Carmine Di Sante- Pe una teologia della Gentilezza

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Per una Teologia della gentilezza (a cura di Alessandro Paris)

I ricercatori hanno bisogno di un maestro, in assenza del quale  non potrebbero pervenire al alcuna scoperta.(Platone)

          Meritevole ed encomiabile lo sforzo del professore di filosofia Alessandro Paris che ha curato con saggezza e sagacia il libro Carmine Di Sante. Per una teologia della gentilezza (Pazzini editore) perché ha saputo con acume, nelle oltre cento pagine del testo, raccogliere con precisione testimonianze, interviste, corrispondenze utili a presentare una grande figura di teologo, biblista e saggista come Carmine Di Sante.

          Nell’Introduzione il curatore sottolinea l’importanza del sottotitolo Teologia della gentilezza affermando che «Carmine Di Sante incarna lo spessore semantico di tale lemma (la gentilezza), e lo impersona in un io gentile, soprattutto come io ospitale […] Dalle testimonianze che si potranno leggere nel presente volume – scrive il curatore – emergeranno nitidamente i caratteri caleidoscopici di questa cifra semantica. La gentilezza è delineata come dimensione perspicua di una teologia che fa dell’ospitalità e dell’accettazione benedicente del dono della benevolenza divina, per sé e per i fratelli e le sorelle, il proprio stile caratteristico, che si incarna anche in una personalità che ne testimonia tutto lo spessore e la consistenza. Per queste ragioni egli comprova in concreto che se la teologia è ancora possibile, essa non può che essere gentile». 

           La gentilezza, che può cambiare la vita delle persone, perché essere gentili vuol dire rispondere con sensibilità e calore umano alle speranze degli altri, è una dimensione che presuppone la capacità di ascoltare, dialogare e ospitare l’altro.  È condivisibile ciò che ha scritto lo scrittore ed ex magistrato pugliese, Gianrico Carofiglio, che ha affermato che la gentilezza può essere «un metodo per affrontare e risolvere i conflitti e strumento chiave per produrre senso nelle relazioni umane».

          Il libro coinvolgente nel suo dispiegarsi narrativo, che catalizza nel lettore la curiosità e lo spinge all’approfondimento della figura e delle opere di Carmine Di Sante, si legge come un racconto ed è costituito da tre parti. La prima parte, formata da una lunga intervista, ricostruisce gli snodi fondamentali dell’esperienza umana e culturale, spirituale e teologica del biblista Carmine Di Sante; la seconda raccoglie i contributi teologico-filosofici scritti per l’occasione (gli ottanta anni di Carmine) e le interessanti testimonianze di amici che hanno avuto il privilegio di incontrare, conoscere da vicino la straordinaria personalità di un “maestro” di vita, capace di ampliare gli orizzonti dei suoi «compagni di strada» nella ricerca di un sapere e di un sentire spirituale e teologico rilevante e di spessore; la terza parte del testo comprende due singolari scambi epistolari con il filosofo Giovanni Ferretti e il teologo Piero Stefani.

Dalle pagine biografiche, ricavate dall’intervista, si evince con estrema chiarezza l’importanza decisiva che hanno avuto gli anni della sua formazione presso i francescani, in particolare durante il periodo del Concilio Vaticano II, ricco di incontri e di convincimenti per le innovazioni riguardanti la Chiesa, la Parola di Dio e il rapporto con il mondo, con gli altri, con gli ultimi, con le persone sofferenti. Dalla testimonianza diretta delle parole di Carmine, si ricava che il fulcro del suo pensiero teologico è basato sull’idea che «il Dio biblico è un Dio che ama l’uomo di amore di alterità e lo chiama, nel mondo, ad amare il prossimo con lo stesso amore di alterità».

Autodefinitosi teologo ebreo-cristiano, studioso ed esperto del mondo ebraico, Carmine Di Sante ha avuto come “faro” e punto di riferimento spirituale e di pensiero, oltre gli studi e i testi di Emmanuel Lévinas, Franz Rosenzweig, Abraham Joshua Heschel, Martini Buber e Paul Ricoeur, soprattutto la teologia del suo mentore Armido Rizzi, contrassegnata dalla necessità di un cambiamento di paradigma culturale e teologico basato su un radicale processo di de-ellenizzazione della Bibbia per cogliere, in piena libertà, l’essenza del messaggio biblico. Grazie al suo maestro Armido Rizzi, Carmine Di Sante, nel suo percorso euristico della teologia ebraico-cristiana, ha superato l’impianto razionale platonico-agostiniano e aristotelico-tomistico, ritenuto necessario alla fede biblica.

Dall’intervista, rilasciata alla rivista “SeFer”, successivamente ampliata, emerge che elementi biografici molto importanti sono stati l’abbandono dello status sacerdotale e religioso e il ritorno allo stato laicale, ritenuti da alcuni come un tradimento imperdonabile che ha portato Carmine ad affrontare pregiudizi e incomprensioni superati grazie al suo rigoroso impegno nello studio biblico, alla sua profonda spiritualità francescana e alla sua saggezza ed equilibrio.

Parole chiave della sua feconda indagine teologica e del suo alfabeto culturale e spirituale sono alterità, ospitalità, gratuità, benevolenza, relazione, “stranieritudine”,solidarietà, giustizia e fraternità universale, continuamente presenti nei numerosi scritti che hanno arricchito i suoi interlocutori ed estimatori che, con attenzione e interesse, hanno seguito la sua ricerca di una teologia ebraico-cristiana e il suo cammino spirituale.

Le numerose testimonianze di amici dimostrano quanto sia stata importante e feconda la sua attività di biblista, ebraista e di teologo da essere considerato, oltre che acuto conoscitore e raffinato interprete del messaggio biblico, una guida sapiente a cui affidarsi, un maestro di vita generoso, un compagno di strada affidabile nel percorso di indagine e di approfondimento sul complesso mondo della spiritualità.

 

 

 

 

 

 

 


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