Corte di Strasburgo: lecito usare Gesù e Maria nelle pubblicità

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«Non si può vietare l’uso delle immagini di Gesù e di Maria nelle pubblicità», queste le parole di una  sentenza della Corte europea  che ha suscitato non poche polemiche e che ha   da un lato legittimato  l’utilizzo dei  simboli religiosi nelle campagne pubblicitarie  e dall’altro condannato   la Lituania per aver multato un’azienda che si era servita delle figure sacre per tali scopi.

I fatti risalgono al 2012, quando  vennero pubblicate alcune fotografie che ritraevano un giovane uomo con i capelli lunghi, un’aureola intorno alla testa, tatuato, che indossava un paio di jeans. Sotto l’immagine lo slogan «Gesù, che pantaloni!».

Ritenuta offensiva per le morale pubblica , le autorità lituane scesero in campo e multarono la  società .

Quest’ultima,  dopo aver percorso senza successo tutti i gradi di giudizio nazionali , si era  rivolta alla Corte europea dei diritti umani  e che oggi   le ha dato ragione. La  Corte, infatti,  ha ritenuto all’unanimità che anche alla pubblicità si debba applicare il principio della libertà di espressione e ha condannato la Lituania a rimborsare alla ditta la multa da questa pagata .

Nella sentenza , che diverrà definitiva tra 3 mesi se le parti non faranno appello,  i giudici affermano che le autorità nazionali hanno un ampio margine di manovra su questioni simili in particolare in casi che riguardano un uso commerciale dei simboli religiosi. Tuttavia nella sentenza si evidenzia che le pubblicità in questione “non sembrano essere gratuitamente offensive o profane” e “non incitano all’odio”, e che quindi le autorità sono tenute a fornire ragioni rilevanti e sufficienti sul perché nonostante questo sarebbero contrarie alla morale pubblica. Invece in questo caso le ragioni date dalle autorità “sono vaghe e non spiegano con sufficiente esattezza perché il riferimento nelle pubblicità a simboli religiosi era offensivo”.


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