Non è la prima volta che il mito,la tragedia greca siano onorevolmente aggiornati: nel tempo,una splendida “Medea” di Ronconi, convincente nella sua complessità quella di Latella (da escludere quella pretenziosa di Emma Dante), d’ordinaria classicità quella di Sepe (con la Melato). Fuori dal coro il film di Pasolini con la Callas, in abiti classici,per così dire,benché barbarici ma decisamente moderna nell’insieme. Magnifica la riscrittura dell’Orestiade -“Pilade”, un testo drammaturgico superbo in cui l’ombra di Sofocle dice:”Nel teatro la parola vive di una doppia gloria….Perché essa è,insieme,scritta e pronunciata.. E’ scritta come la parola di Omero,ma insieme è pronunciata come le parole/che si scambiano tra loro due uomini al lavoro,/o una masnada di ragazzi….Ora, in teatro si parla come nella vita…”Pasolini chiosa:”Il nuovo teatro non è dunque né un teatro accademico né un teatro d’avanguardia.Non si inserisce in una tradizione ma nemmeno la consta. Semplicemente la ignora e la scavalca una volta per sempre”: è esattamente quel che ha fatto Milo Rau con il suo “Orestes in Mosul” (come non fa la gran parte dei docenti di Greco che insiste nel somministrare agli alunni la “muffa” dei classici,in particolare della attualissima tragedia greca), non comparabile per l’eccezionalità e non millantata avanguardia alle operazioni citate.Uno spettacolo “assoluto” cioè sciolto da ogni convenzione pur nel rispetto rigoroso del testo originario di Eschilo,esaltato e mai sopraffatto dalla trasposizione storico-
ambientale e delle situazioni e dei luoghi (Mosul e altri luoghi dell’Iran o della Siria rasi al suolo come la leggendaria Troia). Una “Orestiade islamica”, direi la realizzazione dell’idea di Pasolini che,nel 1970, si recò in Africa intenzionato a realizzare un film o una drammaturgia sull’Orestiade di Eschilo di cui rimane quel bellissimo docufilm “Appunti per una Orestiade africana”. Rau è andato a Mosul con i suoi attori per rilevare e restituire la tragedia eschilea ambientata nel contesto della guerra contro la Isis, della situazione siriano-irachena e del trattamento riservato ai reduci jidaisti. Ha costruito il suo spettacolo nella caserma dei combattenti Peshmerga in Kurdistan e nella piazza centrale di Mosul (sede del comando Is e teatro delle esecuzioni coinvolgendo militari,cittadini e testimoni del luogo, presenti in palcoscenico sul grande schermo e interagenti con gli attori. Tra realtà e rappresentazione il teatro per Rau diviene un teatro-tribunale,urgente e attuale nell’evidenziare -urlare- la violenza,la compassione e il perdono. Bellissimo il clou dello spettacolo: condannare e uccidere i massacratori dell’ìisis o perdonarli e assolverli? E’ il momento del Exodos in cui interviene una della Eumenidi (insieme ai sottotitoli in italiano le indicazioni del testo della tragedia). Avvincente il prologo-manifesto dello stesso regista, anche nel ruolo di Agamennone, guerrafondaio e massacratore nella casa-reggia dei massacri, autore dello stupro di Cassandra acquistata come schiava. Agghiacciante l’assassinio di Ifigenia, soffocata lentamente con una straziante agonia; impressionante l’esecuzione dei soldati e gente comune. Il tutto messo in scena nella forma del teatro e il suo doppio (sarebbe piaciuto molto a Pirandello!) cioè il cinema: su un grande schermo nel fondo scorrono le immagini-sequenze del lavoro a Mosul, le prove o le azioni degli attori che, in determinate scene, si confondono e corrispondono agli stessi in palcoscenico, un coordinamento e affiatamento perfetto,di grande effetto emozionale. Accanto alla figura di Agamennone che,in senso critico e autocritico, viaggia nelle zone di guerra (dal Con go o dall’Iraq),torna a casa per portare una “narrazione”. Clitennestra,la moglie deve suo malgrado sopportare l’atteggiamento narcisistico e “maschilista” di lui, che pure sarà ucciso da Oreste e Pilade (nello spettacolo tendenzialmente omosessuali).La figura di Clitennestra è sfaccettata,dice il regista, il filo rosso che passa attraverso Oreste: “un figlio che uccide la madre per affermare la propria libertà e dignità,esattamente come Clitennestra uccide il marito, per ottenere il potere e riguadagnarsi la libertà e dignità”. Insomma, una serie di massacri così allora come oggi.E’ la cultura della violenza,quindi è “la cultura che va cambiata….Si tratta di rinnegare una cultura che spinge alla violenza”(Milo Rau). Tecnicamente l’interazione cinema-teatro è risultata egregiamente teatrale e originale (finzione=realtà, vedi il buon Pirandello!),niente a che vedere con le oramai abusate “videate” di cui non pochi registi,in questo caso solo: modernismi scontati o superflui. P.S. Lo spettacolo è stato in scena solo tre giorni (Argentina), fossi stato ancora a scuola,avrei fatto carte false (come ne facevo allora!) per “obbligare” i docenti(greci e non) a condurre gli alunni per dimostrare loro che così si leggono i classici,diversamente, meglio leggere i fumetti o continuare a imbragarsi con gli smartphon, annessi e sconnessi! Una grande lezione di teatro e di…Greco!) quella di Milo Rau. (gmaul)


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