LAZIO – “Gentile Presidente, come Lei sa bene, il settore che la nostra Organizzazione rappresenta ha vissuto in questi mesi difficoltà inaudite, con i noti effetti -sui fatturati, sulla mortalità delle imprese e sull’occupazione- innescati dalla crisi economica e amplificati dall’insicurezza perdurante nelle modalità operative dei Pubblici Esercizi e dalla profonda trasformazione dei consumi fuori casa, la cui dinamica si dispiegherà pienamente soltanto nei prossimi anni”. Inizia così la lettera del Dott. Giovanni Acampora:”Fin da subito, la nostra categoria ha pertanto guardato con accorata speranza alla campagna di vaccinazione, sostenendo il Green Pass come valido, se non unico, passaggio d’uscita dall’emergenza e strumento di definitiva emancipazione dalle possibilità di ulteriori chiusure.
Con senso di responsabilità e doverosa collaborazione, il mondo dei Pubblici Esercizi ha quindi in queste settimane accompagnato l’applicazione e l’implementazione del certificato verde, auspicandone anzi un’estensione ulteriormente generalizzata e trasversale ai diversi luoghi di lavoro e alla rete dei servizi pubblici e privati, tranne quelli di primissima necessità.
In questa prospettiva, sarebbe auspicabile anche un cambiamento nelle regole per agganciare i colori che contraddistinguono le fasce di rischio delle Regioni proprio all’uso progressivo del “Green Pass”, nella speranza di incoraggiare la campagna di vaccinazione e allo stesso tempo di superare definitivamente la faticosissima stagione delle limitazioni, in particolare proprio delle attività di Pubblico Esercizio.
In altri termini, con questo meccanismo, al crescere della gravità della situazione sanitaria individuata nei diversi colori -giallo, arancione e rosso-, viene ampliato in proporzione il numero delle attività e dei servizi per il cui accesso deve essere prevista la disponibilità della certificazione verde, incidendo così non sostanzialmente sull’operatività delle imprese, ma intervenendo piuttosto sulle persone che ne sono sprovviste.

Si tratta infatti di una questione di equità: dopo molti mesi di sacrifici (di cui il nostro settore è stato dolorosamente protagonista), sarebbe infatti difficilmente comprensibile ricadere nelle maglie di nuove chiusure e restrizioni per causa di chi dopo nove mesi di campagna vaccinale sceglie ancora oggi liberamente di non vaccinarsi, aumentando con questa scelta individuale il rischio collettivo di assumere nuovi costosissimi provvedimenti, in termini sanitari, economici e sociali.
Pur essendo materia di competenza del Governo centrale, già sensibilizzato peraltro con analoga comunicazione, le Regioni hanno un ruolo importante e non solo per le competenze in tema di Sanità pubblica; per questo motivo ci permettiamo richiedere anche il Suo fondamentale sostegno per modificare le regole che accompagnano i colori che individuano le fasce di rischio delle Regioni, affidandoLe le aspettative di un settore, che con oltre 300mila imprese in Italia, 1 milione di occupati e un impatto strategico sull’identità e l’attrattività del Paese, non merita davvero di incorrere in nuovi sacrifici, soprattutto se solitari e paradossalmente evitabili.


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