso accorgimenti scenici.                                                                                                                                La cappella Cornaro, una originaria idea di integrazione delle arti, costituisce un vero capolavoro nel quale l’artista mette a frutto le sue competenze registiche e teatrali maturate di pratica nell’allestimento di spettacoli per il teatro dei Barberini e nella progettazione di apparati effimeri quali archi trionfali, catafalchi e “macchine” per la devozione, create in occasione di feste, funerali e solennità religiose come le Quarantore (liturgia dedicata all’esposizione e adorazione del Santissimo Sacramento).

L’artista ha saputo fondere più arti creando uno spazio unitario che attrae l’osservatore e lo coinvolge nella visione. Anche qui il Bernini stupisce e coinvolge quasi eliminando le barriere tra lo spettatore e l’opera d’arte.

La Cappella del Cornaro, commissionata nel 1644 e completata nel 1652, è una delle più compiute e manifeste espressioni della teatralità berniniana. L’artista, nel farsi sceneggiatore e regista, oltreché scenografo, rappresentò il miracolo dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila, fondatrice dell’ordine carmelitano, la “transverberazione” di cui la santa fu protagonista con una grande cornice architettonica, creando una sorta di proscenio teatrale.                                                                                                       Il celeberrimo gruppo scultoreo, collocato al centro dell’altare-tabernacolo, è composto dalle figure dell’angelo e di Santa Teresa, adagiata su una nube di pietra, che danno l’impressione di galleggiare nel vuoto. La figura della Santa, investita e pervasa dall’amore divino, impersonato dal sorridente angelo Cupido che le trafigge il cuore con una freccia d’oro, è rappresentata con le pieghe delle vesti e con il tumultuoso  panneggio, con le braccia abbandonate e in stato di trance, con la testa rovesciata all’indietro, gli occhi chiusi e la bocca semiaperta.                                                                                                                  L’opera appare molto conturbante, ma in realtà Bernini si rifece con fedeltà alle parole della Santa, la quale scrisse: «il dolore era così intenso che io gridavo forte; ma contemporaneamente sentivo una tale dolcezza che mi auguravo che il dolore durasse in eterno. Era un dolore fisico ma non corporeo, benché toccasse in una certa misura anche il corpo. Era la dolcissima carezza dell’anima ad opera di Dio».

Anche i committenti della famiglia Cornaro sono stati scolpiti in due palchetti laterali dell’altare, quasi fossero degli spettatori che assistono idealmente al miracolo e manifestano stupore e devozione.                                    .                                                                                                                                   L’illusionismo della scena è accresciuto dal fascio di luce naturale radente, calda e reale che provenendo dall’alto (dove Bernini con geniale invenzione scenografica ha nascosto una vera finestra chiusa da vetri gialli) scivola lunghi i raggi di bronzo che sovrastano il gruppo, avvolgendolo in un pulviscolo dorato.                                                                                                           Gian Lorenzo Bernini con questa opera giunge ad uno straordinario risultato artistico perché riesce a fondere lo spazio architettonico e gruppo plastico in una unità sostanzialmente pittorica, realizzata attraverso effetti di luce e contrasti cromatici.                                                                                                 Il Bernini, scultore, pittore, architetto, disegnatore e anche autore di teatro e di scenografie teatrali, artista poliedrico che godeva di maggior fama in Europa, pensava che «l’ingegno e il disegno sono l’arte magica attraverso cui si arriva a ingannare la vista in modo da stupire».


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