Raffaello: ritratti e autoritratti

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Il volto di un uomo è la sua autobiografia. Il volto di una donna è la sua opera di fantasia.                                                            Oscar Wilde

Nella sua multiforme attività artistica, Raffaello coltivò anche il filone della ritrattistica producendo autentiche opere d’arte molto ammirate per il loro vigore espressivo, per l’attenzione a ogni sfumatura fisionomica e psicologica. Nei suoi ritratti, accanto alla grandiosità di impostazione e di taglio e alla superba resa pittorica, s’impone un accentuato interesse per l’espressione che conferisce concretezza storica all’immagine.

Il ritratto, in generale e in  senso stretto, ha sempre designato la raffigurazione di persone copiate dal vivo o ricostruite a memoria o tramite documenti figurati. Il ritratto può essere pittorico, scultoreo o fotografico e, a seconda dei vari gradi di  verosimiglianza, realistico, idealizzato o simbolico; in ogni caso si riferisce a persona singola o a più soggetti, di cui l’artista trasmette i tratti fisiognomici per fini encomiastici, celebrativi, simbolici o soltanto commemorativi.

Fin dall’antichità e nelle diverse stagioni della storia dell’arte, molteplici sono le testimonianze dell’arte ritrattistica che hanno suscitato sempre ammirazione e fascino per la loro accurata eleganza e semplicità raffigurativa, per il loro realismo,  la loro carica simbolica e il valore documentario.                                                                                                                               Nel Cinquecento, in contrapposizione al ritratto-documento, concentrato sul volto, si affermò il ritratto a mezza figura più adatto a cogliere gli aspetti generali del personaggio. Questo schema fu utilizzato da Leonardo da Vinci nel ritratto di Ginevra de’ Benci (1474, National Gallery, Washington) e nella celeberrima Gioconda (1503, Louvre, Parigi), dove approfondisce le valenze psicologiche dei personaggi, e da Raffaello nel ritratto di Baldassare  Castiglione (1513, olio su tela, Louvre, Parigi), umanista, letterato e poeta che godette di vastissima fama presso i contemporanei.

In questo ritratto, richiesto dall’amico Baldassarre, Raffaello affina le sue qualità di acuta analisi psicologica che aveva già mostrato negli anni giovanili. Attraverso la posa eretta e lo sguardo intenso di Castiglione, dentro uno schema chiuso dal tono monocromo, l’urbinate esprime tutto il senso di sicurezza e la coscienza di sé del personaggio, mentre il tono sereno e naturalissimo della figura è un eccellente esempio di modestia che rappresentava la qualità maggiore del perfetto uomo di corte. La posizione delle braccia e delle mani congiunte sul grembo sono la manifestazione esteriore di questo atteggiamento.                                                                                                            Moltissimi sono i ritratti commissionati in diversi momenti a Raffaello da famiglie facoltose dell’epoca, da papi e da mecenati. Gran parte dei suoi ritratti sono innovativi nel taglio, come nella ricerca di un particolare rapporto illusionistico-spaziale, e negli effetti pittorici, come nella resa del carattere individuale e della situazione emotiva di personaggi.

Al periodo giovanile si riferisce il ritratto La gravida (1507, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze), dipinto realizzato durante il soggiorno a Firenze il cui committente è ignoto. La donna in attesa di un figlio emerge dal fondo scuro compatto della tavola, a differenza di altri  dipinti di questo periodo che hanno per sfondo un paesaggio. La dama è ritratta con grande naturalezza nella resa del volto, delle mani che accarezzano il ventre e della veste. Questo dipinto, per il cromatismo brillante (il giallo-arancio del corsetto, il rosso delle maniche, il nero brillante della veste), per la solidità e limpidezza della forma, può senz’altro ascriversi tra le più importanti opere giovanili di Raffaello.

Altri ritratti, commissionati al giovane pittore dal ricco mercante fiorentino Agnolo Doni  e da sua moglie, furono il Ritratto di Agnolo Doni e Maddalena Strozzi  (1505, Galleria Palatina, Firenze). Questo secondo ritratto ricalca l’impostazione della Gioconda di Leonardo, anche se, a differenza di questa, riempie l’intero primo piano del dipinto con la sua imponente presenza fisica. La pittura nettissima e i colori brillanti di Raffaello creano un’immagine nitida e lineare, il cui risultato espressivo è all’opposto di quello raggiunto da Leonardo. Anche il Ritratto di dama con liocorno (1506, Galleria Borghese, Roma), opera di grande complessità esecutiva, rimanda alla ritrattistica leonardesca nella posa di tre quarti, nell’atteggiamento, nell’intensità dello sguardo, nelle mani che trattengono l’animale come nella Dama con l’ermellino di Leonardo.

