Gian Lorenzo Bernini: Profilo

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Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma  1680)              La dignità dell’artista sta nel suo dovere di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo.                                                        Gilbert Keith Chesterton

         Gian Lorenzo Bernini, figlio e allievo di Pietro, scultore tardomanierista, è stato uno dei creatori nel campo della scultura e dell’architettura del barocco. La sua opera è stata in Italia e in Europa un riferimento imprescindibile per tutti gli artisti del Seicento, soprattutto per la sua concezione dell’integrazione tra le arti.

Da  Napoli, sua città nativa, seguì il padre a Roma da cui non si allontanò quasi mai. Roma all’inizio del Seicento era una città culturalmente e artisticamente molto viva, che godeva della presenza stabile di pittori di prima grandezza, come Caravaggio e Annibale Carracci, e che veniva vissuta da grandi artisti europei, prima fra tutti Rubens.

Nella bottega paterna apprese il virtuosismo della scultura tardomanieristica e si avvicinò, con lo studio, alle opere dei maggiori maestri del Cinquecento, in particolare  a quelle di Michelangelo. Si applicò al restauro delle statue antiche e approfondì la conoscenza tecnica ed espressiva della scultura ellenistica.

Negli anni della collaborazione con il padre si definì la personalità del giovane Gian Lorenzo, e la sua prima attività artistica si distinse per una particolare sensibilità che riprendeva i motivi del classicismo in una visione originale. Le sue opere giovanili, come la Capra Amaltea (1615), si caratterizzano per la tecnica prodigiosa e per la modellazione fluida ed elegante assorbita dai  modelli della scultura antica.                                                                                                                                                       Il suo precoce talento si manifestò con quattro gruppi marmorei scolpiti tra il 1619 e il 1625 per il colto cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V: Enea e Anchise, il Ratto di Proserpina, David e soprattutto Apollo e Dafne. Queste sculture gli diedero notorietà e inaugurarono una nuova concezione della scultura, fondata sulla libertà e sul dinamismo degli schemi compositivi.

Ancora giovanissimo assunse posizioni di primissimo piano negli ambienti artistici romani. Fu costantemente protetto dal cardinale Maffeo Barberini che, nel 1623, divenne papa con il nome di Urbano VIII. Questa importante amicizia proiettò l’artista nelle alte sfere della committenza romana per la quale realizzò un gran numero di opere che lo impegnarono per quasi mezzo secolo.                                                                                                   Artista vulcanico e instancabile, fautore di una piena integrazione tra i linguaggi dell’arte, diresse una efficiente bottega artistica con cui soddisfece le crescenti richieste della committenza pubblica e privata, spaziando dalla scultura all’architettura, dall’urbanistica agli apparati effimeri per le feste. Nella città dei papi gli furono affidati i principali lavori di urbanizzazione ai quali provvide con una efficientissima organizzazione di bottega.                                                                                                                              Come architetto, scultore e scenografo dell’età barocca, a lui si deve in gran parte il gusto scenografico dell’urbanistica romana. Bernini cambiò con la sua arte il volto della città eterna come forse nessun altro artista aveva fatto prima di lui.                                                                                                                  Gian Lorenzo Bernini è stato il grande regista della magnificenza papale, «il mago – scrive Tommaso Montanari – capace di trasformare in poesia la propaganda dei gesuiti». In possesso di una tecnica prodigiosa, posta al servizio di una fertile immaginazione in perfetta consonanza con la cultura della sua epoca, Bernini, più di ogni altro, seppe dare vita e forma sensibile agli ideali, ai miti e alle aspirazioni temporali e spirituali della Roma papale del Seicento.                                                                                                                                                   Artista moderno e controverso, che ha offerto alla società del suo tempo assai più di quanto essa gli chiedesse, è stato uno dei padri secenteschi dell’arte moderna accanto a Caravaggio, Velasquez e Rembrandt. La sua cifra artistica è caratterizzata dalla sofferta libertà dalla tradizione, dalle esigenze della società, dall’opinione dei contemporanei e dalla stessa funzione delle sue opere.

Nel 1644 con la morte del papa Urbano VIII, il successore, papa Innocenzo X, allontanò dalla corte tutti i protetti del pontefice Barberini e fra essi anche Bernini sostituito dal Borromini nelle grandi imprese romane. L’allontanamento del Bernini durò poco tempo perché già nel 1647 egli era nelle grazie del nuovo pontefice e immaginava la scenografia dell’originale cappella Cornaro in Santa Maria della Vittoria, dove si può ammirare il gruppo marmoreo di Santa Tersa in estasi (1646), uno dei punti più alti raggiunti dall’arte barocca.                                                                                                                                  L’attività più intensa del Bernini in architettura, che aveva lasciato in secondo piano la scultura, si svolse sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667). Nel 1656 iniziò il lavori per il Colonnato di Piazza San Pietro e per la Cattedra della stessa chiesa con la geniale soluzione di collegare la basilica con la piazza antistante e idealmente con l’intera città in una forma in cui la scenografia raggiunse il suo punto di più intima giustificazione.                                                                                                                                                                 Bernini, accolto con onori principeschi, si recò nel 1665 in Francia alla corte di Luigi XIV (di cui eseguì il ritratto e il monumento equestre nel 1669) dove si vide rifiutare i progetti per il nuovo Louvre, forse troppo legati al gusto romano.

Nel 1680, dopo essere rimasto paralizzato alla mano destra, morì durante il papato di Innocenzo XI, l’ottavo pontefice per cui lavorò nel corso della sua lunghissima carriera artistica.

 

 

 

 

 


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