Dio nella città

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La città è il luogo dove le persone hanno una casa per amare, una scuola per imparare, un’officina per lavorare, un ospedale per guarire, una chiesa per pregare.              Giorgio La Pira

         Da quel buonasera del 13 marzo 2013, con cui si è presentato in piazza San Pietro, il giorno della sua elezione, abbiamo seguito con attenzione e rispetto le parole di papa Francesco perché abbiamo intuito (e compreso poi) che il suo Magistero potesse essere innovativo, “rivoluzionario”, per quanto riguardava modalità, tempi, stile e obiettivi.   Jorge Mario Bergoglio, nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da una famiglia di origini italiane, uomo di fede profonda espressa in uno stile di vita semplice, vicino ai poveri, capace di irradiare amore, ha sempre pregato per la sua città abitata da normali cittadini ma anche da i “non cittadini”, da persone che non godono di pieni diritti: gli esclusi, gli stranieri, i sans-papiers, i malati senza copertura sociale, gli anziani…

Come pastore della Chiesa ha scritto Dio nella città (San Paolo edizioni), un libro nel quale espone le sue luminose e lungimiranti considerazioni e riflessioni sulla necessità di mettere in pratica atteggiamenti e comportamenti che creano cittadinanza vera.

Jorge Mario Bergoglio che, come vescovo, cardinale e pontefice, da sempre ha annunciato al mondo la bellezza e l’importanza del Vangelo, è convinto che «lo sguardo della fede scopre e crea la città».

Gli episodi più belli del Vangelo sono quelli che mostrano ciò che Gesù suscita quando incontra per le strade dei villaggi persone come Zaccheo, che diventa cittadino di Gerico, stabilendo relazioni di giustizia e di solidarietà con i suoi concittadini, oppure Bartimeo, il mendicante cieco che smette di essere un emarginato ai bordi della strada e segue Gesù. Altro fecondo incontro è con l’emorroissa che, toccando il lembo del mantello di Cristo, rientra nell’ambito della società discriminante per le infermità ritenute impure. Questi personaggi esclusi e ignorati dalla società hanno la possibilità di rientrare a pieno titolo nelle loro città e uscire per le strade, dove «Dio vive».

Ha scritto il compianto cardinale Carlo Maria Martini che «le città hanno una loro vita e un loro essere autonomo, misterioso e profondo; esse hanno un loro volto caratteristico, una loro anima e un loro destino. Non sono occasionali mucchi di pietre, ma sono misteriose abitazioni di uomini…La città è un fatto umano, un fatto organizzativo che nasce dall’intelligenza e dalla volontà di ricerca di un bene comune».

La Chiesa ha avuto inizio e si è formata nelle grandi città del tempo che erano luoghi di incontro, di libertà e di opportunità. Nel corso della storia umana nelle città uomini e donne hanno avuto la possibilità di convivere, di conoscere altre persone e di interagire con esse. Nelle città moderne, pur considerando le complesse trasformazioni socio-economiche, culturali, politiche e religiose, è possibile sperimentare vincoli di fraternità, solidarietà e universalità. Ogni essere umano ha la possibilità di incontrare l’altro, il diverso, di accettarlo e accoglierlo, di essere accettato e accolto e quindi di vivere rapporti di prossimità e di reciprocità.

Senza uno sguardo di fede aperta al trascendente, come punto di riferimento fondante e assoluto, la realtà della città «si frammenta e si diluisce in mille particolarità senza storia e senza identità». Non sono sufficienti né la scienza, né la politica, né l’economia, né i mezzi di comunicazione a dare quel senso unitario e completo della vita umana. Alla luce del Vangelo, e ricordando che «Dio ha piantato la sua tenda in mezzo a noi», ogni città può ritrovare la sua dimensione umana più adeguata.

Per poter vivere in città, crogiolo di ibridazione culturale, e uscire per le strade, è importante e necessario, come cristiani,  incontrare gli altri e dialogare con tutte le culture. Jorge Mario Bergoglio con un linguaggio inclusivo che apre nuovi orizzonti di accoglienza, accompagnamento e integrazione, scrive: «Essere popolo e costruire città vanno di pari passo; e così pure essere popolo di Dio e abitare nella città di Dio».

Nella costruzione della città l’immaginario teologico, che si rifà al racconto dell’Esodo, al ricercare la terra promessa in cui «scorrono latte e miele», e al sogno infranto di edificare Babele, la città autosufficiente che porta al cielo, può essere di aiuto per superare le paure e le angosce dell’uomo-cittadino.

I cittadini che abitano la città, riferendosi all’immaginario evangelico del Regno dei cieli, possono trovare forza per difendere la città, per acquisire pari dignità, per rimettere i debiti, per impegnare il meglio di sé e trovare la motivazione per un agire comune. L’uomo nella città, dove Dio vive, potrà e dovrà costruire relazioni di prossimità, opere concrete di bene per servire e amare il prossimo e non per contrastarlo e dominarlo.

Con lo sguardo della fede, che è fermento e lievito per uno sguardo civico, il cittadino nella grande città non dovrà vivere isolato, distante dagli altri e non vedere gli esclusi, coloro che sono rifiutati dalla cultura dello scarto. Vivendo accanto agli altri, senza alcuna forma di discriminazione, includendo persone con un volto e un nome propri, costruendo strutture accoglienti e non escludenti, scoprendo le potenzialità attive della città, è possibile, con lo sguardo dell’amore, trasformare il male in bene, i problemi in opportunità e migliorare così la qualità della vita comunitaria.

Le città moderne sono delle sfide e lo sguardo del credente sulla città comporta atteggiamenti concreti che riguardano l’uscire da se stessi per andare incontro all’altro, l’avvicinarsi all’altro con atteggiamenti di prossimità, il metter in pratica la propria fede cristiana per servire, come uomini e donne credenti, ciò che è possibile offrire alla città. Le città sono luoghi di scambio e di ascolto in cui si impara a vivere insieme con gli altri, dove le persone con spirito di amicizia e di concordia si trovano per collaborare e si uniscono per incontrarsi e, come ha detto Carlo Maria Martini, «per capirsi e scambiarsi i doni intellettuali e morali».

Con Dio nella città Jorge Mario Bergoglio conferma che la ricerca della vicinanza con l’altro nella vita quotidiana nelle città e la prossimità alle persone sono alcune delle parole chiave del suo pontificato che si caratterizza per la volontà di essere più vicino alla gente e per la capacità di trasmettere la gioia del Vangelo.

 

 

 

 

 

 


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