Querelle D’Annunzio. Oggi un Teatro non è solo per il teatro, la cultura è anche altro

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Un Teatro non è solo per il teatro. Spesso si dimentica questo aspetto, nient’affatto marginale, nel dibattito che sta scaturendo nel capoluogo in questi giorni attorno alla querelle del D’Annunzio desolatamente sbarrato. Se Latina (così abbracciamo tutti, rappresentanti pubblici e privati, professionisti del settore e appassionati, nonché pubblico) vuole un Teatro non deve parlare solo di teatro, deve parlare come suggerito sì di politiche e azioni ma, aggiungo, a tutto tondo ampliando un’offerta culturale a ventaglio, avvicinando un pubblico anche nuovo, pronto a diventare nel breve periodo zoccolo duro.

Infatti, quando si parla di teatro si dimentica spesso che il Teatro, oggi (in realtà, direi, ieri), s’è evoluto, ha abbracciato percorsi che non sono soltanto proiettati nella tradizione della pièce, della danza e della musica. No. I Teatri sono luoghi che permettono a chi in un Teatro non ci entrerebbe mai di varcarne la soglia anche quando si organizzano presentazioni di libri, convegni, premiazioni di festival, mostre d’arte, rimodulando al contempo anche l’offerta in un’accoglienza che preveda corner di food and beverage di qualità, tant’è che il D’Annunzio non ha mai fornito nemmeno una bozza d’idea di ‘caffè letterario’ per favorire scambi d’opinioni e di contaminazione artistica, simbolo da sempre della crescita del fermento culturale di una città.

Contenitore e contenuti spesso sono madre e figlia, talvolta si scambiano anche i ruoli, qui a Latina talvolta hanno le fattezze rigide e a compartimento stagno, nel senso che non conoscono processi d’osmosi e collegamento. Certo, il Teatro è del teatro, almeno questa è l’opinione dell’immaginario collettivo, ma il dibattito che ne scaturirà non può non tener conto anche di altre forze e di esponenti culturali, considerata anche la mancanza cronica di spazi di una città che è cresciuta nel tempo in termini di popolazione, tant’è che l’abbandono di una struttura come l’ex Garage Ruspi è inammissibile, soprattutto per la sua posizione. In tal senso, va recuperata anche la centralità della cultura, in una città-capoluogo che pare tutta un’unica periferia. Forse per la prima volta potremmo anche non perdere tempo, forse per la prima volta pur avendo sguardi differenti e abbracciando arti diverse, si potrebbe compiere un cammino insieme, ma senza argomentare in dietrologie o assumersi arie da primo della classe. La Casa della Cultura (eh, un Teatro è questo) ha spazi, riservati agli spettacoli e agli incontri come alla formazione, ma dovrebbe possedere, al di là dell’auspicata agibilità, anche una certa democraticità ed elasticità di proposte e offerte culturali. Altrimenti, continuiamo così, tutti divisi o concentrati solo sul proprio percorso, con ognuno che crede di avere una patente o paternità della cultura solo perché non ha mai seguito percorsi e sforzi di altri; senza assumere il ruolo della Cassandra, questo è il modo migliore di lasciare che la città s’avviti sempre più in se stessa, negandosi il futuro, con intelligenze e sensibilità sempre più lontane, decise a recidere con un colpo netto il cordone ombelicale con le proprie radici, diventando a breve una città inevitabilmente solo per vecchi.


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