Tra stadio deserto e divanismo spunta Iadarestagol, il Latina sfata il tabù Francioni

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di Gian Luca Campagna – Non è stato facile vincere la ritrosia della domenica. Noi che eravamo abituati al rito del sabato pagano. E per di più lo stadio è deserto, non perchè stavolta insiste la contestazione a Maietta o a Mancini. No. Stavolta c’è lo strale della giustizia sportiva che ti tiene sott’occhio, punisce la minima intemperanza che fai, amichevole o Coppa Italia che sia. Ancora: fosse stata aperta al pubblico, la partita avrebbe avuto poco seguito, qualche chilometro più in là il mare è incazzato, il cielo ti piscia addosso e le strade sono allagate. Così scatta il divanismo accanto al focolare, con la tv accesa a vedere il calcio dei grandi, comodi comodi mentre la serie D è materia che non appartiene ai cultori del calcio puro. Così prima di campionato al Francioni a porte chiuse e tutti zitti. Beh, tutti zitti no, perché l‘ugola della passione arriva fino in Paradiso, con tutti i tifosi radunati nel parcheggio del settore ospiti, figurarsi se non arriva sul campo. Ecco, il campo: sull’erba garriscono solo i garretti del Budoni, altro che quelli dei nerazzurri. Confesso che passare da Verona o Vicenza, Terni e Spezia al Budoni, un po’ d’effetto lo fa anche al più insensibile dei tifosi. Certo Budoni è bella, ha complesso nuragico, s’affaccia sul mare (che valorizza): insomma, è una bomboniera di 5mila anime in provincia di Sassari. E basta questo per spaventare i nerazzurri, con nel cuore e nella testa ancora la caporetto di Rieti. Pronti e via, il Budoni sembra il Real Madrid, chiude nella propria trequarti i padroni di casa (senza pubblico), spaventa il nostro portiere e batte calci d’angolo a ripetizione come se respirasse. Bortolameotti sale sugli altari non si sa quante volte, verrebbe voglia di santificarlo, i galluresi gli spuntano da tutte le parti, lui miracolizza a destra e a manca mentre manda giù il calendario per i pericoli che corre il suo antro. Il Latina non c’è e verrebbe voglia di piangere. Ma siamo uomini mica caporali. Negli spogliatoi mister Chiappini imita il suo superportiere e catechizza a dovere il resto della squadra. Poi quando si fa a gara a lanciare lo sbadiglio più lontano, ecco che accade la magia del calcio: Caputo sradica il pallone dai muscoli avversari, incanala per Rabbeni, che scodella una palla incornata da Iadaresta. Non ci credi, ma i nerazzurri passano in vantaggio. E dopo tanta sofferenza hai anche l’ardire di esultare. Echissenefrega se è una rete da serie D. Si esulta e basta. E si esaltano anche i giocatori: arrivano altre 2 reti, in totale 3 in 11’, roba da torneo aziendale. Infatti Rabbieni sigla una rete alla Mai dire gol, poi ancora Iadaresta a ribadire che ha il gol nelle vene. E finisce tra la gioia. In casa non si vinceva da gennaio, 2-0 al Verona. Sbrighiamoci a tornare ad altri livelli, vi prego.


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