Altra opera da collegarsi al periodo fiorentino è il Ritratto femminile. La muta (1507-1508, Galleria Nazionale delle Marche), una gentil donna le cui fattezze sono, con estrema grazia e finezza psicologica, riprodotte nel dipinto.

Al periodo giovanile appartiene anche L’Autoritratto (1509, Galleria degli Uffizi, Firenze) che è del tutto simile al volto effigiato all’estrema destra nell’affresco della Scuola di Atene della Stanza della Segnatura in Vaticano.

Il dipinto La Velata (1512-1513, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze), rappresenta un lavoro-chiave nell’evoluzione della ritrattistica del maestro di Urbino. In questo ritratto spicca, infatti, l’armonia generale dei toni caldi e dorati, dal bianco avorio all’ocra. Nei contorni della figura, una bella donna, una romana del popolo, emerge l’omogeneità del colore che fa risaltare la trama del tessuto e l’immediato effetto che provoca variazioni della luce e conferisce alla pittura una consistenza soffice e leggera nella bellissima manica di seta. Questo capolavoro virtuosistico di Raffaello maturo è realizzato dopo la decorazione a fresco delle Stanze in Vaticano.

L’aulica e ufficiale ritrattistica di Raffaello ha la sua espressione più alta nei ritratti di Giulio II (National Gallery, Londra) e di Leone X tra due cardinali  (Galleria degli Uffizi, Firenze). Nel primo ritratto (1513) il papa appare vecchio e stanco, leggermente ingobbito e con gli occhi tristi, eppure la sua energia traspare dal gesto della mano che stringe il bracciolo e dalle labbra serrate. Un ritratto molto acuto che sa rendere le sfaccettature di una personalità tanto complessa.

Il secondo ritratto Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, eseguito intorno al 1518, è stato recentemente restaurato all’Opificio delle Pietre mettendo in risalto le diverse tonalità del rosso e la straordinaria luminosità dell’opera.

Il pontefice, al secolo Giovanni de’ Medici, sembra colto in un momento di studio; una mano tiene una lente di ingrandimento per osservare meglio un libro di preghiere miniato e la figura è molto accurata nella resa dei tessuti e degli altri materiali. Nel dipinto si possono osservare giochi di luce sulla seta della mantellina e il riflesso della finestra sul pomolo della sedia. Raffaello mostra anche una grande precisione fisiognomica con i tratti bonari del  pontefice leggermente corrucciati.

Il dipinto fu esaltato da Giorgio Vasari per le figure «non finte, ma di rilievo tonde, per la veste  damascata, che suona e lustra, per le pelli della fodera morbide e vive, per il pomo che riflette i lumi delle finestre, le spalle del papa, e il rigirare delle stanze».

Altro celebre ritratto di Raffaello è La fornarina (1518-1519 olio su tavola, Galleria Nazionale d’Arte antica, palazzo Barberini, Roma). La mitica donna dallo sguardo mite e confidenziale, amata dall’artista, è probabilmente una cortigiana romana. Il dipinto, dove sul bracciale della donna, ritratta seduta e seminuda, è firmato, tutto in maiuscolo,  Raphael Urbinas, fu conservato dal pittore nel suo studio fino alla morte. Secondo Antonio Forcellino « La Fornarina è una Venere in marmo che prende vita».

Nella fase finale del suo percorso artistico, Raffaello  realizzò un altro celebre dipinto L’Autoritratto con un amico (1519, Museo Louvre, Parigi). I protagonisti del dipinto sono ritratti con un taglio ravvicinato nella loro serafica gestualità. L’uomo in primo piano, voltandosi, richiama l’attenzione dell’amico verso un indecifrabile osservatore. Il legame sincero e affettuoso, che lega i due amici, è riscontrabile nella mano che l’uomo di sinistra (l’autoritratto di Raffaello) pone sulla spalla dell’amico.

Tutti i ritratti e autoritratti di Raffaello, oltre a rivelare una mirabile armonia tra realtà del soggetto e la forma ideale, dimostrano come l’artista più geniale del Rinascimento italiano abbia raggiunto, anche nel settore della ritrattistica, l’equilibrio di una serena perfezione, di uno stile naturale e di un’incantevole bellezza.

 


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