C’è da chiedersi, a pochi giorni dalle elezioni europee, il perché di questa crisi di fiducia che investe l’Unione e le sue istituzioni edificate da giganti della politica mondiale: Alcide De Gasperi, Schuman ed Adenauer, per citarne alcuni.

Certamente un ruolo decisivo l’ha avuto l’approssimazione delle nostre classi dirigenti che, una volta in campagna elettorale, s’abbandonavano in poesie che stordivano di eccitazione l’orecchio dell’elettore medio salvo scoprire, una volta giunti a Bruxelles, la dura prosa dei mercati, della finanza, delle istituzioni sovranazionali.

L’euro, tappa importante del processo di costruzione europea, è stato sin da subito stretto da un doppio vincolo: i ministri economici di ogni Stato membro da una parte e dall’altra la Bce il Fondo Monetario e così via.

Per un mondo globalizzato abbiamo creato strumenti inefficaci e localistici. Basti pensare che al termine di trent’anni di conflitti che sconvolsero il mondo si tentò di dar vita ad un ordine di coesistenza pacifica planetaria attraverso la nascita dell’Onu.

L’articolo 2 comma 4 del suo Statuto vietava qualsiasi attacco “all’indipendenza politica e all’integrità territoriale”. Roba che potrebbe essere tranquillamente sottoscritta da Matteo Salvini o da Giorgia Meloni.

I politici che verranno a chiederci il voto dovranno prometterci di realizzare una vera integrazione politica dell’Unione Europea, la quale potrà raggiungersi soltanto attraverso una missione collettiva per tutti gli Stati membri.

Immanuel Kant la definiva una “unificazione generale dell’umanità”. Ci permettiamo di tradurre con pace universale, pace generale. Cioè l’opposto di quel che propongono i sovranisti, quelli del filo spinato, delle ruspe, dei confini chiusi. Tutto questo non può ridursi in una difesa dello status quo, di un assolutorio va tutto bene, madama la marchesa. No, l’Europa politica non significa avere una Germania sempre più grande, potente ed influente.

La pace, dunque. Il lascito più grande di tutti questi anni di Europa, la cifra della cultura europea ed il più grande e straordinario contributo che siamo chiamati a rinnovare con maggior vigore.

Ci ha insegnato, l’Europa, l’arte di convivere in uno spazio territoriale e valoriale in cui l’Altro non è un nemico, ma un vicino di casa.

L’integrazione politica, dunque, non può che realizzarsi lungo il sentiero della cultura, dei valori, della Storia comune. In Europa si contano una ventina di lingue diverse. Sarebbe davvero significativo se una parte del bilancio comunitario venisse impiegato per tradurre la grande letteratura, la poesia, l’arte e la musica di ogni Paese dell’Ue così da far circolare una cultura comune, quindi una identità che sia globalmente europea.

Ci ridurremo a parlare di migranti, invece. In un continente vecchio come il nostro, destinato nell’arco di cinquant’anni a vedere la sua popolazione ridursi a 240 milioni di abitanti, il problema sono i migranti non già la costruzione di una identità politica e culturale.

Consiglierei a Salvini e soci di leggersi Tito Livio e la sua Ab Urbe Condita. Scoprirebbero che i Romani avevano capito tutto e che, per salvarci, dovremmo ripartire di lì.


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Sono laureato in Scienza della Politica con tesi dal titolo: ”L’eccezionale: Storia istituzionale della V Repubblica francese”. Socialista liberale libertario e radicale. Mi sono sempre occupato di politica e comunicazione politica collaborando a campagne elettorali e referendarie. Ho sempre avuto una passione per il giornalismo d’opinione e in News-24 ho trovato un approdo naturale dove poter esprimere liberamente le mie idee anche se non coincidono sempre con la linea editoriale della testata. Ma questo è il sale della democrazia e il bello della libertà d’opinione.