L’angolo delle curiosità su Dante Alighieri

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Curiosità su Dante 

Tutta l’opera di Dante ha una «carica» spirituale nuova e potente, che in breve tempo opera un rivolgimento nell’opinione pubblica in Toscana e fuori, e fa d’un balzo assurgere l’italiano al livello di grande lingua, capace di alta poesia e di speculazioni filosofiche.                                           Bruno Migliorini,

In tutte le sue opere, dalla Vita Nuova al Convivio il sommo poeta Dante Alighieri dimostra notevoli competenze filosofiche e letterarie e riflette con ragguardevole autonomia sulla forza che governa l’essere umano e l’universo.

Nella selva oscura il Male, che è dentro Dante, si proietta e diventa tangibile nelle tre fiere minacciose che il poeta incontra all’inizio del suo viaggio ultraterreno: la lonza che rappresenta la lussuria, il leone la superbia e la lupa la cupidigia. Quest’ultima fiera impaurisce il poeta che dice: «questa mi porse tanto di gravezza/ con la paura ch’uscia di sua vista,/ ch’io perdei la speranza de l’altezza». (Inferno I, 52-53).

La salvezza di Dante arriva soltanto nel momento in cui si convince razionalmente che Dio non lo lascerà solo come è espresso nei versi 13-18  del primo canto dell’Inferno: «Ma poi ch’i fui al pié di un colle giunto,/la dove terminava quella valle/che m’avea di paura il cor compunto/guardai in alto e vidi le sue spalle/ vestite già dei raggi del pianeta/ che mena dritto altrui per ogni calle».

Nel 1373 il popolo di Firenze pretese che la Commedia fosse letta in pubblico. Questo importante e prestigioso compito fu affidato a Giovanni Boccaccio che diede voce al sommo poeta per rispondere alla petizione popolare dei fiorentini che chiedevano di «essere istruiti sul libro di Dante dal quale anche chi non ha studiato può essere educato a fuggire vizi e ad acquistare le virtù».

Secondo il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della cultura, «Tutti i 14.233 endecasillabi della Divina Commedia sono segnati dalla teologia e dalla poesia», tanto che Raffaello, nelle Stanze in Vaticano, raffigura due volte Dante collocandolo su una parte tra i teologi e sull’altra tra i poeti.

Nel Canto XXIV del Paradiso, dove Dante viene interrogato da Pietro sull’essenza della fede, il poeta risponde che «Fede è sustanza di cose sperate ed argomento delle non parventi», mentre su quale sia il fondamento della fede replica che è la Bibbia e che la verità della Bibbia è confermata dai miracoli la cui autenticità è dimostrata dalla conversione del mondo intero.

Il poeta argentino Jorge Luis Borges, giunto alla fine dell’ennesima lettura della Divina Commedia, avverte che « nessuno ha il diritto di privarsi di questa felicità».

Secondo il filosofo italiano Sergio Givone, docente di estetica presso l’Università di Firenze, Dante mostra di essere perfettamente consapevole che il razionalismo tomistico si sposa con una mistica di stampo neoplatonico, dove alla verità piena si giunge per grazia divina e quindi per un gesto sovrano d’amore.

L’apparire di Lucifero, il signore di Dite, il re dell’Inferno, lascia Dante come in uno stato di paralisi: «Com’io divenni allor gelato e fioco/non domandar lettor, ch’i’ non lo scrivo/[…] Io non morì’ e non rimasi vivo» (Inferno canto XXXIV, vv. 22-25). Secondo il critico letterario, Carlo Ossola, il terrore di Dante, nell’incontrare Lucifero, è evidente. Dice, infatti, che il poeta è raggelato come tutto quanto è intorno a lui.

 

 

 

 


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